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Sempre più problematico il rapporto tra produttori e grande distribuzione. Perché non fare come in Francia dove spesso sulle confezioni dei prodotti al dettaglio appare anche il prezzo corrisposto al produttore?
Una situazione sempre più allarmante: il rapporto tra gli agricoltori e la grande distribuzione organizzata è sempre più problematico. Gli interrogativi da porsi sono molteplici, certamente è necessario un cambiamento sostanziale per quanto riguarda i passaggi e le fasi precedenti la vendita al dettaglio, ponendo particolare attenzione per quel che riguarda soprattutto la logistica e il packaging, che tanto incidono sui prezzi finali nei confronti del consumatore.
Abbiamo assistito negli ultimi anni ai forti rincari, dovuti all’inflazione elevata, quindi all’aumento di tutte le materie prime e delle stesse fonti energetiche. Aumenti che non hanno di certo risparmiato gli stessi agricoltori che però vedono tali rincari sempre meno riconosciuti e coperti, andando così a gravare ancora di più sui loro già risicati margini di guadagno.
Le promozioni “Prezzi bassi”
Uno dei problemi è legato alle promozioni a lungo termine attuate da parte delle catene della Gdo, i noti “Prezzi bassi e Fissi” – “Spesa difesa” – “Bassi e buoni”. Queste operazioni hanno lo scopo di attrarre la clientela, in un mercato in cui la concorrenza nelle grandi Gdo è sempre più agguerrita. Ovviamente il ritorno economico per gli agricoltori, soprattutto a causa di queste campagne, è sempre più limitato.
In Francia, sulle confezioni il prezzo corrisposto al produttore
Osservando ciò che accade poco oltre i nostri confini, vediamo che in Francia spesso sulle confezioni dei prodotti al dettaglio appare anche il prezzo corrisposto al produttore. Questo ci fa riflettere su quanto sia urgente, anche nel nostro Paese, indicare sulle etichette dei prodotti alimentari l’origine delle materie prime utilizzate per produrre ogni alimento. Un problema purtroppo ancora oggi non affrontato a livello normativo da parte dell’Unione Europea, a discapito di agricoltori, allevatori, pastori e pescatori. Se tale specifica apparisse, anche nei nostri supermercati, sarebbe utile a farci riflettere un po’ di più.
I marchi del distributore
C’è, inoltre, da considerare un altro aspetto, lo strumento denominato MDD (marchio del distributore) che se da una parte permette alle grandi catene di offrire prodotti ad un prezzo più contenuto rispetto alle marche industriali e a fare in modo che le Gdo ottengano livelli più alti di profitto, allo stesso tempo tale strumento si riflette negativamente a monte della filiera e risulta insostenibile da parte del comparto agricolo.
Un comparto messo a dura prova a tal punto da decidere di mobilitarsi, attraverso proteste diffuse in buona parte d’Europa e al termine di un anno particolarmente difficile, anche dal punto di vista climatico. Tanti i motivi alla base, tra i principali: le speculazioni commerciali, le politiche fiscali, la concorrenza dei prodotti asiatici, africani e sudamericani. Significativo, sempre a tal proposito, il dato che evidenzia quante aziende agricole, nel nostro Paese, hanno interrotto la propria attività dal 2000 ad oggi: si sono più che dimezzate.
I prezzi corrisposti al produttore
Se passiamo ad analizzare il rapporto tra i prezzi dei prodotti corrisposti al produttore, confrontandoli con quelli finali esposti al consumatore, comprendiamo che non è semplice avere un raffronto preciso, ma sarà sempre e solo approssimativo tranne casi veramente rari. Il motivo è da ricercare nel sistema che prevede solitamente un periodo lungo tra gli accordi con i produttori e la vendita a scaffale, i prezzi, infatti, vengono stabiliti mesi prima del raccolto.
Un’indicazione di massima, che però ci può già fornire un’idea, è quella che riguarda i prezzi di liquidazione dell’annualità per il produttore, che raggiunge un indice medio di moltiplicazione da tre a più volte per i consumatori.
Per avere dati il più possibile attendibili è certamente importante far riferimento a fonti ufficiali come sono il sito ISMEA oppure i siti delle Camere di Commercio.
Prendendo in esame un prodotto ortofrutticolo in vendita a scaffale in questo periodo, vediamo il prezzo in un listino recente datato marzo 2024: le arance tarocco in casse da 10 Kg, provenienti dal sud Italia, all’ingrosso, hanno un prezzo che varia da 1,70 ad 1,90 euro a cassa. Non è difficile giungere a comprendere la differenza rispetto a quanto lo paghiamo effettivamente come consumatori finali.
Le importazioni superano le esportazioni
Occorre tener presente, come abbiamo accennato, che tra i problemi più importanti per i produttori italiani, c’è la concorrenza, spesso purtroppo “sleale”, dovuta all’importazione di tanta merce da paesi esteri. Prendendo in esame anche solo il 2022 e il 2023 vediamo quanto i dati siano peggiorati nel breve periodo. Nel 2022 infatti c’era stato il sorpasso dell’import sull’export, con saldo in negativo di 100 mila tonnellate. Dopo 12 mesi, la situazione è addirittura peggiorata, perché le importazioni sono aumentate di oltre 400 mila tonnellate e le esportazioni calate di 30 mila tonnellate