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Cosa accade nei 4 chilometri tra le due isole che separano Stati Uniti e Russia. È una storia affascinante di due Paesi tanto vicini eppure lontani.
Mai come dai tempi della Guerra Fredda, Stati Uniti e Russia sono state così distanti fra loro, come nell’ultimo periodo. Lo abbiamo raccontato tante volte.Sembrano ormai marciti del tutto i frutti di quel dialogo che, a partire da meta Anni Novanta, aveva portato Mosca ad aderire al Partenariato per la Pace, alla costituzione del Consiglio Nato-Russia, alla firma degli accordi Start e una intensificazione dei reciproci rapporti commerciali e finanziari. I giorni che stiamo vivendo sono quelli delle sanzioni, delle minacce, delle provocazioni, dei riposizionamenti, degli scambi di prigionieri.
Eppure, Stati Uniti e Russia, oggi come allora, distano fra loro meno di quattro chilometri.
Lo stretto di Bering
Basterebbe osservare il planisfero diversamente da come siamo comodamente e convenzionalmente abituati a fare, per renderci conto che il confine fra Stati Uniti e Russia corre in quello stretto braccio di mare che separa due isolotti lontani dal mondo, nel cuore freddo dello Stretto di Bering.
Due isolotti dove a dominare è la natura che offre il suo spettacolo, esibendo scorci mozzafiato modellati dal clima artico e che soltanto il cambiamento climatico sta lentamente alterando. Foche e trichechi sdraiati sui ghiacci, tratti di mare che d’inverno possono essere percorsi a piedi, iceberg bianchissimi, come li disegnerebbe un bambino. E, poi, come se non bastasse, un varco temporale ricamato in mezzo alle calotte polari.
La Linea Internazionale del Cambio Data
I quattro chilometri che separano questi due isolotti, che separano gli Stati Uniti e Russia, infatti, sono divisi da 21 ore di differenza, perché lì in mezzo è stata fatta passare la Linea Internazionale del Cambio Data.
Quasi a voler rimarcare la lontananza che esiste fra Stati Uniti e Russia. Lontananza culturale e politica, che neanche un confine geografico di quattro chilometri può scalfire. A causa di questo fuso orario, i due isolotti, seppur possono avvistarsi ad occhio nudo fra loro, vivono sempre su due giorni diversi. Ed è per questo che vengono chiamati anche l’Isola di Ieri e l’Isola di Domani.
La storia delle isole Diomede
Sebbene il nome con cui sono ufficialmente riconosciute deriva dalla data in cui l’esploratore danese Vitus Bering le individuò per la prima volta nel 1728. Era il 16 Agosto, giorno nel quale la Chiesa ortodossa celebra San Diomede. E proprio così le conosciamo oggi, come Isole Diomede.
Grande Diomede e Piccola Diomede
Grande Diomede, appartiene alla Russia; Piccola Diomede invece agli Stati Uniti. Dal 1867, quando l’Alaska fu venduta dalla Russia agli Stati Uniti fu deciso di far intercorrere il confine in mezzo al braccio di mare che le separa. Le condizioni di vita estreme sono sfidate da poche decine di nativi Inupiat, insediate stabilmente nella Piccola Diomede, con una merceria, una scuola, un ufficio postale, un eliporto e un sistema di elettricità, sebbene per qualunque esigenza quotidiana la piccola comunità dipende dall’Alaska.Al contrario, invece, Grande Diomede non ha una popolazione stabile, da quando nel 1948 l’Unione Sovietica ricollocò gli indigeni insediati sul territorio continentale.È abitata tuttavia dal personale civile e militare russo, che qui ha stabilito una stazione meteorologica e una postazione di monitoraggio dell’FSB, il servizio segreto di Mosca. Il retaggio della rilevanza strategica che le Isole Diomede hanno rivestito nei decenni della Guerra Fredda, quando i due Paesi si sono contesi il dominio culturale e politico del mondo, tanto che fra esse calò quella che fu chiamata cortina di ghiaccio, rievocando la cortina di ferro che divideva invece il cuore dell’Europa. La loro posizione estrema le pone in quasi totale isolamento, caricandole di una prospettiva inimitabile tra natura, storia e geopolitica. Una prospettiva che nel 1987 fu valorizzata da Lynne Cox, una nuotatrice americana che con le sue bracciate attraversò il tratto di mare tra le due isole.
Un segno di distensione e di pace, ai tempi elogiato anche dai Presidenti Ronald Reagan e Michail Gorbačëv. Un ponte tracciato da una impresa sportiva che alimentò le suggestioni della costruzione di un ponte vero e proprio sullo stretto di Bering, in cui le Isole Diomede avrebbero una funzione cardine.
Le insidie ingegneristiche e politiche, però, hanno sempre lasciato quel progetto allo stato primordiale di suggestione. E più osserviamo i risvolti dei giorni nostri, più sembra qualcosa di irrealizzabile.
La corsa all’Artico, più in generale, del resto, sarà la nuova frontiera della competizione fra le grandi potenze globali. Rotte commerciali, risorse naturali, materie prime, presidi militari. Tutto passerà da lì, nei prossimi decenni. E l’escalation verbale sullo status della Groenlandia, ormai entrata nel dibattito pubblico, è solo l’inizio.Le dispute per gli arcipelaghi svedesi, i massicci investimenti in navi rompighiaccio da parte di Cina e Russia, l’ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia, i vuoti normativi lasciati dai trattati internazionali sono gli altri pezzetti di un mosaico che sarà difficile interpretare.
Le Isole Diomede, intanto, resteranno lì, sferzate da temperature che precipitano anche cinquanta gradi sotto lo zero a rappresentare due avamposti sconosciuti e dimenticati, dove il tempo corre più veloce di ogni altre parte del mondo.
Nessun altro luogo al mondo come le Isole Diomede potrà significare al tempo stesso distanza e vicinanza. Due dimensioni umane, che qui sfumano l’una nell’altra.