Azerbaigian: violenze e carcere per un’intera redazione

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Azerbaigian: violenze e carcere per un’intera redazione

È quanto accade nel Paese che a metà Novembre si presterà ad ospitare la Cop29, Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
Proseguiamo la nostra inchiesta sui giornalisti ingiustamente incarcerati.

«Ogni sera, quando ero bambina, mio padre tornava a casa con il giornale Azadliq. All’epoca era considerato uno dei migliori. Quando finiva di leggerlo, lo prendevo e lo leggevo anch’io. 

[…] 

Quando ero studentessa, ho iniziato ad avere dei dubbi su ciò che vedevo in televisione in Azerbaigian. A volte, per difendere il governo, i programmi televisivi umiliavano la gente comune o ne minavano il valore. Questo era molto irritante. Pensavo che le persone dovessero essere rispettate e che i loro diritti dovessero essere una priorità. Ho capito che ciò che veniva detto in TV era spesso una menzogna e che tutti i presentatori consegnavano messaggi sotto il dettato di qualcun altro, come strumento di propaganda.

Mi sono resa conto che non avrei mai potuto diventare una presentatrice televisiva come mia madre desiderava. Ma potevo ancora diventare una giornalista». 

Si racconta con queste parole la giornalista azera Sevinj Vaqifqizi, che a causa della sua professione e delle sue inchieste, dall’inizio della sua carriera è stata minacciata e perseguitata dal governo, subendo ripetuti arresti; dal 2015 al 2019 le è stato inoltre vietato di lasciare l’Azerbaigian. Vaqifqizi non è l’unica giornalista vittima della repressione attuata dal regime di Ilham Aliyev, esattamente come lei, tutti i giornalisti che lavorano per media non statali e indipendenti vengono perseguitati, oppressi e silenziati. 

Il regime azero dunque, come qualsiasi altro regime, non si accontenta di prendere di mira i singoli giornalisti, ma prova a “eliminare” l’intera categoria, proclamando guerra a tutte le testate indipendenti e perseguitando senza tregua, uno a uno, i redattori.

L’ondata di arresti di giornalisti di Abzas Media

È la notte tra il 20 e il 21 Novembre 2023. Sevinj Vaqifqizi sta tornando da Istanbul e si trova in aeroporto, la polizia la ferma e con l’accusa di “contrabbando” l’arresta. Vaqifqizi è la caporedattrice di Abzas Media, organo di stampa anticorruzione fondato nel 2016 e noto per le sue indagini sugli interessi commerciali dei parenti del presidente dell’Azerbaigian e di alti funzionari statali. 

Vaqifqizi non sarà però l’unica giornalista di Abzas ad essere incarcerata. Tra Novembre 2023 e Gennaio 2024 la polizia arresterà anche il direttore di Abzas, Ulvi Hasanli, il coordinatore del progetto Mahammad Kekalov, e i redattori Hafiz Babali, Nargiz Absalamova ed Elnara Gasimova.

Una riprova di come il regime azero cerchi di sradicare interamente le realtà informative libere e difficili da controllare.

CPJ – Committee to Protect Journalists riferisce che i giornalisti di Abzas non sono i soli a essere finiti dietro le sbarre, come loro altri operatori appartenenti a media di informazione indipendenti sono stati accusati di contrabbando di valuta in relazione a presunti finanziamenti da parte di donatori occidentali.

Per i giornalisti di Abzas però non è finita qui: a fine Agosto infatti sono stati accusati di 7 nuovi reati economici, tra cui: attività imprenditoriale illegale, riciclaggio di denaro di una somma elevata, riciclaggio di denaro da parte di un gruppo organizzato, contrabbando di valuta da parte di un gruppo organizzato, evasione fiscale da parte di un gruppo organizzato, falsificazione di documenti e utilizzo di documenti falsi.

Accuse, queste, che potrebbero aumentare la pena massima in carcere da 8 a 12 anni.

L’incarcerazione del direttore e dei redattori di Abzas, che si dichiarano innocenti, non sorprende. I mesi precedenti alla formulazione delle accuse infatti Abzas Media aveva pubblicato una serie di inchieste sul patrimonio di personaggi pubblici, come il genero e altri familiari di Aliyev, il capo dei servizi di sicurezza dello Stato dell’Azerbaigian e il ministro degli Esteri del Paese. Per il governo quindi era giunto il momento di agire, prima che lo scandalo si ingigantisse.

A dare sostegno ai giornalisti è Gulnoza Said, coordinatrice del programma Europa e Asia centrale del CPJ, che ha dichiarato: «La mossa delle autorità azere di presentare nuove accuse contro i giornalisti investigativi incarcerati di Abzas Media è la prova dell’impulso vendicativo che si cela dietro la loro azione penale contro un’agenzia che ha coraggiosamente esposto la corruzione di alti funzionari. Le autorità devono ritirare tutte le accuse contro lo staff di Abzas Media e rilasciare immediatamente tutti i giornalisti detenuti per presunta ricezione di sostegno finanziario occidentale».

L’ombra dello spyware Pegasus dietro i giornalisti arrestati

È il 20 Novembre 2023 e Ulvi Hasanli, direttore e fondatore Abzas Media, si sta recando all’aeroporto di Baku: lì la polizia lo ferma e, con l’accusa di contrabbando di valuta estera, lo arresta. Nel frattempo il suo appartamento e la sua redazione vengono perquisite. Al termine della perquisizione la polizia dirà di aver trovato 40.000 euro in contanti nei locali dell’emittente.

Hasanli affermerà che durante l’interrogatorio, non solo le domande vertevano sulle inchieste svolte da Abzas, ma che è stato preso a calci e pugni. Una violenza fisica che si somma a quella psicologica, in quanto da quando è detenutopresso il Baku Pretrial Detention Center, Hasanli è sottoposto a continue pressioni, le autorità infatti gli stanno negando il diritto di chiamare i suoi avvocati e di telefonare e ricevere visite dalla sua famiglia, minacciandolo che potrebbe essere trasferito in sezioni peggiori se continua a lamentarsi presso l’ombudsman (difensore civico) per i diritti umani dell’Azerbaigian.

Non è la prima volta che Hasanli viene preso di mira dalle autorità azere. Già arrestato nel 2011 e nel 2017, e a più riprese nel 2023, il suo nome compariva in una lista trapelata nel 2021 di individui cui nei dispositivi elettronici era stato introiettato Pegasus, spyware prodotto dalla società israeliana NSO Group, e potente arma tecnologica usata dai governi autoritari per spiare e tenere sotto controllo i giornalisti e i dissidenti politici. 

In un articolo precedente avevo definito Pegasus come: «Espressione perfetta dell’Autoritarismo digitale e manifestazione di sovranità espressa dai governi autoritari tesa ad identificare, monitorare e censurare le azioni dei cittadini online».

Come si può ben immaginare, il direttore di Abzas non è stato l’unico giornalista azero a essere spiato tramite Pegasus. Khadija Ismayilova, ad esempio, giornalista investigativa di Organized Crime and Corruption Reporting Project e caporedattrice di Toplum TV, ha avuto il cellulare infettato da Pegasus dal 2018 al 2021, oltre questo nella sua residenza erano state installate delle telecamere per sorvegliarla. È importante ricordare che Ismayilova è stata la prima giornalista donna ad essere incarcerata in Azerbaigian, e che dal quel 2014 è stata ripetutamente accusata e incarcerata,il suo ultimo suo arresto risale a Marzo 2024.

Un’altra giornalista azera a cui è stato iniettato Pegasus nei propri dispositivi è Sevinj Vaqifqizi, sorvegliata dal governo dal 2019. 

Questa tendenza al controllo morboso da parte delle autorità però ha anche un altro volto: quello della violenza. In Azerbaigian i giornalisti subiscono costanti aggressioni fisiche, e spesso vengono picchiati o inseguiti dalla polizia. Nel Dicembre 202 Nargiz Absalamova (Abzas) mentre protestava contro la nuova Legge sui media, è stata aggredita dagli agenti riportando una clavicola rotta, nonostante abbia cercato giustizia presso i tribunali azeri, la sua denuncia per il trattamento disumano da parte degli agenti di polizia non è stata accolta.

Se neanche il controllo e le violenze fanno desistere i giornalisti dallo svolgere il proprio lavoro, al regime di Aliyev non resta altro che incarcerarli. A Jam News Khalid Agaliyev, esperto di diritti dei media e avvocato, ha dichiarato: «Se confrontiamo i casi di arresti di giornalisti negli ultimi 3-5 mesi, ad esempio, con il periodo dal 2000, non abbiamo mai visto nulla di simile. Tra il 2005 e il 2010, l’Azerbaijan ha occupato il primo posto nella regione dell’OSCE per numero di giornalisti incarcerati. A quel tempo, molti giornalisti erano in prigione. Ma anche se guardiamo alle statistiche sugli arresti di quegli anni, la situazione attuale è ancora peggiore, con più giornalisti dietro le sbarre».

La denuncia e l’appello per la liberazione dei giornalisti incarcerati

È questo che succede in Azerbaigian. Paese che a metà Novembre si presterà ad ospitare la Cop29, Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, e cui Presidente è stato in visita in Italia a inizio Settembre incontrando il Presidente del Consiglio e il nostro Presidente della Repubblica. 

Ma è proprio in vista della Cop29 che CPJ, con altre associazioni, ha diramato una lettera che denuncia la continua violazione dei diritti umani in Azerbaigian, chiedendo il rilascio incondizionato di tutti i giornalisti incarcerati; è inoltre anche stata avviata una campagna a sostegno dei giornalisti di Abzas avente l’hashtag #freeabzasjournalists. 

A unirsi a questi appelli anche la Federazione internazionale dei giornalisti (IFJ) che chiede alla comunità internazionale di intensificare la pressione sul governo azero affinché ponga fine alla repressione nei confronti dei giornalisti e dei media indipendenti e rilasci i 23 giornalisti e operatori dei media ingiustamente imprigionati in vista della COP29, che si terrà a Baku nel Novembre 2024.

Il segretario generale dell’IFJ, Anthony Bellanger, ha dichiarato: «Stiamo assistendo a un’ondata di repressione volta a intimidire tutti i giornalisti che operano nel paese, in particolare quelli che indagano sulla corruzione ufficiale. Il governo dell’Azerbaigian, che ospita la COP29 di quest’anno, deve capire che una transizione giusta non può essere raggiunta senza libertà di espressione. Esortiamo le autorità azere a smettere di prendere di mira gli operatori dei media e a rilasciare senza indugio tutti i giornalisti ingiustamente imprigionati».

Nonostante  le costanti violazioni dei diritti umani e le recenti elezioni farsa, l’Azerbaigian resta un partner con cui l’UE (e l’Italia) si relaziona, instaurando rapporti economici, confermando, ancora una volta, come gli interessi materiali superino quelli umani e i valori etici presenti, ad esempio, tra i principi fondanti dell’Unione.