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di Roberta Caiano
Dopo Venezia, è Napoli la città che si prepara ad accogliere nel Palazzo Reale il G20 dove si affronteranno i temi di ambiente, clima ed energia. Quello partenopeo si presenta come un territorio pieno di tensione sociale, soprattutto nelle ultime settimane dopo il caso del licenziamento degli operai della sede di Ponticelli della Whirlpool. Proteste e manifestazioni non si placano neanche con il G20, dove nella mattinata di debutto gli attivisti e comitati locali ambientali hanno bloccato gli ingressi delle raffinerie della zona est di Napoli e lo svincolo autostradale A3 con l’obiettivo di contestare la riunione. Già la scorsa settimana, giovani volontarie e volontari di Legambiente hanno fatto sentire la propria voce attraverso uno striscione esposto al Castel dell’Ovo con la scritta ‘Vedi Napoli e poi muoviti!’, per sensibilizzare la politica ad incisivi provvedimenti per rispondere alla crisi climatica.
La bioeconomia come nuovo orizzonte
Come si legge anche sul sito dell’associazione ambientalista, Legambiente ricorda che “l’emergenza climatica sta diventando sempre più grave. Gli ultimi eventi estremi che hanno colpito in queste ore la Cina e nei giorni precedenti Germania e Austria, ma anche gli incendi divampati in diversi zone degli Stati Uniti, ci ricordano che non c’è più tempo da perdere”. E’ proprio da Napoli che l’associazione lancia al governo Draghi un messaggio deciso: “E’ ora di dire basta al tempo delle contraddizioni e di passare dalle parole ai fatti. Per accelerare la transizione ecologica ed energetica, fronteggiare la crisi climatica e tutelare ambiente e biodiversità servono scelte chiare e radicali a partire dallo stop ai sussidi alle fonti fossili da realizzare in pochi anni iniziando dalla prossima legge di bilancio. Su questo stop l’Italia aveva già detto che avrebbe preso impegni seri proprio in occasione del G20 di Napoli – continua il Cigno Verde -. Occorre anche definire al più presto un piano nazionale per l’economia circolare per far decollare nella Penisola la rivoluzione del pacchetto europeo sull’economia circolare varato nel 2018 e recepito lo scorso anno, approvare un PNIEC più ambizioso e in linea con i nuovi obiettivi europei e un piano nazionale di adattamento al clima di cui l’Italia continua ad essere l’unico grande Paese europeo sprovvisto, rincorrendo così le emergenze senza una strategia chiara di prevenzione. Inoltre occorre puntare sulla bioeconomia ed incrementare la percentuale di aree naturali protette, marine e terrestri, e porsi l’obiettivo di tutelare efficacemente il 30% del territorio nazionale entro il 2030”. Un programma dunque impegnativo quello che si preparano ad affrontare le delegazioni nel G20 nella città partenopea.
G20, 20 Paesi producono l’80% dell’anidride carbonica
La risposta non è tardata ad arrivare dal ministero della Transizione Ecologica che ha sottolineato come “la sostenibilità del Pianeta e la transizione ecologica sono centrali in questo G20. Mai come adesso nella storia, l’umanità si trova a dover fare scelte di fondo, a fronte di un rischio sostanziale per il benessere e la vita delle prossime generazioni. Mai prima di questo G20 – continua il Ministero – l’economia circolare e l’interazione tra clima ed energia erano stati così centrali nelle discussioni ministeriali. Per la prima volta nella storia dei G20, clima ed energia marciano insieme, interconnessi, per delineare e individuare soluzioni condivise”. Inoltre il Ministero evidenzia anche come questo debba essere il punto di partenza “per spingere la comunità internazionale verso obiettivi più ambiziosi, tra i quali la COP15 della Convenzione sulla diversità biologica e l’adozione del ‘quadro globale’ sugli obiettivi da raggiungere entro il 2030, e la stessa COP 26 sul clima che avrebbe dovuto tenersi nel 2020 e che si terrà invece a fine anno a Glasgow e di cui l’Italia e co-organizzatrice con il Regno Unito”. Per quanto riguarda il caso specifico dell’Italia, Cingolani ha aggiunto che “il Pnrr riallinea lo sviluppo del nostro Paese con l’agenda 2030 e l’accordo di Parigi. Abbiamo un piano, quello del Recovery plan e quattro settori primari: fortissimo investimento sull’ambiente, monitoraggio delle coste, riforestazione, acque, efficientamento energetico delle case. Dobbiamo portare la frazione dell’energia elettrica che noi consumiamo a 70% di rinnovabile, oggi siamo intorno a un terzo”. Se si considerano questi obiettivi in un’ottica globale e generale, si tratta di decisioni importanti che mettono insieme 20 Paesi del mondo che da soli fanno l’80% del Pil e più dell’80% dell’anidride carbonica emessa, rendendo gli interventi d’azione non più procrastinabili.In merito, proprio in occasione di questo G20, Legambiente ha anche presentato il report sulla corsa al gas dell’Italia, documentando i dati sull’apertura e l’implementazione delle centrali a gas. Infatti, per raggiungere gli obiettivi climatico-ambientali che l’Unione Europea ha prefissato per ogni Stato Membro, i Paesi hanno identificato una strategia interna attraverso un piano su energia e clima.
La decarbonizzazione in Italia
Come si legge sul rapporto dell’associazione verde, “per l’Italia ruolo cruciale sarà il phase out dal carbone, cioè la chiusura o riconversione al 2025 degli impianti alimentati a carbone presenti sul territorio. Sono 110 le infrastrutture a gas previste nel nostro Paese tra nuove realizzazioni e ampliamenti di centrali, metanodotti, depositi, rigassificatori e nuove richieste sul fronte delle estrazioni di idrocarburi”. Nel rapporto sono anche elencati i “nemici del clima” del settore energetico, che vedono come principali protagonisti le aziende e le infrastrutture le cui attività contribuiscono in maniera drammatica al cambiamento climatico e all’inquinamento locale. Difatti, secondo i nuovi dati aggiornati dell’Osservatorio nazionale CittàClima di Legambiente, la situazione meteorologica nella nostra Penisola da inizio 2021 fino a metà luglio continua a degenerare, provocando un punto di non ritorno. Come si legge nel documento, “negli ultimi 12 anni, dal 2010 al 19 luglio 2021, sono stati 1.041 gli eventi estremi che hanno provocato danni nel territorio italiano con 559 Comuni dove si sono registrati eventi con impatti rilevanti, quasi il 7,1% del totale. Notevole anche il tributo che continuiamo a pagare in termini vite umane e di feriti, 256 le persone vittime del maltempo dal 2010 ad oggi. A questo si aggiunge l’evacuazione di oltre 50mila persone a causa di eventi quali frane e alluvioni”. Il G20 di Napoli rappresenta così l’estrema occasione per una strada verso un cambiamento.