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Tifoso ascolano pestato a morte da supporters interisti
Domenica 9 ottobre 1988 allo Stadio “Cino e Lillo Del Duca” di Ascoli Piceno è in programma la gara Ascoli-Inter. I padroni di casa sono con grande merito da tempo in Serie A, il loro campo è tra i più difficili da violare. Per molte squadre la trasferta in terra marchigiana è alquanto ostica.
Il Presidente del club bianconero, Costantino Rozzi, è noto ai tifosi di calcio per la passione ed il folklore con il quale segue passo passo il destino sportivo della sua squadra. Famigerati, ad esempio, sono un paio di calzini rossi portafortuna che indossa sempre quando segue i match dell’Ascoli e spesso ama farlo direttamente da bordo campo.
Interisti a migliaia in terra marchigiana
Contro i locali, in quella domenica di autunno dell’88, è di scena l’Inter, tra le squadre più forti nella Seria A. Come si conviene, al seguito della squadra meneghina, ci sono migliaia di suoi supporter. La curva ospiti del “Del Luca” è piena di sostenitori nerazzurri. Ma in mezzo a migliaia di tranquilli tifosi non mancano purtroppo alcune frange estreme che fanno subito sentire la propria ingombrante presenza. Lanciano petardi e fumogeni sul campo, in particolare sulla pista di atletica che separa gli spalti dal manto erboso. Una delle torce appena accesa e lanciata finisce sul materasso utilizzato nell’atletica leggera per la disciplina del salto in alto: pochi secondi ed una densa colonna di fumo nero sale dallo stadio ascolano. È l’oscuro presagio di quanto accadrà, di drammatico, dopo il fischio finale della partita.
Dopo partita tragico: domenica di sangue
Gli interisti hanno lasciato i propri bus in via delle Zeppelle. Pochi, però, sanno che altri due bus di sostenitori nerazzurri sono da tutt’altra parte, vicino alla stazione ferroviaria. Per raggiungerli la seconda e ridotta rappresentanza di tifosi dell’Inter compie un altro percorso rispetto alla gran parte degli spettatori che escono dal settore ospiti.
Proprio questo secondo gruppo, meno nutrito di tifosi del club milanese, giunge ai pullman attraversando la tribuna centrale del “Del Duca” ed avvinandosi, pericolosamente, alla curva sud, feudo del tifo dei padroni di casa. Il contatto tra le due tifoserie è inevitabile. Ne scaturisce una fitta sassaiola ed alcune cariche. Nel pieno del trambusto si trova anche Nazzareno Filippini, 32 anni, grande tifoso dell’Ascoli. In città è molto conosciuto, anche per il suo passato sportivo, e per tutti gli amici e conoscenti è semplicemente “Reno”.
Dinamica mai completamente ricostruita
La dinamica dei fatti non verrà completamente ricostruita, ma sta di fatto che Filippini cade a terra, subendo probabilmente un violento pestaggio. In particolare i colpi più duri li prende al capo dove forse viene anche colpito con un grosso oggetto (una pietra o qualcosa di simile). Tutto questo determina danni irreparabili al cervello ed alla scatola cranica.
Il giovane tifose bianconero finisce in coma, prima all’ospedale di Ascoli poi ad Ancona. Le condizioni appaiono subito disperate, Filippini nonostante le cure dei medici muore il 17 ottobre, circa dieci giorni dopo il maledetto pomeriggio di Ascoli-Inter.
Indagine e processi, ma alla fine un nulla di fatto
Esauriti gli scontri e fatta la conta dei contusi, con il tifoso ascolano ancora gravemente ferito in ospedale, la polizia fa partire le indagini che con la successiva morte di Filippini registrano una accelerata. Le ricerche però risultano tutt’altro che semplici. Il trambusto dello stadio, i numerosi soggetti coinvolti, il caos tipico di un impianto importante come il “Del Duca” che si svuota di migliaia di spettatori, non aiutano investigatori e inquirenti.
Vengono comunque individuati cinque supporters nerazzurri appartenenti alla formazione ultras dei “Viking”. Fondata nel 1984 sulle gradinate di San Siro, è tra le sigle più conosciute nella galassia del tifo interista più acceso.
Nel processo celebrato ad Ascoli i giudici però rimettono in libertà i cinque indiziati: due di loro perché risultati lontani dal luogo dell’aggressione a Filippini, gli altri tre perché, sebbene diretti partecipanti alla rissa, su di loro non si trovano tracce e prove incontrovertibili del coinvolgimento con l’omicidio.
La mano o le mani assassine di “Reno” non vengono più individuate. L’omicidio di Ascoli rimane senza volto: la morte di Filippini si inserisce nel già lungo elenco di vittime da stadio e da tifo violento che negli anni ’80 sconvolgono l’Italia, facendo perdere definitivamente l’innocenza al movimento calcistico.
In quegli anni quasi tutti i grandi campioni giocano nel nostro Paese. La serie A vede protagonisti fuoriclasse stranieri come: Maradona, Careca, Falcao, Cerezo, Zico, Platini, Laudrup, Junior, Gullit, Van Basten, Rumenigge, Matthaus, Breme, Briegel e tanti altri. A giusta ragione il torneo italiano viene definito il più bello ed importante del mondo. Purtroppo i morti e i tanti incidenti di quegli anni vedevano il sangue delle vittime innocenti accompagnare, con la sua scia, le gesta e i prodigi dei grandi sportivi.
Il ricordo della madre
Nel 2008, in occasione del ventennale di quei tragici fatti, la madre di Nazzareno rilasciò al quotidiano ‘Resto del Carlino’ questa toccante intervista: “Porterò un mazzo di fiori freschi sul ponte dov’è stato ucciso Reno. Di solito ci tengo bei fiori finti, ma oggi è un anniversario. Nella notte tra il sabato e la domenica della tragedia Elisabetta (la fidanzata di Reno, ndr) sognò che le fedi si spezzavano. Svegliò mio figlio agitata per raccontargli la visione e lui ne rimase scosso. Dopo la morte di Reno ha distrutto il suo abito da sposa. Lo ha tagliato a brandelli”.
Approfondimenti: https://youtu.be/YVFByR5aClQ?si=GqCVrHWgtILM3dR4
Fonti articolo: quotidiani anni 80, www.saladellamemoriaheysel.it