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Battaglia politica sul rigassificatore, ecco che cos’è
Da alcune settimane in Italia è in corso la disfida di Piombino, a causa dell’ipotesi di realizzare nella città toscana un impianto di rigassificazione galleggiante (FRSU). La vicenda, anche a causa della campagna elettorale, sta assumendo i tratti tipici di una tragicommedia all’italiana. Il tutto nel pieno della crisi energetica e della stringente necessità, per il Paese, di ottenere nuovi approvvigionamenti delle risorse necessarie.
I partiti e le proteste locali
A parole, a livello nazionale, praticamente quasi tutti i principali schieramenti politici sono favorevoli alla nuova infrastruttura. E sostengono, anche se con distinguo e sfumature diverse, la necessità del rigassificatore allo scopo di non dipendere più dalle forniture di gas russo. Nei fatti però la questione è molto più complessa, anche a causa delle forti proteste della comunità locale che si oppone all’impianto. I motivi sarebbero da ricercare nei timori dei cittadini per le possibili conseguenze ambientali e per le ricadute negative sull’economia locale.
In questa fase il partito più esposto è quello che gode dei favori del pronostico per la vittoria finale del voto del 25 settembre: Fratelli d’Italia. Appartiene proprio al partito guidato da Giorgia Meloni il sindaco di Piombino, Francesco Ferrari. La fascia tricolore nelle ultime settimane ha guidato le proteste. Anche Forza Italia, pur mostrandosi favorevole all’idea dell’impianto, ha sottolineato con alcuni suoi esponenti che “su Piombino bisogna discutere”.
Il Partito democratico, che esprime in Toscana il governatore Giani (attuale commissario straordinario all’opera) ed in Emilia Romagna Bonaccini (allo studio c’è anche la realizzazione di un rigassificatore a Ravenna), deve fare i conti con le sezioni locali che protestano. Il M5S e Sinistra Italiana con i Verdi sono contrari e poi c’è la Lega, sospesa tra i vertici nazionali (Giorgetti: “non si può dire di no”) e le preoccupazioni dei militanti e dei simpatizzanti toscani. Probabilmente solo Il terso polo (Renzi/Calenda) ha assunto posizioni ferme e nette sull’ok all’opera pubblica.
Perché un rigassificatore e come funziona
L’approvvigionamento di gas può avvenire, sostanzialmente, in due modi. Allo stato gassoso, trasportato attraverso i famosi metanodotti fino agli impianti di distribuzione, o allo stato liquido (siglia GNL). In questo secondo caso viene trasportato su “navi metaniere”. In pratica, una volta estratto da un giacimento, viene portato allo stato liquido per essere caricato sulle navi e poi portato ad un impianto di rigassificazione. Qui resta in grossi serbatoi coibentati e tenuto a temperature molto basse (-160 gradi): successivamente viene riscaldato per riportarlo allo stato gassoso e può essere immesso nella rete locale, arrivando a case, aziende, edifici pubblici e privati. Un rigassificatore, sfruttando l’acqua del mare, recupera una fonte di calore inesauribile, infinita e gratuita. Il rigassificatore, infatti, pesca l’acqua marina, la fa passare vicino (e non a contatto) col gas liquido e lo scambio di temperatura riporta il gas da naturale/liquido allo stato gassoso.
Perché Piombino (e Ravenna)
Attualmente in Italia ci sono tre impianti (Rovigo, La Spezia, al largo di Livorno) che ricevono gas naturale liquido (GNL) e, lavorandolo, lo riportano allo stato gassoso.Queste strutture però sarebbero a 2/3 di capacità operativa massima. Da qui la necessità, e l’urgenza, di costruire altre infrastrutture analoghe. Recentemente la Snam, la società che in Italia opera nel settore energetico, ha acquistato due navi metanifere e, in linea teorica, quella destinata a Piombino, la Golar Tundra, potrebbe iniziare a lavorare già ad aprile 2023. Se diventasse operativa garantirebbe uno stoccaggio di quasi 200mila metri cubi con una capacità di rigassificazione annua di circa 5 miliardi di metri cubi. Non è poco, anzi. Funzionando a pieno regime potrebbe arrivare a coprire il 6/7% del fabbisogno nazionale di gas. Ma perché proprio Piombino? Perché ha un porto con profondità perfetta per le navi e dista appena 8 km dalla rete di metanodotti locali. Inoltre il gas ottenuto in Toscana potrebbe servire più facilmente le aziende e le famiglie del Nord Italia, nel momento in cui verranno a mancare le forniture dalla Russia. Ipotizzare di realizzare un impianto, non in Toscana, ma ad esempio a Gioia Tauro (Calabria) sarebbe complicato perché, come è stato calcolato, la rete di metanodotti meridionale sarebbe quasi satura e faticherebbe a trasferire il gas anche al nord.
Per l’altro rigassificatore, che verrebbe installato a Ravenna (avvio previsto nel 2024), si calcolano in totale 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno, praticamente il 30% della quantità di gas che l’Italia ha importato dalla Russia nel 2021 (29 miliardi di metri cubi).
Il prossimo inverno e i razionamenti
In questi mesi l’Italia ha cercato di aumentare le scorte ma vista la forte instabilità internazionale deve programmare nuovi approvvigionamenti per non ritrovarsi a fare continui razionamenti o, peggio ancora, ad esaurire le scorte. Questo spiega perché il governo e le autorità nazionali stanno prevedendo già dai prossimi mesi una riduzione del consumo di energia attraverso un uso contingentato sia nelle strutture pubbliche, sia nelle aziende che nei condomini privati.
Perché le comunità locali sono preoccupate
Le preoccupazioni dei cittadini residenti nei luoghi di installazione dei rigassificatori vertono sostanzialmente su questi quesiti: si raffredderà l’acqua del mare? Le navi utilizzando cloro inquineranno il mare? Un impianto enorme che gestisce gas (dunque elemento a rischio) può creare pericoli? L’impianto ostacolerebbe le altre attività nel porto creando, ad esempio, danni alla pesca?
Gli esperti, naturalmente, hanno una risposta per ogni domanda, fatto salvo il principio che opere infrastrutturali a “rischio zero” non esistono. Poi è altrettanto vero e stringente il dato che se l’Italia vuole ottenere nuove forme di approvvigionamento energetico nulla si ottiene a “costo zero”, in modo indolore e senza conseguenze. Per tutto questo, la querelle su Piombino promette di restare tema caldo per tutta la campagna elettorale ed anche oltre.