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di Silvia Cegalin
Quanto vale un follower? E cosa si è disposti a fare per aumentare il proprio numero di visualizzazioni?
Per comprendere appieno l’argomento che sto per trattare è necessario partire da queste domande, perché gli atti di bullismo e criminalità da parte di gruppi giovanili che oramai da un paio d’anni si stanno verificando in tutta Italia, città e periferie comprese, sono strettamente correlati a questi due interrogativi, ma soprattutto alle risposte che ne conseguono. Prima però partiamo da un fatto: la violenza è sempre esistita, nessuno nega che anche in passato nei nostri territori fossero presenti bande di ragazzi/e violenti/e, tuttavia, quello a cui si sta assistendo in questo ultimo periodo ha degli aspetti di assoluta differenza rispetto al passato.
L’esaltazione del modello Fight Club corre su TikTok e Telegram
Scopro che è sufficiente una banale ricerca in Internet della combinazione delle parole Telegram/TikTok + risse, per avere l’home page invasa da liste di canali che incitano combattimenti, raid punitivi o che, vantandosene, promuovono contenuti a loro detta illeciti. Ovviamente non apro nessuna di queste pagine, mi basta leggere la loro descrizione per capire il tenore sinistro che contengono: «scopri i migliori canali di risse tra femmine», «gruppi illegali: ecco i migliori». Canali, questi, che stanno letteralmente spopolando tra i ragazzi e che possono raggiungere milioni di iscritti.
Partecipare ad un atto di violenza, in modo attivo o passivo (ad esempio filmando) è, infatti, per alcuni, molti, giovani oltre che una dimostrazione di forza, un’azione come un’altra per aumentare la visibilità nei social.
È nell’esibizione e nella possibilità che tale esibizione della violenza diventi virale, dunque, che oggi si rintraccia il movente e il fine ultimo delle risse e degli atti criminali compiuti dalle baby gang, ed è questo il carattere di differenza rispetto alle bande dei decenni scorsi.
Oltre a ciò, i recentissimi dati forniti dall’Osservatorio nazionale sull’adolescenza rilevano che il 6,5% dei minorenni italiani fa parte di una banda, il 16% ha commesso atti vandalici, mentre tre ragazzi su dieci ha partecipato a una rissa.
Monetizzazione da social: per aumentare follower e visualizzazioni si è disposti a fare di tutto
Facendo sempre riferimento alle ricerche effettuate dall’Osservatorio nazionale sull’adolescenza emerge una popolazione giovanile fortemente dipendente dai social. Nel 2019 il 66% degli adolescenti si dichiarava infatti ossessionato dal numero di like ricevuti, un dato non trascurabile che porta i ragazzi/e a cercare forme sempre più forti di approvazione sociale, e una di queste sembra appunto essere la diffusione di contenuti violenti.
Se si indaga approfonditamente sul mondo dei social si scopre però un lato ben più oscuro: esistono canali Telegram (di cui non faccio volutamente il nome) che invitano gli utenti a inviare filmati di scontri, incidenti e pestaggi promettendo in cambio visibilità.
Nella mia ricerca, non a caso, mi imbatto in un annuncio a tema risse che dice: «Il nuovo progetto che vi farà monetizzare al 100%»; progetto che potrebbe, da una parte far guadagnare soldi a chi gestisce il canale, e dall’altra far aumentare i follower di chi manda il video, fomentando così gli scontri che avvengono appositamente per essere postati.
La chat di Telegram: l’organizzazione delle risse parte da lì
È doveroso infine ricordare che Telegram permette varie forme di anonimato e la possibilità di autodistruggere le conversazioni, fattori che la rendono una tra le chat preferite per organizzare incontri tra bande.
A fronte di quanto esposto in questo articolo, è più che mai ovvio che parte della violenza attuale dei giovanissimi passa attraverso le piattaforme, e la formazione di baby gang nate esclusivamente per diventare popolari in rete ne sono la prova. Etichettare la problematica come fenomeno passeggero o slegata dal mondo social non aiuta, perciò, né la nostra comunità né, tanto meno, questi ragazzi/e che hanno bisogno del nostro aiuto.