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19 Settembre 2021Un parco Super(kilen)
di Dania Ceragioli
Nel regno delle favole patria degli scrittori Hans Christian Andersen e Karen Blixen, anche se tutto pare rimasto come un tempo, la tradizione e la raccolta rilassatezza di questo popolo, via via stanno lasciando spazio alla vivacità e alla trasgressività. Copenaghen ne incarna alla perfezione ogni aspetto. Alle statuine di porcellana blu cobalto Royal Copenaghen che hanno imperato per anni nei nostri salotti, si stanno sostituendo amuleti con mani di Fatima e tajine per cous cous. Al paesaggio da cartolina dominato dalle lievi colline e casette colorate spalmate all’infinito preludio di paesaggi fiabeschi velocemente si stanno sostituendo grattacieli. La campagna viene lentamente fagocitata dalla città e un groviglio di metropolitane porta dritto anche se non proprio vicino a Norrebro, uno dei quartieri più multietnici della città. Si trovano negozi di ogni genere, non si percepisce una vera e propria identità e, forse, soprattutto per questo che qui è stato realizzato uno dei progetti più ambiziosi mai realizzati, non solo atto a migliorare il contesto urbano, ma anche a integrare e celebrare le diversità.
Per questo motivo abbiamo deciso di visitarlo.
Il parco pubblico Superkilen nasce da una scintilla dell’architetto danese Bjarke Ingels, con la collaborazione del gruppo artistico Superflex e dei progettisti Topotek1 ed è stato inaugurato nel giugno del 2012. Nella concezione del suo ideatore le parole eccesso, saturazione, congestione si ritrovano nell’esplosione dei simboli e colori utilizzati. In risposta a un bando che prevedeva la realizzazione di un’opera che potesse favorire il dialogo nel quartiere periodicamente teatro di violenze, i progettisti hanno deciso che il miglior modo di attualizzarlo fosse quello di traslocare in questo contesto storie e realtà urbane provenienti da ogni parte del mondo. Attraverso un apposito sito è stato richiesto a ciascuna delle cinquantasette comunità etniche che convivevano nel quartiere di suggerire oggetti di arredi urbano in cui potevano sentirsi rappresentati. Il concetto interpretato è stato quello di poter tradurre il proprio ambiente di origine nel luogo scelto per vivere. Questo è sicuramente l’elemento caratterizzante di questo parco, l’intersecarsi di simboli attraverso la loro interazione. Il risultato finale viene poi creato dalla funzionalità che l’oggetto scelto poi riuscirà a ottenere. Superkilen ha una superficie di trentamila metri quadrati e si estende per circa settecentocinquanta metri lungo i lati di una pista ciclabile. Il parco è suddiviso in tre aree di tre colori diversi. Una zona dedicata alle attività sportive rossa, un grande parco giochi erboso verde, uno spazio riservato al mercato alimentare nero. Anche la vegetazione deve rispettare la suddivisione del parco. Molti degli oggetti sono stati appositamente importati fra cui panchine dal Brasile, una fontana dal Marocco e insegne al neon da tutto il mondo. Il progetto ha avuto come partnership la fondazione Realdania che ha l’obiettivo di finanziare e supportare progetti architettonici che rivalutino l’ambiente urbano in termini di estetica e visibilità.
Parchi, i nuovi spazi sociali ed ecologici
Sul tema abbiamo intervistato gli architetti Gianfranco Franchi e Chiara Tesi www.franchiassociati.it
Quali sono oggi le funzioni di un parco e le eventuali problematiche?
Non si costruiscono parchi molto differenti dal passato, anche se possono cambiare i significati, gli aspetti e probabilmente le funzioni. Attualmente ogni area verde o parco di qualsiasi dimensione, sia che si tratti di o urbano, o di quartiere, deve rispondere a una funzionalità ecosistemica. Tutti i parchi devono essere parte integrante di un sistema e questo lo si ritrova anche in quelli costruiti nell’Ottocento, non è una prerogativa solo odierna. I parchi già allora erano dei gangli collegati alla realtà circostante. Uno dei problemi che abbiamo ai giorni nostri, è sicuramente quello della manutenzione. Una volta venivano maggiormente curati, la loro conservazione era costante, mentre adesso cadono spesso in degrado. Si costruiscono, ma non si pensa a cosa possa accadere dopo. Non siamo più abituati alla loro gestione, basti vedere come viene tenuto il nostro territorio.
Come vengono identificate le aree su cui costruire un parco?
Normalmente si fanno degli studi appropriati cercando di identificare le caratteristiche urbane. Si progetta un sistema e poi si vanno a realizzare i singoli parchi in relazione alle aree urbane, alla geografia del luogo, alla topografia.
Quali sono le difficoltà maggiori che può incontrare un architetto paesaggista nella progettazione di un parco?
Non ci sono problemi particolari nella gestione di un lavoro pubblico, il verde però non collima molto con le normative e i tempi della burocrazia. Le piante hanno necessità specifiche, anche soltanto per essere messe in dimora, richiedono situazioni ben precise, i parchi pubblici hanno delle logiche proprie. Oggi realizzare dei bioparchi a causa delle condizioni ambientali che si sono verificate, soprattutto per il perdurare della siccità, sarebbe estremamente difficoltoso.
Oggi perché si realizzano parchi?
Si realizzano parchi per aspetti funzionali e sociali, non solo per abbellire un’area. Non si tiene conto solo dell’aspetto estetico ormai, ma anche e soprattutto ecologico.
Qualche impressione sul parco Superkilen
Sicuramente si tratta di un ottimo intervento di qualificazione urbana in un’area piuttosto degradata. Anche in Italia ci sarebbe una grande necessità di questi interventi. L’idea di estrarre dei simboli e mettere assieme tutti questi elementi è un’idea accattivante, come i colori che sono stati utilizzati per delimitare le aree. Non ci è mai capitato di realizzare qualcosa di simile, ma in Italia per motivi culturali non sarebbe di facile ideazione.
Il parco ideale come dovrebbe essere?
Un parco ideale non esiste, ci sono però contesti sociali in cui può essere inserito, un parco come quello in Estonia di cui ci siamo occupati ad esempio, ha messo in contatto due città che si erano perse fra loro per una serie di motivazioni storiche. Adesso quest’area ha riunito e attratto persone di varie etnie divenendo un nuovo polo. E’ fondamentale conoscere la cultura di un luogo, le sue necessità, gli aspetti naturalistici. Se un parco pubblico funziona lo vediamo nel tempo, da cambiamenti che avvengono, dall’affluenza e dalla fruibilità.
In Italia ci sarebbe la necessità di un parco specifico che non è ancora stato realizzato?
Sono interessanti i parchi a tema ma tutti devono sempre essere collegati alla realtà urbana. Non si può più progettare qualcosa come fosse un’isola. Molto importante risulta essere anche l’accessibilità a questa area, la sua dislocazione. Ci si deve chiedere se sarà complicato raggiungerlo, se sarà uno spazio sicuro, non possono essere innescati meccanismi controproducenti per chi li vive. Oggi poi si ha la sensazione che venga preferita la cementificazione piuttosto che l’istituzione di aree verdi. Il verde alla fine spaventa, per gli insetti, gli animali e tutta una serie di motivazioni ataviche. Ultimamente, un po’ come una moda, c’è poi la tendenza a difendere gli alberi indipendentemente da tutto, senza comprendere che anche le piante hanno dei cicli e spesso si rende necessaria una loro sostituzione. Gli alberi sembrano intoccabili, pare non si possano mai tagliare, ma in una città devono essere funzionali alla vita e non utilizzati solo per gli slogan elettorali.
Intervista a
Arch. e Paes. Gianfranco Franchi
Arch. Chiara Tesi
Franchi+Associati
www.franchiassociati.it