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di Antonella Testini
Il deposito nucleare sa da fare. Dove e quando restano un’incognita.
Sono in tutto sette, Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna, le Regioni indicate dalla Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nucleare. Regioni che entro lo scorso mese di luglio hanno inviato alla Sogin un totale di 88 richieste di informazioni e 113 osservazioni (riguardanti soprattutto questioni di idoneità delle aree).
Il seminario, avviato lo scorso mese di settembre dalla Sogin con l’intento di promuovere il dialogo con le Regioni direttamente coinvolte, ha già visto il confronto con Sicilia, Sardegna, Basilicata e Puglia. Nei prossimi giorni si svolgeranno gli incontri tra Sogin e Piemonte, Toscana, Lazio. Il 24 novembre è fissata in calendario la plenaria di conclusione dei lavori e il finale è tutt’altro che scontato.
Paure e rimostranze per il Deposito Nucleare
Perché se cambiano i protagonisti, la rimostranza è sempre la stessa. Sicilia e Sardegna si sono barricate dietro la “natura insulare” che di per sé rappresenta un elemento ostativo, da Puglia e Basilicata si contestano non solo i criteri con cui sono state individuate le aree potenzialmente idonee ma soprattutto sono stati smentiti i dati riportati nella Cnapi, dati aggiornati al 2014 e che ormai non corrispondono più a realtà.
Emblematico il caso di Altamura in provincia di Bari, coinvolta in ben tre aree individuate dalla Cnapi e dichiarata “zona a basso rischio sismico” che nel 2018 è stata epicentro di un terremoto che ha interessato, se bene per pochi secondi, l’intera provincia di Bari.
E non è tutto. Ogni territorio individuato ha anteposto ragioni culturali, paesaggistiche e turistiche evidentemente incompatibili con la nascita di un Deposito Nucleare.
Nel merito dei rilievi della Cnapi, in molti casi sono state ribaltate le risultanze dei tecnici di Ispra e Sogin. Dagli studi commissionati dalle singole Regioni sono emersi territori ben diversi da quelli raccontati nella Cnapi dove spesso sarebbe stata omessa la presenza di faglie a ridosso delle aree individuate, falde acquifere sotterranee, bacini idrografici direttamente collegati al mare, vulcani e vulcanelli che poco si addicono alla definizione di “aree a basso rischio sismico e idrogeologico”.
La replica della Sogin
A poco sono servite in questi giorni le dichiarazioni dei dirigenti Sogin a cominciare da quelle del direttore Fabio Chiaravalli impegnato da mesi a spiegare quanto “l’impianto è del tutto passivo, non produce fumi, rumore, emissioni, rilasci e non insidierebbe la salute e le ricchezze del territorio”.
Durante la sessione dedicata a Puglia e Basilicata è stato lo stesso Chiaravalli a elogiare il lavoro svolto da entrambe le Regioni annunciando che “i rilievi pervenuti segnalano un difetto di istruttoria dell’iter di localizzazione del Deposito Nazionale, in relazione al mancato aggiornamento della valutazione ambientale strategica”.
Chiaravalli ha assicurato che tutti i rilievi “costituiscono un arricchimento della base conoscitiva e integrano le descrizioni preliminari fornite nelle Relazioni d’Area pubblicate a corredo della Cnapi”.
Quali sono i tempi per la realizzazione del Deposito nucleare?
Sul fronte della tempistica, come è facile immaginare, le notizie non sono più rassicuranti. Perché se è vero che la Sogin stessa aveva indicato il 2022 come l’anno della “realizzazione”, in questi mesi è emersa con chiarezza la fragilità dell’intero iter avviato dalla controllata dello Stato. Basterà infatti che nessuna delle aree sin qui individuate si dichiari disponibile per costringere i Ministeri competenti ad intervenire direttamente nella individuazione del sito, provocando una inevitabile levata di scudi dalla popolazioni locali con buona pace dei processi partecipati.
La strada resta tutta in salita
A valle di questi ultimi incontri la Cnapi diventerà Cnai, ossia Carta delle aree idonee. Che dovrà ricevere il visto dei Ministeri dello Sviluppo economico e della Transizione ecologica prima di essere pubblicata per avviare la fase tre, quella delle autocandidature. La fase più attesa e forse anche la più temuta in cui ogni “territorio particolare” spera che sia il vicino di casa a farsi carico di un problema collettivo.