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Nonostante gli sgomberi e gli arresti dei giorni scorsi, nelle Università americane è ancora caos. Le repressioni di Columbia, Yale, NYU e di altri atenei, hanno fatto accendere focolai in altri istituti, fra cui The New School e University of Pennsylvania.
Sono oltre duemila gli arresti eseguiti durante le proteste pro-Gaza. In alcuni campus gli agenti spinti a intervenire a causa di presunte infiltrazioni eversive non hanno esitato ad utilizzare la forza e hanno sparato anche proiettili di gomma. Era dei tempi della guerra in Vietnam che non avveniva una tale mobilitazione. Gli studenti di oggi però non cercano solo di interrompere un conflitto, chiedono con fermezza che gli USA boicottino il flusso dei finanziamenti verso Israele come pretendono che le loro scuole blocchino gli investimenti con lo Stato.
Tuttavia a distanza di pochi mesi dalle elezioni emerge un quadro tutt’altro che rassicurante. Il primo emendamento, ovvero la libertà di espressione di cui l’America più di ogni altro Paese al mondo si è sempre fregiata, pare essere in affanno. Sia il Presidente Joe Biden, che il sindaco di New York, Eric Adams, nei loro discorsi post repressioni, pur cercando di rassicurare sulla tutela della libera affermazione, hanno ribadito che la violenza non sarà mai tollerata.
Nelle ultime ore nonostante gli avvertimenti alla University of Southern California e alla Northeastern University di Boston, in Massachiusetts, manifestanti hanno cercato di irrompere durante la consegna dei diplomi. Arresti proseguiti durante il fine settimana anche all’Università della Virginia, dove 25 persone sono state fermate per violazione di domicilio dopo si erano rifiutate di rimuovere le tende. Sgomberi anche all’Art Institute di Chicago, dopo che la polizia ha fatto irruzione in un accampamento pro-palestinese poche ore dopo essere stato allestito. Oltre 68 manifestanti sarebbero stati accusati di occupazione illecita.
Alla USC di Los Angeles, in California, dozzine di agenti sono accorsi in supporto della sicurezza interna per sgomberare un presidio di studenti che si stava organizzando in azioni di contrasto. La Columbia University, con un comunicato, ha appena dichiarato che non terrà la cerimonia di laurea a livello universitario programmata per il 15 maggio. La scuola ha sottolineato la scelta di volersi concentrare sulle lezioni e sulle cerimonie individuali. La NYU invece procederà come previsto con la consegna dei diplomi il 15 maggio allo Yankee Stadium. L’USC aveva già fatto sapere di aver annullato la sua cerimonia principale di laurea in favore di altre minori. Carol Folt la presidente dell’USC, ha dichiarato che era tempo di tracciare una linea perché “l’occupazione stava andando in una direzione pericolosa” con aree del campus bloccate.
Le manifestazioni degli studenti universitari in difesa del popolo palestinese nel frattempo si stanno moltiplicando anche in altri Paesi: dal Messico, alla Francia all’Italia.