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13 Dicembre 2024Regeni, spunta un nuovo testimone che subito sparisce
Si chiama Zakaria, fa l’insegnante, vive con l’anziana madre. Il 3 dicembre si fa coraggio e si presenta al portone dell’ambasciata italiana a Il Cairo. Viene accolto dai nostri Carabinieri.
Sono ormai trascorsi quasi nove anni dall’atroce e misterioso omicidio, nella capitale egiziana, di Giulio Regeni, il giovane dottorando friulano dell’Università di Cambridge. E, proprio mentre a Roma si sta svolgendo agli ordini del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco il processo in contumacia di quattro funzionari dei servizi segreti egiziani, la vicenda si arricchisce di un nuovo inquietante capitolo. Lo ha rivelato il TgLa7 nel corso dell’edizione serale del 13 dicembre e subito ha fatto il giro di tutte le agenzie nazionali.
Si chiama Zakaria, fa l’insegnante, vive con l’anziana madre. Il 3 dicembre si fa coraggio e si presenta al portone dell’ambasciata italiana a Il Cairo. Viene accolto dai nostri Carabinieri e a loro riferisce di «sapere molte cose» sulla morte di Giulio Regeni, delle rivelazioni scottanti sui fatti di quel gennaio 2016. Sei giorni dopo quella visita inaspettata, è l’anziana madre di Zakaria e bussare al portone della stessa ambasciata italiana. Ricevuta anche lei dai nostri carabinieri rivela che suo figlio è scomparso. Degli uomini in abiti civili, racconta, avevano fatto visita nella loro casa, in piena notte, sei giorni prima e se n’erano andati poco dopo, portandosi con loro, proprio Zakaria. L’anziana donna dopo aver denunciato invano la scomparsa del figlio alla polizia locale aveva deciso di rivolgersi ai diplomatici italiani. La donna ha spiegato che era stato lo stesso figlio a raccomandarsi di presentarsi all’ambasciata italiana qualora gli fosse successo qualcosa, spiegandole persino il tragitto da compiere per raggiungere la sede diplomatica.
La vicenda rivelata dal TgLa7 solleva numerosi dubbi sia sulle informazioni di cui l’uomo scomparso era a conoscenza, sia sulla sicurezza della stessa ambasciata.
Resta da chiarire chi abbia informato i servizi de Il Cairo della sua visita in ambasciata, presidiata come sempre da due militari egiziani. In quanto cittadino egiziano, formalmente le autorità italiane non possono chiedere spiegazioni sul suo conto all’Egitto. Tuttavia, a quanto si apprende, la Procura di Roma ha già avviato degli accertamenti sul caso e la Farnesina stessa, pur senza rilasciare commenti, starebbe già procedendo con tutte le verifiche. Non è noto il contenuto delle rivelazioni rilasciate da Zakaria ai nostri Carabinieri, ma di certo, se non se ne fossero perse le tracce, sarebbe stato ascoltato quantomeno in video-collegamento dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco. Proprio come altri testimoni che, secondo il calendario delle udienze, si stanno sottoponendo all’esame della giustizia italiana. Due uomini, sotto protezione, hanno fornito importanti conferme al quadro delineato dalle indagini dei Carabinieri del Ros. Più recentemente, un commerciante di libri aveva riportato la conversazione che gli capitò di ascoltare a Nairobi, in cui il maggiore Sharif spiegava di «aver fatto a pezzi quell’italiano conosciuto da tutti che ci creava problemi». Ad inizio dicembre, poi, era toccato a un compagno di detenzione di Regeni, parlare delle torture inflitte.
Tutti i testimoni hanno espresso il proprio terrore di esporsi nel corso del processo, per non ritrovarsi a patire le pene degli oppositori del regime di Al-Sisi. Le autorità egiziane, del resto, non hanno mai collaborato fattivamente con le indagini, rifiutandosi persino di fornire i domicili dei quattro imputati, riconducibili ai servizi segreti. E questo ultimo episodio, inoltre, sgombra il campo dal sospetto che la nostra ambasciata sia sorvegliata attentamente dagli uomini del golpista feldmaresciallo.