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Digitalizzazione, è anche un tema di democrazia
di Silvia Cegalin
Immaginiamoci di vivere privi di connessione internet: è impensabile.
In alcuni territori del nostro Paese invece è proprio così: si è impossibilitati a lavorare in smart working, come risulta difficoltosa anche la visione di un programma in streaming, o una semplice videochiamata con un amico.
Fenomeno che viene indicato con il termine, ormai noto, di divario digitale; a questo punto è quindi importante chiedersi: a che livello è la digitalizzazione in Italia?
La vita digitale degli italiani
Un dato ce lo fornisce il recente report La digital life degli italiani realizzato dal Censis in collaborazione con Lenovo, da cui emerge che, sebbene il 70,4% degli italiani consideri in termini positivi l’aumento dell’uso e della presenza dei device elettronici nella propria quotidianità, sono 13,2 milioni i cittadini che lamentano disservizi internet, connessioni domestiche lente o malfunzionanti, mentre gli italiani senza una connessione di rete restano ancora 4,3 milioni.
Criticità presenti in maniera maggiore nelle aree geografiche isolate ed escluse dal servizio internet e senza banda larga, o nelle persone che, per ragioni economiche, sociali o culturali, non hanno le possibilità di accedere alle tecnologie dell’informazione.
Divario digitale: la frattura geografica tra Nord e Sud
Ad oggi chi subisce maggiormente il divario digitale sono le zone rurali, montuose e i territori alpini e appenninici, con una frattura che diviene più imponente tra le aree geografiche del Nord e quelle del Sud.
Dallo studio DESI 2021 (Digital Economy and Society Index) è emerso che per quanto riguarda l’indice di Digitalizzazione dell’economia e della società in Europa: su 27 Stati membri l’Italia si colloca solo al 20° posto, guadagnando, malgrado ciò, 5 posizioni rispetto l’anno precedente.
Un timido segnale di ricrescita che però non include la diffusione della banda larga, per cui l’Italia risulta ancora lontana nell’eguagliare la media europea, con una copertura di banda larga (100 Mbps) stimata al 28%, e una diffusione ad almeno 1 Gbps del 3,56%.
Percentuali che fotografano una realtà, specialmente di alcuni territori, che taglia fuori dalla trasformazione del digitale parte della popolazione; popolazione che si trova a non avere le medesime possibilità professionali, di informazione e comunicazione e di intrattenimento di chi, al contrario, vive in luoghi dove è presente un’efficiente connessione, non solo privata, ma anche pubblica.
La mancata istruzione digitale: le nuove forme di disuguaglianza
Un altro punto critico è il processo di alfabetizzazione digitale.
Alcune categorie e gruppi di cittadini risultano infatti emarginati dal processo di istruzione digitale, disparità che è sintomo di un altro tipo di divario, ovvero quello socioeconomico e culturale.
Anziani (digital divide intergenerazionale), donne in particolari condizioni (digital divide di genere), immigrati (digital divide linguistico-culturale) e i poveri, possono considerarsi tra le categorie di soggetti meno formati digitalmente.
Condizione, la loro, che in un periodo in cui il digitale ha assunto un ruolo preponderante anche nella vita di tutti i giorni, può rivelarsi invalidante. Non possedere le basilari competenze digitali può infatti causare un isolamento e un impedimento nell’esercitazione dei propri diritti (si pensi ad esempio alla votazione dei referendum tramite l’identità digitale SPID), oltre che un’esclusione dalle opportunità e dai vantaggi offerti dalle tecnologie stesse.
Se si vuole diminuire il divario digitale è importante, di conseguenza, portare da una parte la connettività nelle aree geografiche depresse, e dall’altra coinvolgere i soggetti esclusi, fornendo loro gli strumenti necessari per formarsi digitalmente: un’operazione di digitalizzazione paritaria e democratica che non può più essere rimandata.