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Vediamo come è cambiata la pratica del “favore”, da quando con la riformulazione del reato è sufficiente la sola promessa di erogazione di denaro o di altra utilità.
Si avvicinano le nuove elezioni Europee e amministrative (in molti Comuni) e la musica sembra sempre la stessa: voti in cambio di posti di lavoro o di denaro. In Sicilia è sempre stato così e, nonostante le diverse inchieste giudiziarie e i numerosi arresti che hanno visto protagonisti anche nomi eccellenti di politici e imprenditori, non sembra esserci un punto di svolta. Cosa assai più grave se dietro questi “affari” prospera la mano della criminalità organizzata.
Voti di scambio, il terremoto che investe Puglia, Sicilia e Campania
L’ultimo caso, il “terremoto” che ha investito le regioni Puglia, Sicilia e Campania a poche settimane dalle elezioni Europee 2024. Ad essere coinvolti, imprenditori e politici nazionali e locali con i partiti che riscontrano non poche difficoltà a causa di diversi personaggi che nel corso degli anni hanno cambiato “casacca” a seconda delle convenienze.
Solo il 4 aprile scorso, a Triggiano, in provincia di Bari è scattata un’indagine che ha portato all’arresto l’ex vicesindaco Vito Perrelli accusato assieme ai due figli di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale. Ai domiciliari, il fondatore della lista civica “Sud al Centro” Alessandro Cataldo e l’ex sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli. Stando all’inchiesta, gli indagati avrebbero comprato ogni voto per 50 euro. Sempre a Bari, il 10 aprile sono finiti ai domiciliari per corruzione, truffa e turbativa d’asta l’ex assessore all’urbanistica, Alfonso Pisicchio, e il fratello Enzo. Anche in questo caso, i fratelli Pisicchio avrebbero più volte cambiato partito politico, passando dalla Democrazia Cristiana a Italia dei Valori, all’API e al Centro Democratico.
Nell’ambito di un’altra inchiesta, invece, è finito sotto il mirino dell’autorità giudiziaria anche Alessandro Adamo, assessore al bilancio del comune di Bari che avrebbe architettato una frode milionaria ai danni dell’Unione Europea.
Analogamente anche in Sicilia. Un’inchiesta per corruzione e voto di scambio ha coinvolto il vicepresidente della regione siciliana Luca Sammartino, attualmente esponente leghista ma prima nell’UDC, nel Partito Democratico e Italia Viva. Sammartino avrebbe elargito dei favori in cambio di voti. Fatto risalente a cinque anni fa.
Ecco come la figlia del boss ritirava i certificati elettorali
Voti di scambio di scambio politico-mafioso anche in Campania. Alle amministrative di Cercola, il clan De Micco- De Martino aveva messo in piedi un sistema volto alla “compravendita” di voti: 30 euro al primo turno e 20 al ballottaggio. Nel mirino della giustizia, questa volta è finito il candidato sindaco del PD Antonio Silvano. In carcere era finita anche Giusy De Micco, candidata a Cercola per la lista Europa Verde. Per lei e il fratello Sabino De Micco consigliere di Napoli nella lista Fratelli d’Italia, l’accusa è di aver acquistato per la somma di 1800 euro un pacchetto di 60 voti. Secondo le intercettazioni, la mafia avrebbe dovuto intervenire anche alle prossime europee. Le indagini sono scaturite dopo che l’esponente di Europa Verde e figlia di un boss ergastolano si sarebbe presentata al comune di Cercola con delle deleghe false per il ritiro di 30 certificati elettorali. Sono solo alcune delle indagini che hanno portato ad arresti per scambi di voti e che vedono la criminalità organizzata infiltrata nel sistema elettorale.
Il mutamento delle infiltrazioni mafiose nella vita politica
Tuttavia, le infiltrazioni della criminalità organizzata hanno conosciuto un mutamento sostanziale nel corso degli anni. I mafiosi hanno sempre intrattenuto rapporti con i politici. Il reato di voto di scambio fu introdotto la prima volta nell’ordinamento giuridico italiano all’indomani della strage di Capaci, anche se la normativa è stata applicata solo in pochissimi casi.
Le sorti del 413 – ter
Alla Camera dei Deputati, fu avanzata la proposta di introduzione di un nuovo articolo, il 413 – ter in aggiunta all’art. 416 bis discusso al Senato. Tale articolo prevedeva che la forza intimidatoria dello scambio di cui al 416 – bis non riguardasse solo la dazione di denaro bensì altri vantaggi derivanti dalla potestà pubblica e dalla realizzazione di profitti illeciti. Tale riformulazione, però, non ebbe seguito e venne declinata sul nascere. Solo nel 2014 è riformulato l’art. 416 – ter che recita: “Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’art. 416 – bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni”.