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Nei primi tre mesi di quest’anno ci sono già stati 185 decessi di lavoratori, sindacati in piazza
di Silvia Cegalin
Il 20 Maggio in Italia si è tenuta la giornata di mobilitazione nazionale intitolata “Fermate la strage” organizzata da CGIL, CISL e UIL, dedicata alla sicurezza sul lavoro con la richiesta di un “Patto per la salute e la sicurezza” tra governo e parti sociali. In tutto il paese da Nord a Sud si sono organizzati presidi e assemblee per riportare l’attenzione sulla necessità di attuare provvedimenti a sostegno della tutela dei lavoratori e delle lavoratrici. Manifestazioni in cui si è ribadita l’urgenza di avviare maggiori ispezioni di controllo per monitorare che tutte le componentistiche e i macchinari di lavoro siano a norma, riducendo così la possibilità che si verifichino incidenti.
I rappresentanti delle maggiori sigle sindacali si sono dati appuntamento in tre luoghi simbolo del lavoro; Maurizio Landini – CGIL, ha presieduto presso l’azienda agricola Kiwi Sud ad Eboli in provincia di Salerno, Pierpaolo Bombardieri – UIL presso lo stabilimento Leonardo di Napoli e Luigi Sbarra – CISL presso il Campo base dell’U.O Barberino Infrastrutture Pavimental Spa a Barberino del Mugello.
La data scelta dalle associazioni sindacali non è stata decisa per caso, il 20 Maggio infatti rappresenta l’anniversario della fondazione dello Statuto dei lavoratori, approvato proprio il 20 Maggio del 1970. Conosciuto anche come legge 300 – “Norme sulla tutela e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”, lo Statuto dei lavoratori è da sempre il simbolo della tutela e della protezione del lavoratore attraverso disposizioni normative e sindacali che regolano i rapporti fra il lavoratore e i suoi datori.
La formazione dello Statuto rappresentò una rivoluzione all’interno della materia legislativa italiana, in quanto per la prima volta i lavoratori vennero considerati (o almeno così dovrebbe essere secondo lo Statuto) parte integrante della filiera aziendale, inoltre grazie alla formazione della figura dei sindacati essi poterono essere liberi di dissentire a provvedimenti a loro giudizio non equi.
E qual è la migliore occasione, se non la data del 20 Maggio, per avviare un dibattito che facendo appello sia alle istituzioni governative che agli imprenditori, riporti l’attenzione verso le condizioni precarie e difficili dei lavoratori, oltre che sui pericoli a cui essi sono quotidianamente sottoposti?
Nell’anno del covid-19 le fabbriche non sono mai state chiuse, ma il virus non è stato l’unico fattore di rischio; il 2021 ha infatti registrato un aumento delle morti sul posto di lavoro. Ed è proprio questo l’argomento con cui inizia la sua assemblea Maurizio Landini (incontro visibile tutt’oggi nei siti istituzionali e i profili social della CGIL) invocando una maggiore sicurezza sui luoghi di lavoro.
Un “vincolo” lo definisce Landini, già perché il lavoro non va solo garantito, ma deve essere adempiuto assicurando ai lavoratori il massimo delle condizioni di sicurezza e prevenzione. E cosa hanno fatto ad oggi le imprese per evitare le stragi sul lavoro? Su 15.000 aziende ispezionate l’80% è risultato fuori norma o carente nella materia sicurezza; e cioè significa che ogni giorno, e i dati che vedremo più avanti lo confermano, al lavoro si rischia la vita.
Negli anni, continua Landini, si è verificata una vera e propria regressione in merito alla tutela dei lavoratori, per questo è importante che il Governo non dia finanziamenti a pioggia e indifferenziati, ma scelga di “premiare” le aziende che hanno investito e investono nella prevenzione e in strumentazioni operative all’avanguardia e aggiornate, oltre che in una costante formazione dei dipendenti.
Un argomento delicato questo che riapre ferite che da molto tempo l’Italia non riesce a guarire.
Le stragi sul lavoro risultano essere connesse ad un’incuria che non concerne soltanto la scarsa, o assente, manutenzione delle apparecchiature che il lavoratore si presta ad utilizzare, il problema è molto più profondo. Andando alla radice della questione si scoprirà infatti che il problema è soprattutto di tipo culturale. Già, perché per molte, non tutte, ma molte aziende un alto profitto con bassi investimenti è l’unica strada percorribile, il guadagno e la quantità scavalcano così i concetti di qualità e tutela. Il fatto di avere un lavoro è considerato un diritto assolto, poi il come e in quali condizioni lo si svolga quello, pare, non essere più un dato importante.
I livelli di disoccupazione sono talmente alti nel nostro paese (se il tasso è rimasto stabile al 9,8% tra i giovani è salito al 30,3% – fonte ISTAT di Febbraio 2021) che avere un lavoro deve essere considerata una gran fortuna. Ecco, perciò, che quella gran fortuna si rivolta contro il medesimo lavoratore, perché in base a questo non se la sente, o non gli è permesso, rivendicare quell’altro suo diritto: quello della sicurezza sul lavoro.
È come se in chi lavora e in chi viene assunto aleggi un senso di colpa: perché dovresti chiedere di più quando hai già un lavoro? E spesso si sente dire: “Pensa a chi un lavoro non ce l’ha, lui (o lei) sta di sicuro peggio di te!”. Queste sono le terribili frasi che si sentono ripetere, e purtroppo non solo dai datori di lavoro, ma anche da tante altre persone. E cos’è questo se non un problema culturale? Perché, ripetiamolo, non può esistere diritto del lavoro senza la tutela del lavoratore e l’adempimento da parte del datore di tutti gli standard di sicurezza e prevenzione.
Il lavoro può essere considerato tale soltanto se avviene all’interno del totale rispetto di tutte le norme atte a garantire al lavoratore lo svolgimento delle sue mansioni in piena sicurezza. Non è solo la retribuzione a definire l’oggetto lavoro, ma sono anche le condizioni e le garanzie con cui esso si compie a essere basilari. Durante l’atto contrattuale la tutela e il monitoraggio dell’ambiente lavorativo non possono essere un’opzione, ma la regola.
E questa attitudine ideologica si realizza ancor di più all’interno di un quadro in cui, ricorda lo stesso Landini, lavoro nero, elevata evasione fiscale e scarsi investimenti nell’area del Mezzogiorno, agiscono come fattori che promuovono (passatemi il termine) l’indifferenza verso la tutela dei lavoratori, radicando un pensiero che si pone avverso a qualsiasi tipo di controllo.
Sui medesimi toni è anche l’intervento del segretario della UIL, Pierpaolo Bombardieri che inizia il suo intervento a Napoli ricordando i numeri dei morti sul lavoro, incitando le autorità a ridare la dignità negata ai lavoratori, definendo la questione sicurezza come una vera e propria emergenza che non può più essere procrastinata nella sua risoluzione.
I dati raccolti dall’INAIL dall’inizio del 2021 infatti illustrano uno scenario molto preoccupante. Se le denunce degli infortuni sono diminuite a causa della minore occupazione dovuta al periodo pandemico che ha messo in crisi molti settori, per quanto riguarda le morti l’Inail ha registrato entro il mese di Marzo 185 morti 9 in più rispetto alle 166 denunce registrate nel primo trimestre del 2020, un tasso che corrisponde a un +11,4%. In tre mesi quindi ci sono stati 2 decessi al giorno. Se si pensa al 2020, inoltre, il dato emerge ancora più prepotentemente: rispetto l’anno scorso al momento si contano più di 200 morti (fonte UIL), con l’edilizia e l’agricoltura che risultano essere tra i settori più colpiti.
Il rischio maggiore però, ed è proprio quello che hanno ribadito tutti i sindacati nella giornata del 20 Maggio, è che queste morti siano – dall’oggi al domani – dimenticate. Dietro ogni, ne basta una, morte sul lavoro, una famiglia e una comunità si spezza. Ogni volta che un lavoratore perde la vita è la società nella sua totalità che fallisce, perché la tutela e la garanzia dei lavoratori sono la base per la costruzione di una società che vuole definirsi civile. Le vittime in questo inizio anno sono state tante, troppe, ma ribadisco, ne deve essere sufficiente solo una per allarmare il sistema, imponendo maggiori ispezioni e obbligare le imprese a farsi carico, nell’immediatezza, dei provvedimenti di prevenzione.
Venerdì 28 Maggio, le rappresentanze sindacali (CISL, UIL e CGIL) si riuniscono davanti a Montecitorio per chiedere un confronto con il Governo sulle priorità lavorative e per chiedere, nuovamente, di arrestare la strage di morti sul lavoro attraverso azioni concrete.
La strada dell’Italia per una completa tutela del lavoratore è ancora lunga, prima di tutto serve cambiare questa cultura del silenzio, il timore infuso al lavoratore di esprimere i propri dubbi e paure, e dargli la capacità di rifiutare apertamente un compito se egli lo ritiene non idoneo o pericoloso per la sua incolumità, in parallelo le imprese si devono sentire vincolate, anche moralmente, a garantire adeguati livelli di sicurezza.