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8 Gennaio 2022Medico di base per le persone senza fissa dimora. L’intervista al Consigliere Regione Puglia, Donato Metallo
di Lorenza Cianci
In Emilia-Romagna, la delibera della Giunta regionale alla legge che riconosce, ai cittadini e alle cittadine senza fissa dimora, il diritto di richiedere un medico di base, è arrivata il 27 dicembre scorso. Ed ora è ufficiale: le e i senza tetto potranno avere un medico di base. E iscriversi, tramite accertamento del Servizio Sociale, nelle liste degli assistiti delle aziende USL della Regione. Le ultime firme su una legge, la numero 10 del 29 luglio 2021, che ammette un diritto fondamentale, sancito dalla nostra Costituzione, all’articolo 32. La ricorderemo, in modo significativo, come “Legge Mumolo”, dal nome del suo primo firmatario, il Consigliere Regionale e Presidente dell’Associazione “Avvocato di Strada Onlus”, Antonio Mumolo.
Anche la Regione Puglia ha approvato un testo di legge affine a quello dell’Emilia-Romagna. Il 30 novembre scorso, e la legge è la 44. Primo firmatario della proposta, il Consigliere Regionale PD Donato Metallo che abbiamo raggiunto per un’intervista. Su questo e su altri temi sociali su cui è stato impegnato in questi anni di attività politica, come primo cittadino del Comune salentino di Racale e, poi, come Consigliere Regionale.
Consigliere Metallo, mi pare che la legge regionale n. 44 del 30 novembre scorso, che permette l’iscrizione dei e delle senza fissa dimora nelle liste degli assistiti delle Aziende USL Regionali, e della cui proposta lei è primo firmatario, sia nata dall’incontro di due “anime”. Una, di confronto interregionale, in particolare con l’Emilia-Romagna e con la legge, affine a quella pugliese, la “Mumolo”. L’altra anima è pugliese e più antica, la legge 32 del 2009. Che prevedeva, al comma 5 e 6 dell’articolo 10, le modalità di accesso alle cure essenziali e continuative, agli STP (gli stranieri temporaneamente presenti) e ai possessori di codice ENI, “che non risultano assistiti dallo Stato di provenienza, privi dei requisiti per l’iscrizione al SSR e che versino in condizioni di indigenza”. La legge sui senza fissa dimora può essere veramente nata dall’incontro di queste due “anime”? Oppure è scaturita da un altro tipo di sensibilità che lei ha colto dal territorio nell’ambito del suo lavoro, prima di sindaco e poi di consigliere?
«La verità è in entrambi gli indirizzi posti. Quella sensibilità e quell’esigenza scaturisce da alcuni incontri fatti su territorio con coloro che operano a favore delle persone senza fissa dimora. Gli operatori mi dicevano: “Abbiamo bisogno di medici per queste persone”. Era una richiesta a cui io non sapevo dare risposta, tecnicamente. Più di un mese dopo, mi arrivò, di notte, il messaggio di un amico: “Guarda, Mumolo in Emilia-Romagna sta facendo questo, ho pensato a te perché ti reputo la persona che può portare avanti una battaglia del genere, conoscendo la sensibilità e le battaglie, a livello di tematiche sociali, che conduci”. Ho scaricato la proposta di legge dell’Emilia-Romagna, quella presentata, all’epoca, da Antonio. Ho avuto la fortuna di poterlo incontrare, di avere anche un suo supporto, un suo parere. Poi, ci siamo visti durante la Festa dell’Unità.
Per quanto riguarda la 32 del 2009. Ti posso dire che, quando io comunicai agli uffici regionali l’idea e quindi gli mandai una bozza di proposta di legge, presi più o meno quella dell’Emilia-Romagna. Successivamente l’ho modificata, ma solo in un punto. Gli uffici regionali mi risposero, nel primo passaggio: “In Puglia non c’è bisogno di questa norma, perché c’è già la 32 del 2009”. Andando a leggere la 32 del 2009, appunto, l’articolo 10, mi resi conto che si dava copertura a determinate persone. Rimanevano fuori, però, una fetta di persone: che non avevano, comunque, copertura. Ribadii agli uffici che quella era la mia posizione: quella (la legge 32/2009, ndr), dalle carte lette, non copriva tutto. Gli uffici, poi, mi diedero ragione.
Rispetto alla leggedell’Emilia- Romagna, a cui chiaramente io mi sono ispirato, l’unica cosa che ho aggiunto, oltre alla definizione di persone senza fissa dimora, è stata una norma, l’articolo 2: la Regione Puglia poteva stipulare protocolli d’intesa con le Associazioni di volontariato, religiose, laiche e altro. Perché? Perché sono loro che, abitando, vivendo quotidianamente quei posti e avendo rapporti umani, personali, con quelle persone, possono portare questa notizia e svolgono il compito di facilitatori di accesso alle conoscenze».
La legge 32 del 2009. Sono passati 12 anni. All’articolo 10, si promuovevano, oltre alla possibilità di un medico di base agli immigrati e alle immigrate non regolarizzate con il permesso di soggiorno, altri servizi. Ad esempio, la presenza di mediatori linguistico culturali all’interno delle strutture sanitarie dove più ci poteva essere un accesso; oppure, servizi ambulatoriali dedicati, nei comuni in cui effettivamente queste persone più arrivavano. Dopo dodici anni, a livello di attuazione pratica di questa legge, lei mi sa dire a che punto siamo?
«Due riflessioni. Uno: quella legge, fatta dodici anni fa, era una legge molto coraggiosa. Se io la rileggo adesso, per me è coraggiosa anche adesso, quella legge. Era una legge di estensione dei diritti. In un’epoca in cui, forse, non ne parlavamo tanto. Non ne parliamo neanche adesso. Per quanto riguarda l’applicazione, non ho dati statistici da riportare; quindi, non ho dati oggettivi da porti. Ti posso dire che ancora parecchio c’è da fare. Sicuramente, c’è tantissimo da fare. La figura del mediatore culturale, in Puglia, non è stata ancora istituzionalizzata. Quindi, e non solo dal punto di vista normativo, c’è da istituzionalizzare una figura. Ma anche dal punto di vista delle presenze: in determinati contesti, noi abbiamo ancora zone molto buie, questo sì. Forse, visto lo spunto che mi stai dando, sarebbe un’ulteriore questione da prendere in mano, e da affrontare».
Ritornando alla legge su medico alle persone senza fissa dimora, al di là dei testi che sono comunque affini nei contenuti e nel testo, lei si è reso conto di una differenza di contesto tra le due realtà, quella della Puglia e quella dell’Emilia- Romagna?
«Io penso che in Emilia-Romagna ci sia una sensibilità diversa da questo punto di vista e anche un fenomeno di portata differente. Noi non abbiamo i numeri dell’Emilia-Romagna: viviamo in molti piccoli Comuni con città non grandissime. Quindi, il fenomeno, sicuramente, è minore. La regione Emilia-Romagna ha una tradizione, dal punto di vista della Sanità, di garanzia e di estensione dei diritti che la fa la Regione capofila e pionieristica, dal punto di vista nazionale. Quindi, sicuramente, ci sono contesti differenti. Io penso che, al di là delle norme, ci sia un contesto che le bypassa: un contesto di relazioni, di rapporti. Dove la differenza la fanno le persone, invece che una norma scritta. La regione Emilia-Romagna è attrezzata già per questo. Noi, forse, iniziamo un percorso: abbiamo tanti presidi sui territori, di persone che svolgono queste azioni meritorie. Bisogna metterle in rete, metterle insieme: e far capire a queste persone che anche i soggetti istituzionali come le Regioni vogliono entrare in quelle zone d’ombra. Adesso, diamo un qualcosa di diverso, un qualcosa che passa dalla medicina d’urgenza, che è il Pronto Soccorso, che è l’ospedalizzazione, alla medicina che, per me, è cura, è prevenzione».
Si tratta di una visione del mondo diversa.
Assolutamente. In ultima istanza, ma non in un’ultima istanza (e questo ci fa capire le assurdità e i paradossi che viviamo quotidianamente), questa legge ha un saldo zero o saldo positivo. Cioè, il costo per un posto in Pronto Soccorso, l’accesso, è stato quantificato in 250 euro. Un’ospedalizzazione al giorno dalle 400 alle 800 euro. Il medico di base costa circa 100 euro l’anno. Quindi, anche da quel punto di vista, non ci poteva essere la scusa: “non ci sono soldi”».
Secondo lei, i cittadini e le cittadine pugliesi sono pronti a discutere dei temi sociali?
«Io penso che, non solo, siano pronti. Io penso che abbiano bisogno e che ce le chiedano, queste cose. La gente ha bisogno di cose serie, di cose che tocchino la quotidianità. La legge sui senza tetto toccherà forse mille persone, in Puglia. Ma l’accoglienza che ha avuto è stata fortissima. Forse la legge che, più di tutte, in quest’anno, ha riscosso successo e accoglimento. Questo ti fa capire che non siamo su una strada sbagliata. È che molto spesso ci fidiamo poco delle persone: bisognerebbe sfidare e osare, da questo punto di vista. Un diritto in più per una persona non è mai diritto negato per un’altra. Anzi, nel futuro, potrebbe essere un ulteriore diritto per quell’altra persona».
Rimanendo sul tema dei diritti, lei ha fortemente appoggiato la proposta di legge Zan che poi non è passata al Senato. Proprio qualche giorno fa lei ha rilasciato un’intervista all’emittente televisiva Antenna Sud, e ha spiegato alla giornalista Carrozzo, l’arrivo di un’altra proposta regionale sulla tutela dei diritti LGBTQI+. Dico un’altra proposta perché, dalle sue dichiarazioni, si tratta di un «percorso della legge regionale che fu portata, nella precedente legislatura, 18 volte in Consiglio e mai discussa».
«Abbiamo ripreso, io e il Consigliere Paolicelli, insieme a tutte le associazioni che si occupano di diritti, un disegno di legge a firma del compianto Totò Negro. Questo disegno di legge, dopo essere andato nelle varie commissioni consiliari per oltre un anno, si è, finalmente, portato in Consiglio: calendarizzato 18 volte e mai discusso. Noi abbiamo ripreso quella base di disegno di legge. E, poi, lo abbiamo aggiornato giuridicamente. Questa proposta di legge, adesso, è stata depositata, e attende alcuni pareri. Alcuni sono già arrivati, ma ne attendiamo altri, insieme al referto tecnico, cioè, alla norma finanziaria. Dopodiché, se ci sarà da correggere in base a questi referti, si correggeranno quelle parti che gli uffici hanno ravvisato illegittime o non di competenza regionale. Chiaramente, anche questo lavoro di verifica sarà fatto tutti insieme. E, la cosa bella, è che questa proposta di legge è stata, per adesso, firmata da oltre 30 Consiglieri regionali: in Consiglio siamo 51, quindi la maggioranza già molto forte. Perché, la paura che noi avevamo è che sarebbe stata affossata, come è stata affossata l’altra, precedente; uno, con le questioni tecniche, di tempo; due, calendarizzata e mai discussa. Vi è una norma in Consiglio che ci permette di apporre cinque firme e chiedere la discussione d’urgenza di una proposta di legge. Avendone già 30, siamo fiduciosi, ottimisti. Certo, ci saranno ancora delle difficoltà. Io ne sono consapevole: perché parliamo di una legge importante, non solo come portata di interventi. È una legge partigiana, che dice da che parte stiamo, senza se e senza ma. Che viene, però, incontro a quelle che sono le esigenze. È una legge che tratta di scuola, di imprese, di sanità, che tratta i campi di cultura, i campi della vita quotidiana. E ci mettiamo anche, rispetto a un Ddl che aveva una copertura economica di 50 mila euro (la proposta di legge Negro, ndr), quindi una legge fortemente simbolica ma poco d’impatto, 250 o 300mila euro (all’art.10, Norma finanziaria, ndr), più le somme che sono già in bilancio e che sarebbero dirottate su questi servizi».
Per quanto riguarda le scuole, credo che già nella proposta Negro, ci fosse qualcosa di relativo all’entrata negli Istituti scolastici con questi temi. In che modo pensate di farlo?
«Questo articolo di legge parte un po’ da una dichiarazione di Zan. Zan disse (è una libera citazione dal capitolo 11 di “Senza Paura”, di Alessandro Zan, alle pag. 96-97; ndr): quando io ero ragazzo, mi erano negate alcune cose. I miei amici parlavano dei loro amori. Io queste cose non le potevo dire a nessuno. Non le potevo dire a casa, non le potevo dire agli amici, né agli insegnanti. E continua, dicendo: in quel periodo della mia vita, avere un insegnante che sa dire le parole giuste, fa la differenza tra il tutto e il niente. Allora ci siamo posti questo problema, che è quello che ci chiedono anche gli insegnanti. Di essere formate a trattare questi argomenti: questa legge pone delle somme sulla formazione, di insegnanti e genitori. Non siamo entrati, chiaramente, nella didattica, cosa che non potevamo fare: rischio di incostituzionalità. Ma siamo andati a supportare quello che già le linee guida della Buona Scuola hanno portato, nelle scuole: la lotta a ogni forma di discriminazione, dal cyberbullismo a tutto il resto. Noi ci concentriamo, però, fortemente, sulla formazione degli insegnanti e dei genitori».
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