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di Roberta Caiano
Bari – Tra origine, freschezza e qualità, il controllo dei prodotti ittici diventa una delle pratiche più importanti soprattutto negli ultimi anni, con l’inquinamento ambientale che sta contaminando milioni di microrganismi che popolano il pianeta blu. Infatti, le politiche nazionali ed internazionali riguardanti l’autenticità e la qualità dei prodotti marini sono accresciute, diventando sempre più rigide ed esigenti. Dalla pesca alla tavola il passo è tutt’altro che breve, fomentando la necessità di una regolamentazione della coltura del pesce.
Crostacei e molluschi: gambero e cozza rispettivamente il re e la regina
In prima linea, troviamo i crostacei e i molluschi i quali non soltanto sono fonte essenziale di nutrimento salutare, ma la costante domanda del prodotto sul mercato ha accelerato il processo di verifica e ispezione di queste specie.
Come ha specificato Oliviero Mordenti, professore del Corso di Laurea in Acquacoltura di Cesenatico Università di Bologna,“in Italia, analizzando la ripartizione percentuale per varietà ittica dei consumi domestici, possiamo osservare come i molluschi incidano per il 21% in valore ed il 26% in volume, ed i crostacei con una quota pari al 6% in valore e al 5% in volume. Tra i molluschi il 50% dei consumi in volume è rappresentato dalle cozze, in virtù di prezzi medi inferiori a quelli delle vongole, e dai calamari, più economici delle seppie. In termini di valore le specie più consumate sono i polpi e i calamari. Per i consumi di crostacei si osserva come i gamberi rappresentino da soli circa il 50% dei consumi, sia in termini quantitativi che di valore economico, seguiti dai gamberetti che superano il 20% sia in volume che in valore”. Ciò testimonia quanto queste specie siano tra i cibi principali dell’alimentazione degli italiani, aumentando le pratiche e i processi di individuazione di etichette riguardanti l’origine, la provenienza, la freschezza e la trattabilità del prodotto. In questo senso, la forma più diretta di esame e accertamento del pesce sono i mercati a ridosso di pescherecci e porti, dove si può osservare il trattamento riservato ai prodotti ittici pescati e alla acquacoltura.
Se il pesce fa cultura (e non solo coltura)
Nel nostro Paese sono tantissimi i luoghi dove poter constatare questa attività, anche se il Sud offre uno degli scenari più caratteristici. Infatti, più che coltura del pesce diventa una cultura ittica che vede la parte meridionale della Penisola in testa alla lavorazione di queste specie con grande attenzione per la vendita. In quest’ottica, il folclore mercatale costituisce una delle più particolari e peculiari usanze che attirano non soltanto gli abitanti autoctoni, ma anche i forestieri. Tra tutte le regioni del Mezzogiorno, la Puglia e la Campania rappresentano senza dubbio i principali capostipiti della cultura ittica. Se prendiamo in esempio la città di Bari, possiamo notare come presso le zone del lungomare si può assistere a un vero e proprio rito del pesce. Tra frutti di mare e molluschi si può assaporare il pesce crudo direttamente sui banchi, a riprova del trattamento genuino e tradizionale nei confronti di questa pratica alimentare. Nello specifico, il molo di Sant’Antonio e il molo di San Nicola ospitano tra i mercati del pesce più storici e pittoreschi.
Il cosiddetto N-dèrre la lanze, ad esempio, che in italiano può essere tradotto come “a terra la lancia” in riferimento al fatto che in questa zona sono parcheggiate le tipiche imbarcazioni dei pescatori, è stato ed è tuttora un protagonista assoluto nel panorama mediatico per il suo forte impatto popolare.
L’arricciamento del polpo
Difatti, oltre ad una sfilza di molluschi, ricci e frutti di mare vari, il trattamento del polpo è ciò che fa la differenza. Nel capoluogo pugliese è ormai antico il rituale dell’arricciamento del polpo, che consiste nell’afferrare l’animale per i tentacoli e sbatterlo sullo scoglio o sulla banchina per snervarlo. In questa fase, il polpo si ritira fino ad intenerirsi completamente, per poi essere sottoposto alla battitura in cui il mollusco passa dalla colorazione rossastra a quella bianca e adagiato in contenitori appositi finché, appunto, non si arriccia. Negli ultimi tempi, l’Europa sta riservando un occhio di riguardo nei confronti della pratica dell’acquacoltura e il polpo sembra essere il suo principale interessato.
Non appena si arriva in questo luogo che si può definire tra il “rude” e il magico, si respira l’odore del pesce, del mare e del sole che contribuisce senz’altro a rendere questo luogo una tappa turistica imperdibile. Da decenni, ormai, sono molti i riflettori che hanno ripreso questa pratica mettendola al primo posto tra quelle più autentiche e controllate. L’idea di mangiare direttamente sulla banchina il pesce crudo appena pescato contribuisce a non dubitare della provenienza e della trattabilità dell’alimento. Non solo in Italia, ma anche nel mondo esistono altre attività mercatali e di pescagione in cui la coltura ittica si trasforma in vera e propria cultura.