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3 Febbraio 2022Gas naturale, tra monopolio e costi. Come ridurre la dipendenza
di Salvatore Baldari
Nei primissimi anni del Novecento, l’inventore Thomas Edison, noto soprattutto per aver consegnato al mondo le lampadine, inaugurò uno stabilimento industriale per la produzione di batterie elettriche ricaricabili, impiegate per alimentare un nuovo modello di automobili, in grado di rimpiazzare quelle tradizionali con il motore a scoppio. Purtroppo, però, l’intuizione di Edison non portò i frutti sperati e i veicoli elettrici scomparvero dalla produzione commerciale, nel giro di pochi mesi.
La conferenza di Glasgow
Trascorso oltre un secolo, alla Conferenza di Glasgow andata in archivio poche settimane fa, centoquaranta Paesi nel mondo hanno sancito l’impegno di azzerare le emissioni di anidride carbonica entro il 2050 e, le stesse case automobilistiche che frantumarono il sogno di Edison, hanno garantito di rendere elettriche le proprie produzione entro il 2035.
Che cosa significa elettrificare
Tuttavia, gli intoppi sono dietro l’angolo. Elettrificare troppo velocemente, senza considerare alcuni aspetti fondamentali, può drasticamente compromettere questa auspicata transizione. Una complicazione che entra a gamba tesa nelle case dei cittadini europei, i quali si ritrovano fra le mani bollette di gas e luce aumentate del 55% e che, nei telegiornali, assistono a Vladimir Putin giocare ai soldatini, accerchiando l’Ucraina e tenendo sotto scacco l’Europa.
Occorre innanzitutto sgombrare il campo dalle ipocrisie e partire dal presupposto che l’elettricità non è necessariamente pulita.
Nel 2019, la mappa dell’Agenzia Internazionale per l’Energia che descrive per ogni Paese le origini e gli impieghi di energia racconta come l’elettricità copriva il 20% del fabbisogno energetico globale, con il petrolio che valeva almeno il doppio, e come il settore dei trasporti, prevalentemente a benzina e diesel, assorbiva un terzo dei consumi.
Le centrali che generano elettricità erano alimentate per il 70% da fonti mediamente inquinanti come il gas naturale o altamente inquinanti come il carbone. Le fonti rinnovabili, al contrario, pesavano per appena un quarto.
Se vogliamo schematizzare, nel mondo pre-pandemico, l’energia solare ed eolica forniva poco più del 3% e, di questo, oltre la metà era prodotta dalla Cina.
Dato il contesto, per l’Europa la situazione è parsa obbligata, spostarsi sull’elettrico solare ed eolico, con una tappa intermedia sul gas. Negli ultimi due anni, questo percorso si è messo in moto, molto velocemente, con evidenti effetti collaterali. E concedendo un vantaggio strategico alla Russia, che può permettersi di attendere i nostri passi falsi.
Il gas e l’andamento del prezzo
L’Ucraina è attraversata da un gasdotto che collega la città di Nadym all’Austria. L’Europa importa oltre il 40% del gas dalla Russia, una dipendenza che aumenterà al completamento del North Stream, con approdo direttamente in Germania.
Nel frattempo, il prezzo del gas naturale è schizzato alle stelle. Basti pensare che negli ultimi dieci anni non aveva mai superato i trenta dollari al megawatt, mentre negli ultimi quattro mesi oscilla fra i settanta e i centoquaranta dollari.
Ridurre la dipendenza dal gas richiede una strategia vera.
Come ridurre la dipendenza dal gas naturale
In una recente analisi l’economista Francesco Grillo ha provato a tracciare delle linee guida, che intendiamo proporvi. Diversificare, innanzitutto, le esportazioni chiedendo agli Stati Uniti più impegno sulla fornitura di gas naturale. Costruire filiere industriali europee per accelerare sulle rinnovabili e, in Italia, risolvere il problema dei permessi e delle concessioni per l’installazione degli impianti, negati spesso con motivazioni paradossalmente proprio pseudo-ambientali. Aumentare l’affidabilità delle rinnovabili, investendo sulla capacità di immagazzinamento e sulla cessione di quote di elettricità in eccesso tra famiglie, imprese e comunità. Un altro obbiettivo è ridurre gli sprechi, impiegando tecnologie in grado di condividere risorse scarse e immaginando incentivi per l’efficienza energetica. Dotarsi di riserve di combustibile per far fronte a strozzature dell’offerta e definire regole nuove per un mercato basato su fonti energetiche, più volatili di quanto non lo fossero i vecchi giacimenti di petrolio.
Eccoci qua, oltre un secolo dopo Edison, nuovamente all’inizio di una transizione che può stravolgere il mondo. Oggi come allora, però, rischiamo una brusca frenata, se facciamo prevalere gli annunci sui dettagli. Se alla visione non faremo coincidere il pragmatismo, lasceremo terreno fertile a chi si oppone al futuro, per convenienze di parte o ritrosie ideologiche. Rispetto ai giorni del mai dimenticato Thomas Edison, adesso siamo costretti a non sbagliare, perché in ballo c’è la sopravvivenza della società che le precedenti generazioni hanno costruito per noi.