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di Roberta Caiano
La vita, il denaro e un gioco. Quante realtà ruotano attorno a questi tre concetti, eppure è bastata una serie Tv a mettere in scena una rappresentazione ‘gamificata’ per la sopravvivenza per scatenare il mondo della rete e non solo. Pubblicata ufficialmente su Netflix il 17 settembre 2021, negli ultimi giorni Squid Game ha raggiunto il primo posto in 90 Paesi con un boom di visioni, curiosità e engagement che, secondo le previsioni per il primo mese di lancio, potrebbe arrivare ad essere vista da oltre 80 milioni di abbonati in tutto il mondo. Attualmente il record di visualizzazioni per una produzione Netflix è detenuto da La Casa di Carta che ha raggiunto 65 milioni di fan, seguito a ruota da Bridgerton con 63 milioni di visualizzazioni. Ma perchè proprio Squid Game è la prossima candidata ad essere la serie Tv più vista su Netflix? Molti dei motivi sono intrinsechi nella sua trama, dove la posta in gioco conduce alla morte. Ma anche perché è la prima serie Tv che dal suo lancio non è stata ancora doppiata in tutte le lingue, tra cui l’italiano, ma che ha raggiunto ugualmente livelli di attrazione molto alti. Infatti, la serie è disponibile in lingua originale o anche in inglese con i sottotitoli in italiano ma questo non ha fermato la sua ascesa.
Ambientato in Corea del Sud, Squid Game (che letteralmente si traduce come ‘il gioco del calamaro’, un gioco per bambini coreano) vede protagonista un uomo sommerso dai debiti a cui gli è stata tolta anche la custodia della figlia, la quale vive con la sua ex moglie. In un momento di totale sconforto, viene avvicinato da un uomo che gli propone di partecipare ad un gioco che ha come premio una somma di denaro. Non appena viene a conoscenza dell’imminente trasferimento della sua ex moglie con la figlia a Los Angeles, l’uomo decide di accettare. Ma, raggiunto il luogo di incontro, scopre che insieme a lui ci sono altre 455 persone a corto di denaro o indebitati che accettano di competere in giochi d’infanzia per intrattenere dei potenti uomini d’affari. Chi sceglie di partecipare a questo gioco sin dall’inizio capisce che non è un’esperienza ludica come le altre, se perde o non rispetta le regole viene ucciso e se smette di giocare va incontro a delle conseguenze mortali. Una sorta di prova di resistenza a chi riesce a sopravvivere e a non scappare o rinunciare, soprattutto quando i giocatori scoprono che il montepremi finale è di 46.600.000.000 won, corrispondenti a circa 34 milioni di euro. Questo enorme premio in denaro riesce nell’intento di indurli ad affrontare i giochi, i quali diventano sempre più letali nel corso della gara. Nonostante la cruenta idea, il regista sudcoreano Hwang Dong-hyuk ci ha visto lungo nel proporla a Netflix dopo tredici anni dal primo rifiuto. Squid Game, infatti, è stata scritta dal film-maker nel 2008 e finita nel 2009 ma fu rifiutata dall’ambiente cinematografico: studios, attori e investitori si rifiutarono di collaborare alla sua realizzazione perché considerata troppo macabra. Con Netflix invece arriva la svolta e il successo.
In realtà questo tipo di format non è il primo ad essere realizzato. Nel 2014 il film giapponese As the Gods Will ha come protagonista degli studenti delle scuole superiori che, nel bel mezzo di una lezione, vedono la testa del loro insegnante esplodere e al suo posto compare una bambola che li sfida a partecipare a giochi per bambini. Non sanno, però, che chi perde muore e la lotta per la sopravvivenza dei rimanenti in gara si fa sempre più violenta. Sulla stessa scia anche Most Dangerous Game, il film con Liam Hemsworth e Christoph Waltz, uscito nel 2020 sulla piattaforma Quibi in formato serie Tv e riproposta un anno dopo in un unico film disponibile su Prime Video dallo scorso 1 ottobre. Anche in questo caso la trama vede come protagonista un uomo in crisi economica con una moglie e un figlio in arrivo, il quale improvvisamente scopre di avere un tumore al cervello inoperabile e gli restano poche settimane di vita. Disperato, viene avvicinato da un infermiere volenteroso che gli lascia un biglietto da visita di una società che si occupa di offrire assicurazione per chi non può permettersela. Decide così di accettare di partecipare ad un gioco dove ogni ora per 24 ore vengono accreditati sul suo conto corrente 50.000 mila dollari per un totale di 24 milioni di dollari, ma in gioco c’è la sua vita. Infatti, lui è la preda e dei cacciatori sono sulle sue tracce fino alla fine del gioco con l’intento di ucciderlo. Il denaro come stimolo, gli affetti come motivazione e la grande disparità delle disuguaglianze sociali sono il filo rosso che collega queste trame, diverse tra loro eppure unite dalla stessa morale. L’aspetto ludico è infatti stato rivalutato negli ultimi anni in vari contesti come puramente intrecciato alla realtà. Premi e punizioni sono da sempre concepiti nel tessuto sociale e la proiezione sullo schermo di questa ‘gamification’ del reale attrae il telespettatore a vedere fino a che punto possono spingersi i valori e i limiti della natura umana.