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Il primo “solitario” genderless e le pietre sintetiche fuori di miniera
I gioielli ci stupiscono sempre. E non per sfarzo. È in arrivo l’anello di fidanzamento per tutti, il primo “solitario” da uomo, che apre la stagione degli anelli di fidanzamento genderless. È la novità in casa Tiffany. Poi, arriva anche l’annuncio del diamante sintetico che sostituirà quello naturale, nei preziosi Pandora. Queste due novità sono sufficienti a ricordarci che i gioielli sono simboli fortissimi, non semplici accessori: da millenni sono una potente forma di comunicazione visiva non verbale. Come confermano le reminiscenze scolastiche, i gioielli visti nelle gite al museo, nei corredi funerari delle civiltà antiche. Simboli straordinari dei pensieri e delle azioni delle persone, in vita e anche dopo la morte: il gioiello era un’attestazione estrema della propria identità. Già in vita erano importantissimi per segnare i momenti di passaggio dell’esistenza, come l’affacciarsi all’età adulta e il matrimonio, ma anche per il valore terapeutico e miracoloso. Poi, soprattutto, segnavano l’appartenenza allo status sociale. Ed ecco che i monili seguivano il proprietario anche dopo la morte, in forma di corredo funebre, dove avevano valore di status symbol, ma anche di irrinunciabili oggetti del quotidiano, così descrivendolo.
E cosa ci dicono ora, anche attraverso le due novità di questi giorni? Raccontano, anche meglio di linguaggi più espliciti, che vogliamo una bellezza d’avanguardia e che amiamo mostrarci agghindati per come siamo dentro, liberi e appassionati di pianeta e di diritti. Che Tiffany lanci il suo primo anello di fidanzamento da uomo con diamante solitario e che lo abbia chiamato con il nome del fondatore della maison, Charles Lewis Tiffany, sancisce un messaggio sociale, oltre a trasmettere un messaggio tra due persone.
Questo nuovo gioiello sarà proposto in due versioni, con tagli diversi del diamante. Uno riprende l’iconico Tiffany Setting, il primo anello di fidanzamento proposto al mondo, non a caso con il diamante incastonato a ricordare un bellissimo fiore, un po’ sporgente, proprio come se fosse appena sbocciato. Quello che ha fatto epoca, con Audry Hepburn, nelle vesti di Holly, che ammirava le vetrine di New York.
Altrettanto carica di valore simbolico è la scelta di abbandonare il diamante naturale per quello sintetico, operata da Pandora, per ridurre l’impatto ambientale e lo sfruttamento dei lavoratori nelle zone di estrazione. Basti pensare al tema del lavoro in miniera, per esempio in quella di Mirny che ora non ne è più attiva, ma fino a poco tempo fa era la più importante miniera di diamanti dell’Unione sovietica: era profonda più di mezzo chilometro.
La società che ha sede in Danimarca ha deciso di realizzare la transizione da qui al prossimo anno, arrivando perciò a impiegare solo diamanti prodotti in laboratorio, con l’uso di minor energia, ma soprattutto con l’utilizzo di fonti alternative. La grande rivoluzione sta anche nei tempi: la realizzazione di diamanti artificiali non richiede miliardi di anni. I diamanti naturali ritrovati fino a oggi – stimano i geologi – si sono formati oltre un miliardo di anni fa, andando dal mantello al nucleo della terra e viceversa, in un viaggio tanto affascinante quanto lungo. Nel caso dei diamanti artificiali è come se si fosse compresso un tempo enorme, “miliardario”, in un tempo ordinario, grazie all’individuazione di una tecnica affinata nel corso di tanti decenni, fino ad arrivare a quella attuale. La deposizione chimica da vapore, detta CVD, consente di creare le condizioni affinché gli atomi di carbonio, in alcuni gas, si stratifichino su una superficie trattata in precedenza in forma cristallina. Attraverso questi processi chimici i diamanti si costituiscono, a partire da un piccolo substrato. Così piccoli diamanti crescono.