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di Roberta Caiano
Sono trascorsi ormai due anni da quel famoso 17 ottobre 2019, quando il Libano è balzato agli onori della cronaca per la scia di proteste che hanno invaso il Paese. Tra corruzione politica, crisi economica, povertà, mancanza di carburante e farmaci, inflazione alle stelle, esplosioni che hanno devastato Beirut e dintorni e chi più ne ha più ne metta, la Terra dei Cedri non ha più visto la luce. La recente notizia di un Libano nel totale blackout per oltre 24 ore, riflette una completa immersione del buio dell’intero territorio medio-orientale. In questi due anni, non è mancata la voce dei cittadini che hanno sfilato per strada contestando un sistema politico e socio-economico ormai eroso e del tutto allo sbando. La detonazione del porto di Beirut nell’agosto del 2020, infatti, non è stato altro che il colpo di grazia per un Paese già in ginocchio e che rischia di essere già spezzato in maniera cronica. Nel corso dei suoi 101 anni di storia dopo la fondazione dello Stato del Grande Libano, passando per l’indipendenza come Repubblica libanese, il Paese è stato attraversato da varie guerre civili, ma quella che si trova oggi ad affrontare è una crisi senza precedenti.
L’inflazione in Libano
L’ultimo rapporto della Banca Mondiale, Bank Lebanon Economic Monitor (Lem), pubblicato nel giugno di quest’anno ha infatti classificato il default economico e finanziario del Libano tra i peggiori della storia. Secondo gli economisti più esperti, infatti, questa del Libano si classifica nella “Top 10, probabilmente nella Top 3, delle crisi più grandi sperimentate a livello globale dalla metà del 19esimo secolo”. La stessa iperinflazione che sta colpendo il paese è storica: la lira libanese è capitolata del 90% dal 2019 e al momento è scambiata sul mercato nero a 18.900 circa di lire per dollaro, a fronte di un cambio di 1.500 lire per dollaro precedente all’implosione dell’economia avvenuta due anni fa.
Il blackout in Libano e i generatori privati
A dimostrazione dell’inferno in cui versa il Libano e la sua popolazione, è bastato il blackout che ha visto l’interruzione della corrente elettrica in tutto il Paese dopo che la produzione di energia è scesa sotto i 200 megawatt. Invero, l’esaurimento del carburante ha costretto le due principali centrali elettriche del Libano, Zahrani a Sud e Deir Aamar al Nord, a chiudere evidenziando così la grave crisi energetica derivata dalla sua dipendenza dalle importazioni di combustibile. Per la prima volta nella storia, come ha ricordato la BBC, è stata l’intera rete elettrica nazionale ad andare offline lasciando più di 6,8 milioni di persone al buio. In questa situazione, con la società di energia elettrica Electricité du Liban (EDL) che da anni non riesce ad assicurare i rifornimenti necessari, diversi libanesi hanno fatto ricorso, a seconda delle loro possibilità economiche, ai generatori privati. Ma gli stessi generatori privati sono stremati dalla mancanza di carburanti, in quanto alimentati dal diesel, sempre più difficile da trovare. Difatti, il popolo libanese dipende sempre più da operatori privati che lottano anche per assicurarsi gli approvvigionamenti a causa del crollo della valuta nazionale. Per riuscire a sbloccare questo stallo è dovuto intervenire l’esercito, il quale ha distribuito 6 mila chilolitri di diesel alle centrali elettriche rimettendole così in funzione. La situazione si è inoltre temporaneamente risolta, come riportato dal Ministero dell’energia, anche grazie alla Banca Centrale Libanese la quale ha assicurato una linea di credito del valore equivalente di 100 milioni di lire, che ha permesso allo Stato di acquistare carburante e di garantire l’operatività delle sue stazioni centrali di energia.
In particolar modo, l’episodio del blackout ha creato una situazione di profonda difficoltà agli ospedali e ai servizi essenziali, peggiorando ancor di più la crisi che questi settori vivono. La carenza di gasolio e carburante, insieme a un’infrastruttura antiquata, ha aggravato le interruzioni di corrente che si sono susseguite per anni fino ad arrivare a quella della scorsa settimana che è durata un giorno intero. In tutto ciò, infatti, non bisogna dimenticare che anche in Libano la pandemia Covid-19 sta continuando a colpire.
La crisi energetica, 2 ore di corrente statale al giorno
Sebbene nelle ultime settimane la media dei casi settimanali sia calata, così come i contagi e le vittime, le strutture sanitarie e il rifornimento di farmaci scarseggia e i blackout non aiutano nel funzionamento della salute pubblica. Per l’appunto, va detto che questo non è il primo blackout che colpisce il paese. Come testimoniano delle immagini scattate in una Beirut completamente immersa nel buio nei primi giorni di agosto e prima ancora a luglio, quando le due principali centrali elettriche libanesi avevano interrotto i rifornimenti catapultando gran parte del Paese in un blackout quasi totale, la crisi energetica si è evoluta in un’escalation drammatica che ora potrebbe lasciare intere aree con non più di due ore di corrente statale al giorno per un totale di 22 ore al buio. Se facciamo un ulteriore passo indietro, lo scorso maggio la compagnia della Turchia Karpowership ha staccato la corrente al Libano dopo vari avvertimenti, in seguito ad un debito pari a 80 milioni di euro nell’arco di 18 mesi. Per questo, già a settembre la società Electricité du Liban aveva messo in guardia contro un rischio di blackout totale in tempi brevi, come poi è effettivamente avvenuto. La Terra dei Cedri si trova così ad affrontare una discesa verso una crisi sempre più grave, con una mancanza di liquidità sufficiente per ottenere il combustibile necessario al funzionamento delle sue centrali elettriche e dei generatori privati. In questo contesto, per aiutare ad alleviare la crisi, il Libano ha ricevuto un carico di carburante dall’Iran attraverso la Siria. Infatti, in estate il Paese ha avviato contatti con Egitto, Giordania e Siria per aumentare la propria produzione di energia elettrica, anche se tali accordi potrebbero richiedere mesi e non sopperire alle difficoltà attuali. Nel frattempo, però, anche l’Iraq ha stretto un accordo di scambio con il governo che ha aiutato la compagnia elettrica statale libanese a rimanere operativa per giorni. Ma se al fine non c’è mai peggio, per il Libano non è così. Pochi giorni dopo il blackout totale è scoppiato un enorme incendio nel serbatoio di stoccaggio della Zahrani Oil Installation, una delle principali strutture petrolifere del Libano, nel sud del Paese. Il ministro per l’energia Walid Fayad ha dichiarato che l’incidente si sarebbe verificato mentre alcuni lavoratori stavano spostando del gasolio da un serbatoio all’altro e che in tre ore sarebbero bruciati quasi 250 mila litri di combustibile, ma questa notizia non ha fatto altro che aumentare la tensione accumulata in questi giorni bui.