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10 Novembre 2021L’odissea di “Kupe”, la pittima reale che voleva tornare a casa
di Lorenza Cianci
4BWRB è la matricola di una pittima reale (scientifico: Limosa limosa) battezzata con il nome, ormai famoso, di “Kupe”. Quattro, infatti, sono i piccoli anelli che possiede tra le sue due lunghe zampe di uccello trampoliere: e sono anelli Blu (B), Bianco (W) e Rosso (R). Corrispondono a una sorta di “bandiera di localizzazione in 5G con gps” collegata a un trasmettitore radio, che permette ai ricercatori di monitorarne il volo. “Kupe” ha compiuto un’impresa straordinaria con la sua traversata dall’Alaska alla Nuova Zelanda: un’odissea epica, di colpi di scena e peripezie, con un clamoroso lieto fine. A dare notizia del suo ritorno a casa è, proprio oggi, il sito web neozelandese Stuff.
Pittime reali, un volo diretto di 12 mila chilometri
Quello delle pittime reali è, da sempre, il volo diretto più lungo del mondo, senza soste e senza break. Compiono, infatti, circa 12mila chilometri dall’Alaska alla Nuova Zelanda, ogni anno. Una “volata” che attraversa l’intero Oceano Pacifico. A noi sembra straordinario, ma per questi uccelli migratori, il viaggio è l’abituale “passeggiata fuori porta” di ogni anno: dopo aver passato i mesi estivi in vacanza in Alaska, dove si riproducono, tornano nella mite Nuova Zelanda nel mese di ottobre, per l’inverno, a mangiare vermicoli sulla limosa baia protetta di Firth of Thames, sulla sponda occidentale dell’Isola del Nord. Senza alcun pericolo di jet lag.
Il sito di informazione ScienceDaily.com, ha riportato, nel giugno del 2010, uno studio dell’Università svedese di Lund diretto dal professore di ecologia evolutiva e volo animale Anders Hedenström. Nella ricerca, è rappresentativo il paragone tra le volate senza sosta delle pittime reali con i voli a lunga percorrenza degli aeromobili, ad oggi, esistenti: «Il professor Hedenström sottolinea che la pittima reale è di gran lunga superiore a tutti gli aerei costruiti dall’uomo quando si tratta dell’arte di volare a lungo senza interruzioni. Il record di volo a lunga distanza per gli aerei è detenuto dallo Zephyr di QiniteQ, un velivolo senza pilota a energia solare. Può rimanere in aria per 82 ore, circa tre giorni e mezzo, rispetto agli otto giorni di volo della pittima reale».
Una pittima reale maratoneta da record
L’anno scorso, a ottobre, una di loro, con la “bandiera” geolocalizzata 4BBRW, ha battuto il record mondiale, coprendo più di 12mila chilometri in sole 224 ore senza sosta, alla velocità di 88 chilometri orari circa. Il record era rimasto insuperato dal 2007. A darne notizia, il 13 ottobre 2020, il giornale online The Guardian.
Ma con la pittima 4BWRB, i ricercatori della rete Global Fly Network, che si occupa dal 2001 di inanellare e immatricolare le pittime reali per geolocalizzarle nel loro viaggio migratorio, se la sono vista davvero brutta.
L’odissea straordinaria della pittima “Kupe”
La Global Fly Network è un’organizzazione di ricerca olandese dell’Università di Groningen e dell’Istituto di ricerca del mare Royal NIOZ Netherlands, in parte ariano con ricercatori di tutto il mondo. Il fine è quello di studiare l’andamento demografico delle migrazioni degli uccelli, in accordo anche con i cambiamenti climatici. Come scrivono sul loro sito, parlando del loro lavoro: «La nostra ricerca genera consigli generali e specifici per la conservazione, ma anche ottimismo e belle storie, collegando Paesi e culture. Soprattutto i dispositivi di localizzazione che usiamo per seguire i nostri uccelli si sono rivelati enigmatici strumenti “multiuso”».
La storia della pittima reale “Kupe” è proprio una conferma di questo.
“Kupe” parte insieme alle altre pittime a settembre, tenendosi stretta allo stormo per chilometri e chilometri. Ma il vento è forte, le altre pittime in volo correggono il tiro del viaggio per rimanere in stormo, e riescono a stare in carreggiata unite verso la direzione giusta. La destinazione finale, la grande baia di Firth of Thames, dell’Isola del Nord della Nuova Zelanda, sembra a uno schiocco di dita.
“Kupe”, in coda alle altre, però, non ce la fa a tenere il passo. Si stacca, non padroneggia bene la corsa a ostacoli con il vento, ma continua a volare da sola. Per 57 ore, in direzione ostinata e contraria, verso la meta. Ma poi, in difficoltà, si ritira. Torna indietro, fino alla parte del fiume Yukon del territorio d’Alaska. Di nuovo allo start della corsa, la stazione di partenza. Rimane lì per altri 11 giorni, disorientata.
Ma sa che deve tornare, e ci riprova. Un’impresa epica, per lei, senza punti di riferimento: solo il suo corpo, orizzontale, le zampe da trampoliere che si distendono oltre la lunghezza della coda, la sua livrea elegante schizza come un razzo a raggiungere il suo “inverno” neo zelandese. Arriva all’isola di Nuova Caledonia, ma si ferma di nuovo. Per altre, lunghissime, cinque settimane. Le mancherebbero 750 km per raggiungere la sua terra promessa, la fermata “Pūkorokoro”, il piccolo villaggio del Firth of Thames, dov’è l’oasi protetta. Ormai, ad aspettarla, oltre ai suoi compagni di stormo, ci sono anche i ricercatori del Pūkorokoro Miranda Shorebird Center. In particolare, Keith Woodley, il presidente del Pūkoroko Miranda Shorebird. Che, martedì mattina, sarà pronto per l’avvistamento e per accoglierla, finalmente, a casa.
“Kupe” ce l’ha fatta, dopo una non-stop tra la vita e la morte. La vera meta è stata proprio il lungo, mirabolante, viaggio. Ed è diventata, senza volerlo, simbolo di inenarrabile tenacia per tutti noi che ci siamo appassionati alla sua storia.