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10 Dicembre 2024Iran: la nuova legge dell’hijab e della castità punisce le donne in quanto donne.
Il regime teocratico della Repubblica islamica sta diventando sempre più violento. La repressione esercitata dal regime contro oppositori politici, dissidenti, manifestanti del movimento “Donna Vita Libertà”, si è in questo periodo intensificata con un aumento delle condanne a morte che riguardano principalmente prigionieri politici. Tra i “nemici” del regime compaiono però anche le donne.
Il 30 Novembre infatti è stato pubblicato il testo completo di una nuova legge che aumenta le pene per le donne che rifiutano di indossare l’hijab obbligatorio in pubblico; legge che da una parte impone un indottrinamento ancora più severo e sistematico rispetto a quello già esistente (tanto che l’avvocata e attivista per i diritti umani Nasrin Sotoudeh ha definito questi provvedimenti medioevali), e dall’altra un auto annullamento dell’essere donna che, per certi aspetti, viene punita semplicemente per il fatto di essere donna, di esistere in quanto tale con le sue caratteristiche fisiche (si pensi ai capelli ad esempio).
Questo disegno di legge è conosciuto come “Legge a sostegno della famiglia attraverso la promozione della cultura dell’hijab e della castità” (abbreviato حجاب و عفاف) ed è diventato legge dopo un lungo tira e molla tra il Majles e il Consiglio dei Guardiani. Il parlamento iraniano infatti aveva originariamente approvato la legge nel Settembre 2023, ma da allora il testo ha subito diverse revisioni a seguito delle richieste del Consiglio dei Guardiani del regime che esamina tutti gli statuti per garantirne la coerenza con l’ideologia islamista di Teheran. Il Consiglio ha dato dunque l’approvazione finale al disegno di legge nell’Ottobre 2024. Secondo il presidente dell’Assemblea consultiva islamica, questa legge sarà annunciata a metà Dicembre.
Dentro la legge: che cosa prevede e analisi dei contenuti
La Legge a sostegno della famiglia attraverso la promozione della cultura dell’hijab e della castità è formulata in 70 articoli e in cinque capitoli. Il primo capitolo di questa legge si occupa delle “Generalità”, il secondo dei “Doveri generali degli organi esecutivi”, il terzo dei “Doveri specifici degli organi esecutivi”, il quarto dei “Doveri pubblici e responsabilità sociali” e il quinto capitolo dei “Reati e violazioni”.
Primo Capitolo. “Generalità”.
Oltre alle istituzioni governative esecutive responsabili, il fulcro portante di questa legge è la famiglia, intesa come centro principale della crescita umana, dell’eccellenza e della tranquillità. Non a caso la prima parte intitolata “Generalità”, è dedicata interamente alla famiglia e a ricordare come: la nudità, l’indecenza, l’abbigliamento improprio e il non uso corretto dello hijab in contesti pubblici (quindi in presenza di non mahram – membro della famiglia) e virtuali, siano condotte deprecabili e condannabili, in quanto considerati atti contro il pudore pubblico che portano a turbare la quiete degli uomini e delle donne.
In questa parte che definirei “dedicata alla Famiglia” inoltre si fa riferimento anche ai matrimoni tardivi e alla diffusione dei divorzi come danni sociali e che contribuiscono alla svalutazione del valore della famiglia.
Tale riferimento alla famiglia non sorprende. A tal proposito è sufficiente ricordare come durante i processi e la detenzione i prigionieri politici siano spesso tacciati di “disonorare la loro famiglia”, e provando a fare leva su questo senso di colpa e vergogna si prova a indurre gli imputati a fare false confessioni.
Secondo Capitolo. “Doveri generali degli organi esecutivi”.
Parte, questa, che non appare molto lunga. In sintesi si dispone agli organi esecutivi di sviluppare programmi per l’Organizzazione della Propaganda Islamica.
Da segnalare è comunque l’art.6: “Il Gruppo di Lavoro per l’Organizzazione della Moda e dell’Abbigliamento è tenuto a preparare linee guida annuali per la progettazione della produzione e della fornitura di abbigliamento oltre che stabilire i criteri e le condizioni per l’importazione di abbigliamento in conformità con lo stile di vita islamico orientato alla famiglia e alla cultura della castità e dello l’hijab per gli organi esecutivi competenti e tutti i mestieri e le industrie correlati”.
E l’art.8: “Il Ministero degli Affari Esteri è tenuto a preparare accordi in collaborazione con l’Organizzazione per la Cultura e le Comunicazioni Islamiche per la creazione e il rafforzamento di movimenti globali per preservare e difendere la famiglia contro il flusso di deviazioni sessuali.” In pratica lo scopo è incentivare la moralità tra i paesi del mondo, in altre parole il regime teocratico usa questa legge come mezzo per attuare e consolidare le sue strategie di soft power nei paesi Medio Orientali.
Terzo Capitolo. “Doveri specifici degli organi esecutivi”.
In questo capitolo sono descritti i compiti e le funzioni che le varie istituzioni governative (tra cui Ministero della Cultura e dell’Orientamento Islamico, l’Organizzazione di Propaganda Islamica, il Ministero dell’Istruzione, il Ministero della Scienza, della Ricerca e della Tecnologia, il Ministero della Salute…) devono eseguire affinché la legge venga applicata. Ad esempio l’art.10 precisa che l’Organizzazione Radiotelevisiva della Repubblica Islamica dell’Iran è obbligata a “Preparare e trasmettere programmi televisivi per promuovere i simboli e i modelli dello stile di vita islamico orientato alla famiglia e alla cultura della castità e dell’hijab con una particolare attenzione sui bambini e sugli adolescenti, evitando di promuovere modelli individualistici e anti-famiglia nella trasmissione dei programmi televisivi”.
Mentre nella nota 5, sempre all’interno dello stesso articolo, si ordina all’Organizzazione Radiotelevisiva di “non concludere contratti con persone fisiche o giuridiche che incentivano la nudità, l’indecenza, il pudore, l’abbigliamento improprio o che hanno cercato di contrastare le politiche dello hijab e della castità”.
Ovviamente, come vedremo, il divieto di assumere persone che violano tale legge è valida per moltissime imprese.
Proseguendo poi con la lettura degli articoli si entra nella sfera universitaria e della ricerca. L’art 13, ad esempio ordina al Ministero della Scienza, della Ricerca e della Tecnologia di agevolare matrimonio tra studenti e la creazione di campus universitari per coppie sposate; anche qui dunque si torna alla famiglia, base della società islamica. Mentre l’art.14 asserisce che il Ministero della Sanità e dell’Educazione Medica ha il dovere di sorvegliare come vestono professori, studenti e dipendenti, compresi i medici, il personale dei centri medici e gli operatori sanitari pubblici o di organizzazioni non governative e dei loro centri affiliati (ospedali, cliniche, farmacie, laboratori, ecc.).
Se ne deduce che ogni settore, da quello culturale a quello universitario e sanitario, diventa centro per propagandare le ideologie islamiche basate sull’annullamento della figura femminile e l’esaltazione della coppia.
Con l’art.16 si entra invece in una parte interessante in quanto si parla dei cittadini stranieri. Con questo articolo si sancisce l’obbligo, da parte del Ministero dell’Interno, di “informare i cittadini stranieri delle leggi e dei regolamenti in materia di castità e hijab e supervisionare che rispettino tali leggi”.
Il monitoraggio degli stranieri è menzionato anche nell’art.25 nota 4: “Informare i turisti sulle leggi della Repubblica Islamica dell’Iran riguardanti le usanze islamiche e culturali e monitorare i gruppi di turisti stranieri”. Degli Stranieri si parla anche nell’art.26 dove si ordina al Ministero dell’Informazione e dell’Organizzazione dell’Intelligence della Repubblica Islamica dell’Iran di: “monitorare e analizzare gli interventi degli stranieri e della guerra cognitiva del nemico in materia di castità, hijab, famiglia, e individuare centri e attività che promuovono la prostituzione e la cultura dell’individualismo”.
A tal proposito sarebbe molto interessante capire in che modo le autorità iraniane intendano controllare i cittadini stranieri mentre si trovano in Iran, e se non sia il caso che gli Stati stessi informino di queste misure i cittadini che intendono mettersi in viaggio verso l’Iran, semmai scoraggiandoli di partire.
Facciamo ora un passo indietro e andiamo all’art.21 che, in qualche modo, riguarda anche la sfera dell’infanzia. Nel testo dell’articolo si legge: “Per realizzare gli scopi della presente legge, il Ministero dell’Economia e delle Finanze è tenuto a svolgere i seguenti compiti: Vietare l’ingresso di abiti, statue, bambole, manichini e dipinti e prodotti che promuovono la nudità…”.
Questa parte sul controllo dei giochi (più precisamente sulle bambole) non è certo una novità per la Repubblica islamica. C’è infatti un precedente: nel Gennaio 2012 in Iran si vietò il commercio delle Barbie, già dichiarata prodotto non islamico nel 1996, e venne sostituita dalle bambole tipiche Dara e Sara prodotto creato nel 2002. Le Barbie non furono però gli unici giochi a essere banditi, anche i Simpson, i giocattoli che diffondevano voci dei cantanti occidentali, o i set da cucina giocattolo che includevano bicchieri per bere bevande alcoliche furono vietati. Ciò dimostra come il regime iraniano voglia, fin dall’infanzia, inculcare le ideologie religiose impedendo una educazione e formazione spontanea e libera.
Dall’art.30 in poi di questo capitolo si dedica spazio alle figure destinate al controllo, come ad esempio il Comando di Polizia della Repubblica Islamica dell’Iran (Faraja) obbligato a “creare e rafforzare sistemi di intelligence per identificare gli autori di comportamenti illegali utilizzando strumenti come telecamere fisse e mobili e intelligenza artificiale”. Mentre nell’articolo successivo si citano le forze paramilitari Basij, che hanno il ruolo di diffondere la cultura della castità e dell’hijab nel mondo reale.
Quarto Capitolo. “Doveri pubblici e responsabilità sociali”.
Questa parte, composta di solo 4 articoli, è dedicata a incentivare a far rispettare questa legge sul posto di lavoro e nei luoghi pubblici, sia reali che virtuali. Condizione essenziale per ricevere nomine, promozioni, aumento di ruolo e grado e privilegi e incarichi negli organi esecutivi, non a caso, è l’impegno pratico a far osservare tale legge.
Quinto Capitolo. “Reati e violazioni”.
Con il quinto Capitolo si entra in una sezione dedicata perlopiù alle sanzioni e multe da infliggere a chi viola i regolamenti di tale legge o ne favorisce la trasgressione nel cyberspazio o nei luoghi reali. Una parte, questa, decisamente densa. L’Art.41, ad esempio, stabilisce che i titolari di imprese virtuali e reali se colpevoli di promuovere nudità, indecenza e non corretto uso dello hijab saranno sanzionati con multe piuttosto alte, oltre al divieto di lasciare il Paese da un minimo di 2 a un massimo di 5 anni. Queste sanzioni, ovviamente, variano a seconda del grado di giudizio.
Ma non finisce qui: stando all’art.44 “le piattaforme sono obbligate a disporre di meccanismi umani e intelligenti per adattare il contenuto in base alle approvazioni del Consiglio Supremo del Cyber Spazio, impedendo in questo modo la pubblicazione di contenuti che promuovono la nudità, e provvedendo alla loro cancellazione automatica. In caso di negligenza nell’attuazione di questi meccanismi o non prestando attenzione alle segnalazioni provenienti dagli utenti per rimuovere tali contenuti, al proprietario o ai proprietari verranno imposte multe pari all’1-5% del reddito annuo della piattaforma”.
Tali imposizioni valgono naturalmente anche per l’utente che utilizza tali cyberspazi. Se ne deduce che per evitare le varie sanzioni i proprietari delle piattaforme intensificheranno il controllo impedendo ancora di più la libera circolazione di informazioni e tracce audiovisive necessarie, ad esempio, per denunciare gli atti persecutori e violenti degli uomini del regime.
Si entra poi nella disamina degli abiti impropri. Nella nota 1 dell’art.49 viene introdotta la definizione di “cattivo abbigliamento per le donne”, così definito: “Indossare indumenti che mostrino una parte del corpo sotto il collo o sopra le caviglie o sopra gli avambracci o abbigliamento che istighi la provocazione altrui.” La nuova legge però non si limita a definire l’abbigliamento femminile, nella nota 2 dello stesso articolo si precisa cosa si intende per “cattivo abbigliamento” per l’uomo, ossia: “Indossare abiti contrari al pudore pubblico, come abiti succinti o che non coprono una parte del corpo, come il petto o le gambe”. Le donne che non indossano l’hijab in pubblico o sui social media dovranno pagare una multa di 75 milioni di rial, nel caso di recidiva invece potranno essere multate fino a 5 miliardi di rial (10.000 dollari), oltre a essere sottoposte al divieto di lasciare il Paese per due anni e di utilizzare i social media.
Con l’art.54 invece si introduce un argomento di cui ci eravamo già occupati nell’articolo Iran, Guerra alle donne. “Chiunque guidi un veicolo a motore non indossando correttamente l’hijab o vestendo in modo improprio commette un crimine e sarà sanzionato dalla polizia stradale” si legge nel testo di legge. Non certo una novità in quanto, come scrivevo nell’articolo di Maggio: “Ancor prima dell’introduzione del piano Noor avviato ad Aprile, il regime iraniano ha attuato pratiche repressive verso le donne che viaggiano in auto. Attraverso l’app della polizia Nazer, basata su una tecnologia simile ai dispositivi portatili utilizzati per le multe elettroniche, agenti in borghese hanno pattugliato le strade, catturando l’immagine delle auto in cui all’interno ci sono donne che non indossano il velo. A quel punto coloro che hanno violato la legge ricevono minacce e viene emesso l’obbligo di confisca dell’auto”. Anche in questa legge d’altronde si fa menzione dell’utilizzo di sistemi tecnologici per identificare i cittadini nei luoghi pubblici e monitorare il loro comportamento.
Da questa analisi emerge una politica discriminante verso le donne, ma anche verso tutti e tutte coloro che vogliono vivere liberamente, e per questo è importante continuare a sostenere il popolo iraniano che lotta pacificamente per la libertà e la giustizia.
credit foto Hossein Fatemi via Unsplash