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Quarantaquattro anni fa la strage di via Fani
di Paolo Trapani
Il 16 marzo 1978: 44 anni fa cambiava irrimediabilmente la storia d’Italia. Quel giorno, con la strage di via Mario Fani (2 carabinieri e 3 agenti di polizia uccisi) e il rapimento del Presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, l’Italia si ritrovò a vivere il momento più buio e drammatico del terrorismo.
La strage di via Fani
Alle 9,00 circa di quel 16 marzo 1978 un commando delle Brigate Rosse tese un agguato al Presidente Moro e alla sua scorta. I 5 uomini al fianco del leader politico vennero tutti uccisi in pochi minuti (Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Giulio Rivera, Francesco Zizzi, Raffaele Iozzino). Contestualmente all’agguato Moro fu portato via dai brigatisti.
La figura politica di Moro
Aldo Moro, in quella fase storica, era l’uomo politico più importante della nostra Repubblica e la sua morte che giunse poi il 9 maggio 1978, dopo 55 giorni di sequestro, segnò inevitabilmente il destino del Paese.
Oggi è di grande attualità il dibattito sulla necessità di avere maggiore autonomia energetica in Italia, visto quanto sta avvenendo nel mondo con il conflitto in Ucraina, e proprio Aldo Moro, come aveva già tentato di fare negli anni ’60 Enrico Mattei (Presidente Eni, morto in un misterioso incidente aereo nel 1963), cercò per tutta la sua esperienza politica di fare in modo che il nostro Paese avesse maggiore autonomia politica sulla gestione e l’approvvigionamento delle fonti di energia.
Moro e la logica di Jalta
Lo stesso conflitto in Ucraina, inoltre, sta riproponendo l’attualità di Jalta, il centro nevralgico della Crimea (regione contesa tra russi e ucraini) dove, dopo la seconda guerra mondiale, le superpotenze vincitrici si divisero i territori conquistati, inserendoli nel nuovo scacchiere geopolitico, in rispettive e alternative aree di influenza.
Aldo Moro negli anni ’70 portò avanti una politica volta a far dialogare i due partiti più importanti e più rappresentativi del Paese: la DC e il PCI. Quest’ultimo generava non pochi timori nelle cancellerie politiche dell’Occidente.
L’Italia, infatti, appartenente all’alleanza politico-militare della Nato, si ritrovava ad avere il partito comunista più forte tra quelli operanti nelle nazioni del patto atlantico. La vicinanza tra il PCI e l’Urss non era quindi ben vista né accettata (perché i sovietici erano nemici giurati dell’Occidente). E naturalmente nemmeno a Mosca piaceva il dialogo del PCI con il principale partito italiano alleato degli Usa (cioè la DC).
Il caso Moro: un enorme intrigo politico-internazionale
Su chi e su quanti hanno voluto il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro aleggia ancora oggi più di un mistero, il suo caso è probabilmente (con l’omicidio Kennedy) uno degli intrighi politici ed internazionali più significativi del secolo scorso. Ma da un punto di vista storico e politico si può asserire che Moro pagò con la vita la logica della contrapposizione stabilita a Jalta (1945). Per l’Italia, rientrante nella sfera di influenza anglo-americana, non si poteva accettare di far entrare al governo un partito, il PCI, principale alleato dei nostri nemici.
Al tempo stesso, per Mosca, un partito comunista non poteva arrivare al governo di un Paese con il consenso e la mediazione politica. Tutto questo avrebbe smentito clamorosamente il dogma della rivoluzione russa che, dopo la seconda guerra mondiale, aveva marciato in modo inarrestabile, con la forza dei carri armati sovietici, in tutto l’Est europeo (Cecoslovacchia, Ungheria, ecc.).
Jalta più che mai attuale
Proprio in queste settimane Jalta e la logica del dualismo Usa/Russia sono tornate attualissime: il conflitto in Ucraina, con l’assalto russo iniziato lo scorso 24 febbraio, sta riproponendo con forza uno scontro tra due blocchi: da un lato gli ucraini con l’occidente (l’UE e la Nato), dall’altro la Russia e la sua egemonica reminiscenza imperialista.
Naturalmente oggi ci sono altri attori sullo scacchiere mondiale, Cina in primis, ma a distanza di 77 anni dalla Conferenza di Jalta (summit tra Roosevelt, Churchill e Stalin) il mondo è ancora appeso e sospeso allo scontro tra anglo-americani e russi. E tutti sperano di non rivivere la “guerra fredda” (1946/1989), ma soprattutto di non ritrovarsi nella terza guerra mondiale.
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