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di Salvatore Baldari
Nucleare e gas per la svolta green?
È quanto compare nella bozza della tassonomia che la Commissione Europea presenterà ai Governi e al Parlamento europeo. La proposta si fonda sul presupposto che il gas e il nucleare siano necessari per favorire la transizione verso un mix energetico a più basso impatto di gas serra.
A svelare in anteprima il documento della tassonomia di Bruxelles è stato il noto tabloid britannico Financial Times.
Le centrali nucleari
Le centrali nucleari rilasciano poche emissioni di gas serra nel corso della loro attività, fra i 65 e 75 grammi di Co2 per chilowattora, a fronte dei 180-200 emessi da quelle a gas e i 600-800 da quelle a carbone. Per le stime della Commissione a guida Von der Leyen, raggiungere gli obbiettivi di de-carbonizzazione senza ricorrere all’energia nucleare sarà molto difficile. Se la maggioranza dei membri dell’UE sosterrà la proposta, diventerà legge dal 2023. Ma niente lascia presagire che si andrà in quella direzione. La proposta ha immediatamente diviso i Governi e le comunità dei vari Stati membri, creando fronti contrapposti. Tra i Paesi a trarre maggior beneficio dalla scissione dell’atomo è senza dubbio la Francia, che attraverso il nucleare si procura quasi il 70% della propria energia. I cugini transalpini sono, tra l’altro, nel mezzo di un dispendioso programma, da almeno cinquanta miliardi di euro, per l’ammodernamento e la manutenzione degli impianti.
A guidare il fronte dei contrari c’è la Germania che recentemente ha disposto lo spegnimento di tre dei suoi sei impianti nucleari, fra cui quello di Grondhe in Bassa Sassonia, attivo da 36 anni e in grado di generare oltre quattrocento miliardi di chilowattora, più di qualsiasi altro al mondo.
‹‹La Germania dovrebbe esaurire tutte le possibilità per impedire di promuovere questa tecnologia a livello europeo. – ha tuonato Miersch, dirigente del partito di maggioranza tedesco – L’energia nucleare non è sostenibile e non ha assolutamente alcun senso economico. Il futuro deve appartenere solo alle energie rinnovabili, specialmente a livello Ue››.
Ci sarebbe da aggiungere, come nota in calce, che la Germania attualmente è fra i Paesi europei che più di tutti ricorre alle centrali a carbone.
A fare da eco a Berlino, c’è l’Austria con il ministro Gewessler che non ha usato mezzi termini minacciando su twitter: ‹‹Se questi piani dovessero essere attuati, presenteremo un’azione legale!››, accusando la Commissione europea di “ambientalismo di facciata”. Dal Lussemburgo, il Ministro per l’Energie Turmes, ha definito il documento “una provocazione”. In Belgio si registra un fenomeno particolare. Il Governo, infatti, ha intrapreso la strada dell’uscita dal nucleare, sotto pressione tedesca, ma negli ultimi tempi le posizioni dell’opinione pubblica hanno iniziato ad opporsi a questa scelta, invocando una inversione di rotta.
Altri Stati come Bulgaria, Finlandia, Romania e Ungheria stanno incrementando la loro produzione nucleare, rivolgendosi addirittura a finanziatori non comunitari, dagli USA alla Cina e alla Russia.
Sulla stessa sponda la Polonia che ha recentemente deliberato un programma nucleare, al pari di Repubblica Ceca e Slovacchia, assolutamente convinte di continuare sulla scia dell’atomo. Anche l’Estonia, il Paese europeo con il mix energetico più sporco dei 27 non si sottrae alle potenzialità del nucleare.
Rimangono Spagna, Svezia e Olanda che già ricorrono al nucleare, seppur in minima parte.
Il gas naturale
Insieme al nucleare, come accennato, rinveniamo nella tassonomia green anche il gas naturale. L’inclusione del gas naturale sosterrebbe l’influenza delle posizioni strategiche di alcuni Paesi membri, poiché i gasdotti provengono da sud e da est, quindi inesorabilmente i primi beneficiari sarebbero Italia e Germania, basti citare la posta in gioco sul Nord Stream 2, il più lungo al mondo. Le trivelle ferme nell’Adriatico e quelle delle Croazia che estraggono lo stesso gas a poche decine di chilometri di distanza sono l’emblema di questo capitolo.
La volatilità dei prezzi sul gas delle ultime settimane è schizofrenica ed imprevedibile.
La difficoltà di soddisfare il fabbisogno energetico del nostro continente ha portato all’episodio senza precedenti di questa settimana, quando tredici navi cariche di gas naturale liquefatto, provenienti da Usa e Africa occidentale, sono state deviate dalla loro destinazione prescritta, cioè il porto di Tianjin, nel Nordest della Cina, per convogliare verso l’Europa, disposta a pagare di più.
Tutto ciò per impedire una drammatica crisi energetica, dal momento che la Russia, il maggior fornitore, continua a tenere chiusi i rubinetti per ragioni politiche, legate alla vicenda ucraina.
Il documento svelato dal Financial Times, detta però delle condizioni per il ricorso al gas, ovvero, la CO2 emessa non dovrà superare i 270 grammi per chilowattora. E soprattutto, i finanziamenti sul gas saranno erogati soltanto se in sostituzione di petrolio e carbone. Condizioni, che come ha fatto notare Il Sole 24 Ore metterebbero in seria difficoltà gli impianti italiani principali, che per le loro caratteristiche potrebbero non accedere ai finanziamenti “green”.
La Commissione Europea ha stabilito delle condizioni anche per l’energia nucleare, che verrà considerata una fonte sostenibile, soltanto se i Paesi saranno in grado di smaltire in piena sicurezza le scorie. “È necessario riconoscere che i settori del gas fossile e dell’energia nucleare possono contribuire alla decarbonizzazione dell’economia dell’Unione”. Questo si legge dalle carte messe a punto da Bruxelles.
Si attende, a questo punto, il disco verde della Commissione europea e del Parlamento UE. Ma ancor prima, si attendono settimane e mesi di dibattiti infuocati nelle opinioni pubbliche e nei partiti politici di ogni singolo Stato membro.