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Il cuoco in bicicletta ha portato la carbonara dall’Everest a Chernobyl, il suo prossimo progetto sono le ”Carbonara stories” in Islanda
Ormai si è perso il conto di cuochi o presunti tali che sui social sfoggiano la parte croccante del piatto, utile a smorzare il retrogusto amaro – ma anche un po’ dolce e perché no, un po’ salato – del caffè essiccato a vapore nel forno di ultima generazione. Tuttavia c’è qualcuno che si distingue ancora. Toque con teschi colorati che a stento riesce e contenere la folta chioma riccia, linguaggio semplice e diretto, denso di origini romanesche.
Chi è? Bike_chef
“E poi lo magnamo!” è la frase tormentone – rigorosamente in falsetto – che chiude ogni suo video; crea piatti inclassificabili che riprendono e al tempo stesso destrutturano di continuo la tradizione. Chi è? Bike_chef, naturalmente, al secolo Cristiano Sabatini: in sella alla sua bici – animale di compagnia preferito, nonostante si definisca “avventuriero un po’ pigro” – ha percorso centinaia di km per cucinare la carbonara prima sull’Everest poi a Chernobyl, ante guerra, usando prodotti locali. E ancora: Marocco, Perù e forse, a breve, l’Islanda, sempre alla ricerca di ingredienti ai confini del mondo – viste le sue ricette a base di medusa, carne di coccodrillo e filetto di zebra? “Sarebbe noioso cucinare sempre le stesse cose. Ma sia chiaro, non è che vado a cacciare questi animali, me li procuro da allevamenti”, dice.
De Niro, l’”ho fatto sputare”, scherza Bike_chef
Ad apprezzarne le doti culinarie, non “solo” i 49mila followers su Instagram, ma anche personaggi famosi come il regista Giovanni Veronesi – “quando mi ha chiamato la prima volta, pensavo fosse il Veronesi oncologo, non so perché” scherza – Carlo Verdone, Giuliano Sangiorgi e, udite udite, Robert De Niro, sul quale racconta un simpatico aneddoto. “Per un’incomprensione linguistica gli ho fatto mangiare un cono di bambù! Serviva solamente a contenere il cibo e non ci siamo capiti. Posso fregiarmi di questo onore: ho fatto sputare Robert De Niro”. Raggiunto telefonicamente nel bel mezzo di un catering – questa la sua principale occupazione – per un matrimonio a Manziana, lo chef in bici ci rilascia una bella intervista: parla delle sue origini, dello scarto tra come appare il vecchio mestiere di cuoco nei programmi televisivi e la realtà, del binomio inscindibile cucina-viaggio e di cosa si aspetta dal futuro. Interpellato sulle prossime elezioni dice: “Sono disgustato, la politica è un piatto che non mangerei mai. Come già ho detto in passato, mi piacerebbe però cucinare un agnello brodettato per la pace tra Israele e Palestina, odio le guerre e chi le fa per gli interessi di pochi”.
Gli inizi: da Orvieto ai viaggi pazzi in bici
Nato a Roma ma cresciuto ad Orvieto, dove ha vissuto fino a 24 anni. Formazione? Quella di ragioniere; strano ma vero “e menomale che non esercito, altrimenti farei fallire tante aziende”. Ha lavorato come barman e dj in una prima attività di famiglia, “ma ero scarso pure in quello”. Dopo il servizio militare, il padre apre un ristorante e gli propone di collaborare in cucina. Da lì inizia tutto. “Ho rilevato l’attività e sono durato dieci anni, poi non ce l’ho fatta più. Ero sempre in cucina e non mi piaceva. Lavorare è bello, ma ho sempre desiderato avere tempo a disposizione per le avventure e la famiglia”. La scelta della bici come mezzo di trasporto, ha una ragione che risponde a pieno al personaggio. “Pensavo a qualcosa che mi costasse poca fatica. In discesa lasci i freni e vai”. In realtà, “sono sempre stato attratto dai viaggi zaino in spalla che ti portano a dormire ovunque e a improvvisare sul momento”. Il primo vero tour, in Toscana, poi viaggi pazzi l’uno dietro l’altro, che sono diventati anche sfide culinarie: “è facile cucinare in Italia con i nostri prodotti. L’obiettivo quindi è diventato riuscire a proporre piatti con ingredienti sconosciuti. Per questo le mie ricette sono stranissime”.
La cucina tra social, tv e stelle Michelin
Attenzione però al mondo social, che offre spazi comunicativi immani, ma può distorcere la realtà. Da anni ormai su Instagram, Tik Tok, Facebook, ma soprattutto in televisione, viene spesso proposta un’immagine di questo mestiere, quello di cuoco, fatta di impiattamenti al bacio e giudizi taglienti. Cosa accade invece nella quotidianità di un ristorante qualsiasi? Quali sono le paghe? Quante ore si lavora? “Io mi ritengo fortunato perché ho sempre potuto lavorare per me stesso, ma stiamo parlando di un ambiente duro, dove caldo, stress e anche 18 ore di lavoro al giorno la fanno da padrone. Soprattutto in Italia succede questo e magari si lavora per 1500 euro al mese. Ammiro chi fa ancora questo lavoro, è da pazzi”. Le stelle Michelin – traguardo ambito dalla cucina cosiddetta gourmet – e programmi alla Masterchef, “per me sono la rovina della cucina italiana, e io ho partecipato a Cuochi d’Italia. Magari chi giudica con l’accetta un impiattamento, fino a qualche ora prima era al McDonald’s o a casa a mangiare cose normalissime”. Sui social “rispondo con sagacia quando le critiche non hanno né capo né coda, cerco sempre di bandire la maleducazione. Non ho mai avuto il piglio di chi vuole insegnare, ma informare, appassionare”.
Progetti per il futuro: le “carbonara stories” in Islanda
A ottobre, forse novembre, una nuova avventura: le “carbonara stories” in Islanda. Chissà, un possibile programma televisivo – nessun giudizio schizzinoso, garantito, solo luoghi inesplorati e ingredienti “pazzi” – a partire da un episodio zero che bike_chef ha già lanciato in parte sui suoi social con la carbonara atomica realizzata a Chernobyl, in compagna di un’anziana del posto, utilizzando prodotti locali che invogliassero gli autoctoni ad assaggiare il piatto: in quel caso barbabietola, vodka, lardo. “Beh, nei miei viaggi, c’è sempre di mezzo una carbonara. Vediamo cosa succede in Islanda!”. E se è vero che “la cucina senza viaggio esiste, ma per me è triste”, il cuoco riccioluto ha un sogno: “trovare qualcuno che mi paghi i biglietti aereo, che mi permetta di fare pazzie e avventure. Non mi importa essere famoso”. L’intervista non potrebbe che concludersi con l’ennesima battuta, da vero romano. A domanda stereotipata – “dove ti vedi tra dieci anni?” – risponde così: “se continuo a mangiare così tanto, forse sotto terra. A parte gli scherzi, mi vedo a fare ciò che mi piace”. Se non si fosse ancora capito: girare il mondo e cucinare.