Stellantis, due fogli sventolati e “Non si escludono licenziamenti”

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Stellantis, due fogli sventolati e “Non si escludono licenziamenti”


Nell’incontro con i parlamentari, Carlos Tavares, l’amministratore delegato della holding, ha tra le mani due fogli di piano dell’azienda (che però non vanno agli atti), pochi giorni dopo a Parigi annuncia possibili nuovi licenziamenti. Ecco la ricostruzione ad oggi delle mosse ufficiali del colosso dell’auto.

Carlos Tavares, l’amministratore delegato della holding Stellantis, finalmente faccia a faccia coi politici di casa nostra, ansiosi di ricevere risposte sul colosso dell’auto, nato nel Gennaio 2021, dalla fusione tra i gruppi FCA (Fiat Chrysler Automobiles) e PSA (Peugeot, Citroen, Opel, Ds, Vauxhall). Il faccia a faccia c’è stato venerdì 11 ottobre, in un’audizione congiunta alle Commissioni Attività produttive della Camera e Industria del Senato, presiedute rispettivamente dall’On. Gusmeroli e dal Sen. De Carlo.

Stellantis in Borsa

Pochi giorni dopo che dalla holding è arrivato il taglio delle stime di profitto per l’anno e di flusso di cassa, a causa delle difficoltà sul mercato nordamericano che ha fatto affondare il titolo in Borsa del 14,7%, bruciando trenta miliardi in sei mesi. E, negli stessi giorni in cui si intensificano i rumors di una possibile fusione con Renault, associato a un patto con Bmw, per la creazione di un unico mega-player dell’auto europeo, con il dubbio irrisolto tuttavia di conoscere quanti modelli sarebbero a rischio sovrapposizione. E, ancora, tutto mentre incombe lo sciopero nazionale del settore automotive, fissato per il 18 ottobre, che stando alle parole degli organizzatori vivrà la presenza anche di delegazioni sindacali provenienti dal resto d’Europa e del mondo.

Tavares parla di “fase darwiniana”

Con il tono asciutto tipico del manager, davanti ai politici di maggioranza e opposizione, Tavares ha definito quella in corso una “fase darwiniana” per il settore dell’auto, obbligato a trasformarsi per via delle nuove regole. Ha parlato di “ansietà” che serpeggia fra i dipendenti del gruppo, ma ha anche rassicurato sul fatto che Stellantis vincerà la sfida che ha dinanzi, grazie alle sue dimensioni ormai transnazionali. «Siamo arrivati in Serie A e solo quelli della Serie A sopravvivranno». Ha sentenziato l’amministratore delegato Stellantis, nato a Lisbona 66 anni fa. Per il passaggio all’elettrico, tuttavia, fa sapere che sono necessari nuovi incentivi pubblici, perché i costi di produzione sono più alti dei motori tradizionali e soprattutto più alti di quelli dei concorrenti cinesi. Il gruppo automobilistico non chiederà una proroga della scadenza sulla transizione energetica, ma chiede norme stabili per avere certezza, aggiungendo poi che in Italia i costi sono più alti, per un differenziale pari ad almeno il 40%. Il messaggio che Tavares consegna ai deputati e ai senatori che lo ascoltano in audizione, insomma è semplice: rivolgetevi al vostro Governo. La risposta da parte del Vice di Giorgia Meloni, il Ministro Salvini è arrivata con qualche giorno di ritardo, ma con parole inequivocabili: «L’ad di Stellantis dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa».

Ma torniamo indietro, all’audizione.

La smobilitazione dell’auto in Italia

A scatenare le ostilità è stato il senatore Carlo Calenda, cui si deve riconoscere di esser stato il promotore principale di questa iniziativa. Il leader di Azione ha snocciolato cifre da smobilitazione: 14 mila dipendenti in meno entro la fine dell’anno, un calo di produzione dell’83% a Mirafiori, la promessa di un milione di veicoli ferma a 400 mila, la distruzione di Maserati, il mancato investimento a Termoli, la vendita di Magneti Marelli. «Siamo completamente contrari a darvi un singolo euro, in qualsiasi forma, fino a che non ci sarà un piano industriale con i modelli e gli investimenti – dice Calenda – Perché oggi brevettiamo un decimo di quello che viene fatto in Francia. Che sia fatto per iscritto e con chiarezza, perché le cose che ci sono state dette da lei e da Elkann fino ad oggi si sono dimostrate tutte false e questo non è accettabile». Deluse anche il resto delle opposizioni. Elly Schlein dice di aver visto segnali di disimpegno, Giuseppe Conte descrive Tavares come un commissario liquidatore. Dalla maggioranza ha tuonato il deputato Luca Squeri che, rivolge una domanda provocatoria all’ad: «Se riusciamo a modificare la rotta sul Green Deal, Stellantis è in grado di modificare la strategia?»

Una domanda, precisa e ancor più provocatoria, nei confronti anche dei colleghi deputati e senatori, l’ha avanzata allo stesso tempo Luigi Marattin nel corso del suo intervento, ha interrogato il manager della holding su cosa egli chieda alla politica di fare, quali policies mettere in atto per migliorare le condizioni di competitività del Paese ed ha citato il felice episodio del Protocollo di Luglio 1993, l’accordo fra settore pubblico, imprese e sindacati, quello “della politica dei redditi” che pose le basi per il risanamento della finanza pubblica, all’epoca dei fatti sull’orlo del baratro.

Nel mirino dei politici non solo il manager, ma anche gli azionisti, che ad aprile, nello stesso giorno in cui l’azienda comunicava lo stop della produzione a Mirafiori, approvavano un maxi-aumento degli stipendi dei vertici aziendali, con incrementi oltre il 55%. Nelle sue risposte, Tavares ha fatto presente che le regole e i regolamenti che sono stati decisi, alla base della situazione attuale, non sono stati partoriti da Stellantis. Ha poi negato con decisione un disimpegno, confermando la gigafactory di Termoli se ci sarà richiesta sufficiente di veicoli elettrici e annunciando di non voler chiudere Maserati. 

I due fogli sventolati e non allegati agli atti

«Ci batteremo con tutte le nostre forze per restare in Italia» le sue parole.

È falso affermare che manca un piano industriale, dichiarando di averlo mostrato ai sindacati e che si stratta di un documento pubblico. Esibisce persino due fogli di carta con i modelli che l’azienda intende produrre in Italia, ma a Calenda che chiede di allegarli agli atti, Tavares risponde di no. A proposito del milione di veicoli, ci ha tenuto chiarire: «non parlerò mai di 1 milione di veicoli, ma di 1 milione di clienti, che qualcuno ha dimenticato».  E poi è tornato sugli incentivi: «Noi non chiediamo soldi per noi. Chiediamo aiuto per i vostri cittadini perché possano permettersi di comprare questi veicoli. Il sostegno serve a rendere accessibili questi modelli».

Gli incentivi italiani a Stellantis

Altri incentivi che si andrebbero ad aggiungere al miliardo e mezzo già messo sul piatto e agli oltre 700 milioni per la cassa integrazione. Altri incentivi che si andrebbero ad aggiungere alla garanzia pubblica di 6,3 miliardi del 2020, in cambio di impegni sull’occupazione e sviluppo di nuovi modelli, che non sono stati rispettati, con Alfa Romeo Junior, 500, Topolino e Panda rispettivamente prodotte in Polonia, Algeria, Marocco e Serbia. Altri incentivi che si andrebbero ad aggiungere agli almeno 220 miliardi di denari pubblici, stanziati dal 1975 ai giorni nostri, fra cassa integrazione, rottamazione, sussidi alla disoccupazione, ammodernamento degli stabilimenti. Di tutto questo ci eravamo già occupati, in primavera, quando raccontammo la storia strampalata della polemica fra il Ministro Urso e l’azienda per il nome della Alfa Romeo Milano. https://www.laredazione.net/alfa-romeo-appena-nata-e-gia-sbattezzata/

Una polemica che seguì di poche settimane, la provocatoria invocazione da parte dello stesso Ministro dello Stato di ingresso dello Stato nel capitale dell’azienda, al pari della Francia. Per fare cosa, poi? Sarebbe stato curioso in tal senso sapere se, a quel punto, l’Italia avrebbe spinto per realizzare progetti anti-economici e quindi avrebbe accolto anche le perdite dell’attività. Perché questo è il tenore del dibattito maggiormente diffuso negli schieramenti politici di casa nostra. Qualsiasi argomentazione è buona per aggirare il nocciolo vero della questione: come affrontare le cause strutturali che rendono il sistema-Italia meno attrattivo per gli investimento e teatro di un progressivo processo di deindustrializzazione. Gran parte di quel differenziale di costi di produzione fra Italia e altri Paesi europei, pari al 40%, si annida nell’indotto e nella componentistica, nei nostri confini affidata a una miriade di piccole imprese, che galleggiano in un mercato sempre globalizzato. In quel 40% poi tanto pesa il costo dell’energia, in Italia molto più alto. E come non citare la complessità del sistema fiscale, la farraginosità della giustizia e della burocrazia, tutti argomenti difficili da affrontare con slogan o video-spot nelle Stories di Instagram, ma essenziali per rendere l’Italia una paese fertile per l’innovazione e per gli investimenti. Per gli appassionati della vicenda, tuttavia, il finale è ancora lontano.E si arricchisce freneticamente di nuovi capitoli.

Già annunciati nuovi licenziamenti 

Giusto il tempo di far trascorrere il weekend dopo l’audizione parlamentare, infatti, e lunedì 14 ottobre direttamente dal palco del Salone dell’Auto di Parigi, Tavares non ha usato troppi giri di parole. «Non si possono escludere nuovi licenziamenti» ha sentenziato. Le reazioni non si sono fatte attendere. Dalla maggioranza hanno tuonato Matteo Salvini e il Capogruppo di Fratelli d’Italia, Tommaso Foti. Le opposizioni, invece, quasi tutte, hanno trovato l’accordo su una nota congiunta in cui chiedono di vincolare ogni futuro incentivo ad investimenti nella società e a garanzie occupazionali. Tutta la politica non si arrende e, adesso, punta in alto: ascoltare in Parlamento, questa volta, direttamente il Presidente di Stellantis, John Elkann, rampollo della famiglia Agnelli.