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Ecco la nostra inchiesta sulla presenza di pesticidi.
Qualche traccia in un Comune dell’hinterland di Napoli: è il risultato delle analisi da noi commissionate.
C’è chi la chiama “acqua del sindaco” per indicare che è pubblica, chi semplicemente acqua potabile o del rubinetto, e comunque è l’acqua che possiamo bere e utilizzare tutti.
Abbiamo voluto fare un’inchiesta per verificarne la qualità in tre delle principali città italiane: Milano, Bologna e Napoli.
Le analisi per l’inchiesta
L’esame dei campioni è stato effettuato da uno degli organismi certificatori tra i più noti a livello nazionale, in un laboratorio accreditato per la verifica della conformità della qualità dell’acqua ai sensi del D.Lgs. 02/02/2001 n° 31. In particolare, abbiamo richiesto che fosse compiuta l’analisi più approfondita e completa. La nostra inchiesta si è, poi, concentrata in particolare sui pesticidi, ne sono stati indagati quasi un centinaio.
Abbiamo scelto tre grandi città italiane da Nord a Sud, individuando in ognuna più punti di prelievo dell’acqua, da rubinetti della cucina e del bagno di normali abitazioni che si trovano in condomini.
Dove sono stati effettuati i prelievi
A Milano l’acqua è stata prelevata nel quartiere Precotto, prossimo a Sesto San Giovanni.
A Bologna un campione è stato prelevato in centro storico, in via Broccaindosso, l’altro in provincia, precisamente a Granarolo dell’Emilia, Comune di prima cintura sulla direttrice per Ferrara.
A Napoli, l’acqua proviene da un’abitazione nel quartiere Fuorigrotta e il secondo campione dal Comune di San Sebastiano al Vesuvio.
L’acqua è stata prelevata in tutte le abitazioni nel corso della giornata del 24 gennaio.
Quali pesticidi sono stati indagati e quali sono stati trovati
Ecco l’esito, Solo uno dei cinque campioni di acqua analizzata mostra tracce di pesticidi, sebbene i quantitativi riscontrati siano sotto i limiti consentiti dalla normativa vigente. Si tratta del campione prelevato a San Sebastiano al Vesuvio, in provincia di Napoli.
Vediamo quali sono i pesticidi rinvenuti. L’azinfos metile è il primo di cui si trovano tracce, è un insetticida ad ampio spettro. Si calcola che gli esteri fosforici rappresentino ad oggi circa il 50% degli agenti di uccisione nei pesticidi chimici.
I prodotti usati nell’apicoltura
Poi, vi è il bromopropilate che è un composto usato contro gli acari, molto diffuso negli aprirai. Non a caso, quando si analizzano le cere d’api, anche per capire da dove provengono, dalla Cina piuttosto che all’Etiopia, per esempio, si cerca questo acaricida che è tipico di un certo genere di apicoltura. Un altro acaricida di cui si trovano tracce è il chlorfenvinphos, anche questo utilizzato spesso nell’apicoltura. Sebbene sia stato messo al bando in Europa dal 2003, se ne trova spesso presenza nelle cere. Questi insetticidi si fermano nelle cere da cui vengono assorbiti, non passando quindi nel miele che viene consumato sulle nostre tavole. Non ne va, però, sottovalutata la presenza perché le cere sono impiegate a loro volta, per esempio nei prodotti cosmetici.
Poi, si riscontrano tracce di un altro insetticida, l’endosulfan-sulfate, sempre sotto i limiti previsti dalla normativa. Lo stesso si verifica per il phosalone, bandito dai regolamenti dell’Unione europea nel dicembre 2006, il limite tollerato dalla normativa italiana è <0,01 mg/Kg. Vi sono anche tracce di piperonyl butoxide, impiegato come sinergizzante in associazione agli insetticidi naturali, come le piretrine, ed è ammesso anche in agricoltura biologica. Infine, il tetrachlorvinphos, un insetticida finito sotto la lente di ingrandimento insieme ad altri quattro fitofarmaci, tra cui figurano i famosi glifosati, da parte dell’International Agency for Research on Cancer (Iarc) per la loro possibile cancerogenicità. Questo è tra i pesticidi a base di organofosfati più utilizzati insieme ad altri due sopra menzionati.
In conclusione, il dato della sommatoria degli antiparassitari totali riscontrata nell’acqua del rubinetto di San Sebastiano a Vesuvio è di 0,158, a fronte di un limite di 0,5µg/l..
Qual è la situazione in Italia?
L’ultimo rapporto nazionale pesticidi nelle acque 2022 che è stato prodotto da Ispra riguarda il 2019 e il 2020. Le indagini interessano sia le acque superficiali che quelle sotterranee. “In quelle superficiali sono stati trovati pesticidi nel 55,1% dei 1.837 punti di monitoraggio; nelle acque sotterranee nel 23,3% dei 2.551 punti. Sono state trovate 183 sostanze diverse, rappresentate per la maggior parte da erbicidi(…). Il risultato complessivo indica un’ampia diffusione della presenza di pesticidi”.
“Nelle acque superficiali, 561 punti di monitoraggio (30,5% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti ambientali. Le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento sono: gli erbicidi glifosate e il suo metabolita AMPA, metolaclor e il metabolita metolaclor-esa, imazamox, esaclorobenzene e nicosulfuron, tra i fungicidi azossistrobina, dimetomorf, carbendazim e metalaxil.
Nelle acque sotterranee, 139 punti (il 5,4% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti. Le sostanze più rinvenute sopra il limite sono: i metaboliti metolaclor-esa e atrazina desetil desisopropil, gli erbicidi bentazone, glifosate e AMPA e imazamox, l’insetticida imidacloprid e il fungicida metalaxil”.
A che punto siamo con la normativa
Per preservare la qualità dell’acqua potabile è stata adottata nel 2020 una nuova proposta in ambito europeo, come revisione della Direttiva sull’acqua potabile. Gli Stati membri dovevano recepirla entro il 12 gennaio 2023. Da noi, in Italia è in atto il percorso di approvazione del Decreto legislativo di attuazione della direttiva (UE) 2020/218 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020. Il Decreto è previsto dalla Legge di Delegazione europea 2021: LEGGE 4 agosto 2022, n. 127 all’art.21. È in fase di studio anche la proposta di Regolamento europeo che dovrebbe sostituire la Direttiva 2009/128/CE sull’uso dei pesticidi. Tra gli obiettivi vi era la riduzione dei prodotti fitosanitari chimici e fitosanitari più pericolosi: da qui al 2030 l’uso dovrebbe essere quantomeno dimezzato. Al momento questa ipotesi è stata sospesa. La maggioranza dei Paesi, Italia inclusa, hanno chiesto di poter approfondire attraverso uno studio da prodursi a metà 2023. Dopodiché si vedrà.