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La polizia morale abolita? Una fake news diffusa dai grandi media occidentali
Il 4 Dicembre sarà una data che verrà ricordata per uno dei casi di disinformazione più eclatanti dell’Occidente, perché a diffondere la fake news sono stati i grandi e stimati media occidentali.
È il New York Times il primo a dare la notizia. Il titolo dell’articolo è: Iran Has Abolished Morality Police, an Official Suggests, After Months of Protest, una notizia, questa, aggiornata il giorno dopo, riguardante l’abolizione della polizia morale in Iran, che verrà ripresa da moltissime altre testate americane, tra cui il Wall Street Journal, ma anche giornali europei e ovviamente italiani.
La notizia, si verrà a scoprire 24 ore più tardi, è una falsa notizia e la sua diffusione potrebbe favorire la propaganda del regime islamico iraniano, infatti i giornali occidentali hanno venduto questa notizia come se l’Iran fosse finalmente libero dalla polizia morale e le donne potessero iniziare ad andare in giro senza velo, in molti casi si è parlato di una vittoria delle donne. Peccato che nulla di tutto ciò che è stato scritto fosse vero, eppure la notizia ha preso a diffondersi come una macchia d’olio.
Come nasce questa fake news
Senza fare alcun fact-checking il New York Times ha ripreso una dichiarazione del procuratore generale dell’Iran, Mohammad Jafar Montazeri, pronunciata durante un discorso nella città santa di Qom e riportata dall’agenzia di stampa iraniana Isna. Durante quell’occasione Montazeri avrebbe asserito che il paese aveva sciolto la cosiddetta polizia morale; un’affermazione però ambigua in quanto allo stesso tempo il procuratore dichiarava che la magistratura iraniana avrebbe continuato il controllo e la supervisione del comportamento sociale. Inoltre, considerando che il suo dipartimento non è responsabile della polizia morale, egli non può decidere se e come sciogliere questo organo, per questo motivo la notizia appariva alquanto dubbia.
Ma c’è di più: alla tv di Stato iraniana in lingua araba Al-Alam, il ministero dell’Interno di Teheran ha confermato: «Nessun funzionario della Repubblica islamica dell’Iran ha detto che la Guidance Patrol è stata chiusa».
La notizia dell’abolizione della polizia morale se fosse stata vera avrebbe cambiato le sorti dell’Iran, significando che la Rivoluzione popolare e le proteste del popolo iraniano stavano riuscendo nel loro intento,ma purtroppo questa notizia non era reale. In Iran tutto è rimasto come sempre, se non peggio, con la polizia morale che controlla e ferma per strada le donne che in base ai principi dell’Islam non rispettano le regole della buona condotta.
Ma perché diffondere questa fake news? Tra le motivazioni c’era sicuramente quella di stemperare le innumerevoli proteste oramai diffuse in tutto l’Iran e frenare il sostegno internazionale che i manifestantistanno ricevendo, oltre che dare l’impressione all’Occidente che la situazione in Iran si stava gradualmente risolvendo. A tal riguardo Amnesty International ha invitato la comunità internazionale a non lasciarsi ingannare da dubbie affermazioni sullo scioglimento della polizia morale.
Amnesty non è stata la sola a denunciare questo fatto di disinformazione, anche molti giornalisti, attivisti e iraniani hanno dichiarato di fare attenzione alla propaganda instillata dal regime, in primis Masih Alinejad.
Cos’è la polizia morale
La polizia morale in inglese guidance patrol e in persiano gasht-e ershad, viene fondata nel 2005 durante l’amministrazione del presidente Mahmoud Ahmadinijad con lo scopo di controllare il codice di condotta, basata sulle leggi morali, dei cittadini iraniani.
Tra i compiti della polizia morale c’è quello di garantire l’osservanza dell’hijab e vigilare che gli abiti indossati dalle donne non facciano trasparire forme o parti del corpo.
Come funziona? Gli agenti della polizia morale pattugliano le strade e le zone all’interno di furgoni con poliziotti sia maschili che femminili per vigilare che nessun comportamento considerato immorale avvenga per le strade e nei luoghi pubblici, per questo agiscono anche agenti sotto copertura con la funzione di denunciare i trasgressori alla polizia. Coloro, specialmente donne, che non rispettano le leggi della moralità ricevono un avviso o vengono scortati in un istituto correzionale e di consulenza, o in una stazione di polizia, dove sono costretti ad assistere a una conferenza sull’hijab e sui valori islamici. Per essere rilasciati devono chiamare qualcuno che porti loro “vestiti appropriati”. Come abbiamo visto per il caso di Mahsa Amini, prima di giungere al centro correzionale, molti di loro hanno subito violenze, quindi la realtà è molto più tragica di quello che si pensa.
Le contraddizioni di metodo e le critiche al New York Times
A questo punto è doveroso fare alcune riflessioni anche per far emergere le contraddizioni presenti in questo caso.
Partiamo da un punto: se in Italia, facciamo questo esempio che per noi risulta più facile da capire, un tal politico o funzionario asserisse che la Digos (ricordiamo che è un esempio) è stata abolita: i giornali si limiterebbero a diffondere questa frase o andrebbero più a fondo della notizia? Non cercherebbero infatti di contattare la Digos stessa per capire se l’informazione ricevuta è attendibile? Perché per questo caso non è stato fatto? Perché si è data per certa una notizia proveniente da un paese privo di libertà di stampa e dove il regime ha il controllo di gran parte delle informazioni? Una fondamentale funzione del giornalismo è controllare le fonti e verificare il fatto, una procedura, questa, che in questa vicenda è venuta a mancare.
Se l’agenzia di stampa Isna aveva per prima diffuso la notizia, è stato poi il New York Times a renderla internazionale. Per quanto concerne notizie e informazioni inerenti l’Iran, non è la prima volta che la testata newyorchese, in special modo gli articoli firmati dalla giornalista Farnaz Fassihi (la stessa che ha firmato l’articolo sull’abolizione della polizia morale), vengono criticati da parte di molti iraniani. Nel settembre del 2021 una lettera scritta e firmata da un gruppo rappresentativo di iraniani provenienti da tutto il mondo e con identità diverse, giunge alla redazione del New York Times, al suo interno sono citati vari casi di cronaca, l’accusa è quella per aver diffuso informazioni che secondo i firmatari sono fuorvianti e che avrebbero «normalizzato la brutalità della Repubblica islamica».
In un passaggio successivo della lettera poi si legge: «Quando Rouhollah Zam è stato rapito, Fassihi ha condiviso almeno un tweet che era di fatto non supportato e non verificabile contro Zam e Amad News. Il tweet era anche contestualmente fuorviante per quanto riguarda le informazioni su Amad News e sugli esplosivi».
Ricordiamo che Rouhollah Zam, giornalista e dissidente iraniano, venne impiccato all’alba del 12 dicembre, per lui si mobilitò anche Amnesty International, e quindi il tweet di Fassihi stride e stona, e non poco.
Da parte sua il New York Times ha confutato le critiche; resta il fatto che per quanto concerne la comunicazione dell’abolizione della polizia morale c’è stato comunque un errore di metodo da parte di tutti coloro che hanno divulgato la notizia, per di più se la notizia non fosse stata smentita celermente avrebbe potuto produrre ripercussioni negative in un paese già in scacco alla dittatura.