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12 Giugno 2022Salario minimo, ecco cosa prevede l’accordo
di Salvatore Baldari
Un tour de force di nove ore per suggellare un anno e mezzo di negoziati.
Questo è il riassunto della trattativa serrata, negli stanzoni di Strasburgo, sul salario minimo europeo. Una prima proposta di Direttiva risaliva ad Ottobre 2020 e soltanto nella notte fra il 6 e il 7 Giugno di quest’anno, si è raggiunto un accordo, come annunciato su Twitter dall’account della Commissione Affari sociali del Parlamento europeo. Dopo l’accordo attende ora il via del Parlamento Ue (che però non può più emendare il testo) e la ratifica del Consiglio Ue. A quel punto, gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepirla.
La direttiva non indicherà massimi e minimi salariali, punterà invece nel rispetto delle differenze dei modelli di mercati del lavoro, a impostare un quadro procedurale per fissare salari minimi ‹‹adeguati ed equi››.
Attualmente il salario minimo legale esiste in 21 Paesi. Fanno eccezione Italia, Austria, Svezia, Danimarca, Finlandia, Cipro. Tuttavia, le differenze tra i Paesi Ue sono considerevoli. Come si legge su Il Sole 24 Ore, si va dai 332 euro al mese della Bulgaria ai 2.256 del Lussemburgo.
In Italia il tema è oggetto di un dibattito fra le forze politiche e le parti sociali e come, spesso accade dalle nostre parti, assumendo i connotati di un derby su cui far scatenare le curve degli ultras.
La questione divide la maggioranza a sostegno del Governo, guidato da Mario Draghi, anche se la sensazione è che alla fine, così come avvenuto su concorrenza e delega fiscale si potrà arrivare ad una mediazione.
In Commissione Lavoro al Senato è fermo dal 2018 un provvedimento a firma della pentastellata Nunzia Catalfo, già Ministro del Lavoro ai tempi dell’esecutivo gialloverde
Proprio il Movimento 5 Stelle è fra le parti che più spingono per l’approvazione in tempi rapidi di un testo in materia.
Una posizione su cui sono allineati il Partito Democratico e l’attuale Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, che ha salutato positivamente l’accordo raggiunto in sede europea.
La pensa diversamente il Ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, il quale, dal palco del Festival dell’Economia di Trento ha recentemente manifestato la propria contrarietà.
Più neutrale la posizione della Lega, non ritenendo la questione così cruciale.
Della stessa idea Confindustria, dal momento che tutti i contratti sottoscritti dalla principale associazione degli industriali sono superiori alla soglia di 9 euro all’ora, target su cui si ipotizza si fisserà il salario minimo.
A favore, seppur con sfumature diverse, le tre sigle sindacali Cigl, Cisl e Uil.
La Direttiva favorisce la contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari e dei livelli adeguati di salari minimi legali.
Proprio su questo terreno, gli Stati membri, con un tasso di copertura della contrattazione collettiva inferiore all’ottanta percento, dovranno potenziare il coinvolgimento delle parti sociali di parteciparvi.
Snodo dirimente è la valutazione dell’adeguatezza dei salari minimi, da fissare secondo dei criteri chiari e stabili, oltre alla ponderazione delle cosiddette “variazioni e trattenute”.
La sensazione è che gli Stati membri avranno ampia discrezionalità sulle modalità di attuazione della Direttiva, costruendo misure più aderenti ai propri contesti sociali e alle proprie tradizioni, magari andando ad individuare i minimi per ciascun settore.
È evidente che, comunque, la fissazione di un salario minimo non sarà risolutiva, senza andare ad incidere su altri aspetti del working-poor, dal cuneo fiscale ai contratti pirata, senza tralasciare altre pratiche abusate nel nostro sistema-lavoro, come i tirocini, false partite Iva e le false cooperative. E perché no, approvare finalmente, così come scritto sulla nostra Costituzione oltre settanta anni fa, una legge sulla rappresentanza sindacale.