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Il viaggio e il racconto per laredazione.net
di Maurizio Benedettini
La guerra in Ucraina ci ha colti impreparati. Le sensazioni si accavallano, si rincorrono. Prima incredulità, poi rabbia e uno spiacevole senso di impotenza. La guerra chiama guerra e tutte le guerre hanno radici profonde che partono da lontano.
Lo Yemen non fa eccezione. Come Libia, Etiopia e Myanmar è una nazione “tribale”. Nel corso degli ultimi 20 anni è stato possibile visitarlo per brevi periodi e solo in determinate zone. Tra il nord e il sud c’è sempre stato un confine immaginario e anche all’interno della stessa regione spesso mi hanno controllato i documenti spiegandomi che stavo attraversando zone sotto controllo di diverse tribù. Camminare nella città vecchia di Sana’a, fondata più di 2.500 anni fa, era come immergersi in un presepe, con le case che pare si debbano sciogliere alla prima pioggia. Ovviamente non succede, forse perché non piove quasi mai. In compenso ci hanno pensato i bombardamenti dei Sauditi a distruggere parte di un patrimonio Unesco dal 1986 e, di recente, anche i cambiamenti climatici.
Gli yemeniti che ho conosciuto sono aperti, gentili, disponibili e ospitali. E sono tutti armati. Chiunque, compresi i turisti, potevano comprare con estrema facilità un’arma, dalla jambia (il coltello ricurvo tipico dello Yemen) al Kalashnikov.
Nell’unica libreria, in tanti diversi formati, un unico libro: il Corano.
Dal 21 settembre 2014 in questo affascinante Paese è in corso una guerra civile considerata dall’ONU come la peggiore crisi umanitaria al mondo. Da allora i ribelli Houthi combattono per il controllo delle regioni meridionali del Paese, sostenuti dal precedente regime del presidente Saleh, messo da parte nel corso della primavera araba nel 2011.
Il presidente legittimo Hadi, succeduto a Saleh, era stato messo dai ribelli ai domiciliari, poi era riuscito a fuggire ad Aden, attuale sede provvisoria del governo yemenita, riconosciuto a livello internazionale e poi in Arabia Saudita, dove si trova tutt’ora. Al momento, gli Houthi controllano il Nord del Paese e la capitale Sana’a.
Il presidente Hadi è sostenuto da una coalizione guidata da Riad che comprende Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Sudan, Bahrain, Kuwait, Qatar, Egitto, Marocco, Giordania e Senegal.
Gli Houthi invece sono sostenuti dall’Iran e dalle milizie libanesi filoiraniane di Hezbollah, sebbene le parti neghino il loro coinvolgimento.
Il conflitto è entrato così a far parte di una serie di tensioni regionali e culturali nel Medio Oriente tra sciiti e sunniti. La solita storia.
Yemen, Russia e Ucraina: guerre che si intrecciano
Il 28 febbraio 2022 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha votato per estendere l’embargo sulle armi a tutti gli Houthi. La risoluzione è stata adottata con undici voti favorevoli e quattro astensioni. La Russia vicina all’Iran che sostiene i ribelli yemeniti, ha votato a favore della risoluzione. Alcuni diplomatici ritengono ci sia stato un accordo tra Mosca e Abu Dhabi affinché quest’ultima si astenesse dalle votazioni delle Nazioni Unite sull’invasione russa dell’Ucraina iniziata lo scorso 24 febbraio. Le stesse fonti hanno affermato che Abu Dhabi avrebbe agito per impedire alla Russia di porre il veto all’adozione del più ampio embargo sulle armi contro gli Houthi.
Sia gli Emirati che la Russia ovviamente hanno negato di essersi accordati per una sorta di voto di scambio.
Le conseguenze della “operazione militare speciale” della Russia in Ucraina si ripercuoteranno anche in Yemen. Da un lato si ridurranno le scorte di generi alimentari e di grano di provenienza ucraina e dall’altro la polarizzazione tra Russia e Occidente ostacolerà ulteriormente il processo di pace. Oltre ai risvolti politici e diplomatici, la crisi ucraina aggraverà ulteriormente la situazione umanitaria in Yemen in un momento in cui oltre il 40% della popolazione dipende dagli aiuti alimentari forniti dal World Food Programme.
In questo sfortunato Paese, diverse agenzie umanitarie e delle Nazioni Unite hanno già riferito che molto presto sospenderanno la fornitura di aiuti a causa della mancanza di fondi, mettendo così in pericolo la vita di 13 milioni di yemeniti, mentre la guerra ne ha già condannati quasi 5 milioni ad uno stato di malnutrizione.
Non giriamoci dall’altra parte, ognuno di noi può fare qualcosa. Leggere e capire è già un buon punto di partenza.