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Il motore d’Europa si è inceppato. A confermarlo sono proprio numeri diffusi dall’istituto nazionale di statistica Destatis, che spiegano come il Pil della Germania nel primo trimestre del 2023 si sia ridotto dello 0,3% e dello 0,5 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
La recessione tedesca
Quando due trimestri consecutivi fanno registrare il segno meno, si entra ufficialmente nella condizione di “recessione tecnica” , una situazione di certificata difficoltà economica di un Paese.
Non accadeva dalle parti di Berlino dai tempi del Covid, quando le restrizioni fermarono l’attività economica. Adesso l’economia tedesca fa peggio di quelle italiana, francese e spagnola che invece fanno segnare tendenze positive.
L’allarme è maggiore se si considera che le previsioni degli scorsi mesi erano decisamente più ottimistici, con la gran parte degli economisti che aveva escluso la possibilità di una recessione tecnica, anche grazie al poderoso intervento di sussidi forniti dal Governo Sholz ai cittadini, per contrastare l’inflazione e il caro-energia, un programma che aveva assorbito almeno le metà del valore della deroga agli aiuti di Stato, concessa in tutta l’Unione Europea.
Ma non è bastato evidentemente.
Il crollo dei consumi interni
La causa principale della riduzione del Pil va riscontrata in un crollo dei consumi interni che nei primi tre mesi dell’anno ha avuto un tendenza negativa dell’ 1,2%.
Proprio come tutte le economie avanzate, anche quella tedesca si ritrova ad affrontare lo storico aumento generale dei prezzi, che a marzo era del 7,4% più alto rispetto al 2022.
Ma la diminuzione del potere d’acquisto fra i lander tedeschi si fa sentire forte, nel settore alimentare, dell’abbigliamento e soprattutto in quello automobilistico.
In calo le immatricolazioni auto
Proprio l’indicatore delle nuove immatricolazioni di autovetture descrive al meglio lo stato delle cose, con la Germania che è l’unica fra i grandi Paesi europei a far segnare un meno. Non va meglio per il settore manifatturiero, dove il meno 3,4% dell’indice di produzione industriale sentenzia tutte le difficoltà di cui stiamo parlando.
Per Jorg Kramer, capo economista di Commerzbank, la situazione non migliorerà neanche nella seconda metà dell’anno.
Il crollo dell’export verso la Cina, sceso di oltre il 10% ha fatto il resto.
Questa recessione apre scenari politici tutti da approfondire.
Lo standing del Presidente Scholz non è assolutamente paragonabile a quello del suo predecessore Angela Merkel che, per oltre un decennio, ha svolto la funzione di “cassazione” ai tavoli decisionali europei.
I “Paesi frugali”
Il vuoto di leadership lasciato dalla Germania ha provato ad occuparlo Macron prima, Mario Draghi poi, ma senza gli stessi risultati. Con la disgregazione del “blocco Visegrad”, il peso dei cosiddetti Paesi frugali, sta emergendo sempre di più, con le “piccole” Olanda, Danimarca e Austria che insieme fanno valere le proprie istanze, soprattutto economiche.
E il tavolo economico sarà quello più interessante nei prossimi mesi, con la discussione sul Nuovo Patto di Stabilità che non potrà non tener conto della recessione tedesca, con il serio rischio d’aver rinsaldato gli animi dei sostenitori dell’austerità.
Questo è la traccia che ci condurrà, fra un anno esatto, poco più, al nuovo Parlamento Europeo dove gli equilibri fra Paesi e fra casate politiche potranno essere rimescolati abbondantemente e dove proprio in casa Germania si gioca una partita di nervi, tutta da sbrogliare all’interno del Partito Popolare, che oggi esprime il Presidente Ursula Von Der Leyen. Il premier Scholz, pur essendo esponente dei Socialisti Europei vedrebbe di buon occhio una conferma della sua connazionale, ma un altro tedesco e dei popolari, Manfred Weber, non ha mai nascosto l’auspicio di realizzare una maggioranza con i conservatori e i sovranisti, anziché con socialisti e liberali.
La crisi tedesca e gli altri Paesi europei
La crisi tedesca, insomma, non è un buon segnale per il resto dei Paesi Europei come ha ricordato lo stesso Paolo Gentiloni, commissario agli Affari economici.
E conferma questa impostazione anche Daniel Gros, economista tedesco, con una lunga carriera dedicata in particolare allo studio dell’economia europea, tra Fondo Monetario Internazionale, Commissione e Parlamento europeo, oggi direttore del Ceps, il Centre for European Policy Studies.
Daniel Gros ha detto in un’intervista ad Huffington Post Italia: ‹‹La recessione tedesca avrà contraccolpi in Italia, specie al Nord. Ma Roma ha la carta del turismo. Berlino in affanno perché la sua industria non ha saputo cogliere tempestivamente la transizione verso l’auto elettrica››.
Nulla di tragico, per il momento ma comunque un segnale preoccupante.
Se il motore d’Europa si è inceppato, il rallentamento potrebbe colpire gli altri Paesi Ue, con conseguenze difficili da prevedere.