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Era il 17 dicembre 1989 quando fu trasmesso il primo episodio dei Simpson in prima serata, sulla Fox. Ed è così che nasce il primo cartone animato che assurge a telefilm o serie tv in orari preserali o addirittura serali. In Italia, questo stesso episodio fu mandato in onda due anni dopo, il giorno della vigilia di Natale del 1991. Il vero debutto italiano della serie americana, in effetti, era già avvenuta in ottobre dello stesso anno con un altro episodio: “Bart, il Genio”.
Quella che è la più lunga sitcom e serie animata americana mai trasmessa (più di settecento episodi) ha una storia a cui si potrebbe dedicare più di un romanzo. Fu creata dal fumettista Matt Groening nel 1987, andava in onda all’interno del programma The Tracey Ullman Show, come corto durante gli intermezzi pubblicitari. Pare che il disegnatore abbia abbozzato i personaggi – da Homer e Marge ai loro figli Bart, Lisa e Maggie – in pochi minuti, nella sala d’attesa del produttore dello show televisivo che poi ospitò la serie. Non voleva rinunciare ai diritti d’autore dei suoi “conigli umanizzati” che erano già protagonisti del suo fumetto Life in hell, allora si inventò lì per lì i nuovi personaggi di colore giallo Pantone 116 C, a cui diede i nomi della sua famiglia, eccezion fatta per Bart.
La prima puntata dei Simpson il 17 dicembre 1989
Il primo episodio trasmesso in prima serata è in realtà l’ottavo ad essere realizzato, come testimonia il cane Piccolo che compare in questa puntata per poi scomparire nelle sette puntate successive. È seguito da 13,4 milioni di americani, diventando già durante la sua prima messa in onda il secondo show più visto nella storia della Fox.
È certamente un racconto che annuncia al meglio chi sono i Simpson: la parodia della famiglia e della società americana, venata di satira e anche di espressione di libertà – codificata da contratto con la Fox, non mancano nemmeno le stilettate alla stessa e alla componente conservatrice repubblicana che l’emittente rappresenta. Fa capolino anche il sentimentalismo sotto traccia, tra cinismo e irriverenza. In “Un Natale da cani”, infatti, tutto ha origine dal tatuaggio che si fa Bart, disubbidendo ai genitori. Per farglielo togliere la madre Marge spende il denaro destinato ai regali di Natale. La donna confida nella tredicesima del consorte che è dipendente della centrale nucleare di Springfield, quando invece il capo dell’impianto decide di non corrisponderla. A questo punto subentra il marito Homer con una serie di consuete scelte infelici, dalla bistecca giocattolo regalata alla piccola Maggie fino al furto di un albero di Natale. Nel corso di “Un Natale da cani” si gioca, infine, il tutto per tutto naturalmente sui cani: Homer scommette a una corsa, puntando su un cagnolino che non arriva nemmeno in fondo. Eppure, l’episodio si chiude con un fortuito colpo da maestro, quando il figlio Bart che si trovava con lui si trova ad accogliere un cane appena abbandonato, dopo aver fatto da spalla a un Babbo Natale. Il trovatello che prende il nome di Piccolo diventa il più bel regalo per tutta la famiglia. Happy end.