Cascate Niagara: ispezioni sui turisti per scontro USA-Canada

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Cascate Niagara: ispezioni sui turisti per scontro USA-Canada

Un tempo attraversare il confine tra Stati Uniti e Canada per ammirare le cascate del Niagara era una formalità, oggi è diventato un percorso a ostacoli.

Non sono soltanto gli americani ad aver irrigidito i controlli: sempre più turisti segnalano un atteggiamento inaspettatamente severo da parte delle autorità canadesi. Autobus turistici fermati, passeggeri costretti a scendere con le valigie per ispezioni approfondite, lunghe attese e un clima di crescente diffidenza.

Dietro questo inasprimento si intravede l’ombra delle politiche protezionistiche e migratorie avviate dall’amministrazione Trump e mai del tutto smantellate, che hanno influenzato anche i rapporti tra i due paesi confinanti. L’escalation delle tensioni commerciali, alimentata dai dazi imposti dagli Usa, sta avendo ripercussioni dirette sul turismo e sul superamento delle frontiere.

Il leader del GOP ha accusato il “Paese della foglia d’acero” di non fare abbastanza per fermare il traffico di fentanyl, il potente oppiaceo responsabile di una strage silenziosa che prosegue da anni. Questa accusa avrebbe quindi giustificato le politiche introdotte che producono un impatto devastante sull’economia canadese.

Negli Stati Uniti, intanto, si moltiplicano le testimonianze di viaggiatori fermati nei principali aeroporti nonostante l’ingresso con regolari visti o autorizzazioni ESTA. Alcuni sarebbero stati trattenuti per ore e costretti a sbloccare i propri dispositivi elettronici affinché le autorità di frontiera potessero controllare i social media. 

Le misure colpiscono soprattutto chi proviene da determinati Paesi o chi ha partecipato ad attività politiche considerate sensibili. Sono molti quelli che riferiscono di essere stati sottoposti a domande dettagliate sulle loro reti di contatti prima di poter proseguire il viaggio o, in alcuni casi, di essere stati respinti senza spiegazioni convincenti.

Un altro aspetto preoccupante riguarda il trattamento riservato ai giovani che hanno partecipato a proteste pro-pal nei campus americani la scorsa primavera. L’Immigrationand Customs Enforcement, ICE l’agenzia federale responsabile dell’applicazione delle leggi sull’immigrazione, ha già dimostrato una linea dura nei confronti di attivisti e studenti stranieri, perseguendo chiunque fosse sospettato di avere legami con movimenti politici scomodi. 

Negli ultimi mesi, l’amministrazione repubblicana ha anche intensificato le “deportazioni” di cittadini sudamericani dagli Stati Uniti, suscitando preoccupazioni a livello internazionale. A marzo oltre 200 persone sono state rimpatriate in Venezuela tramite l’Honduras, in seguito a un accordo tra Washington e Caracas. 

Parallelamente, presunti membri della banda venezuelana “Tren de Aragua” sono stati trasferiti a El Salvador e incarcerati in una struttura di massima sicurezza. La decisione è stata motivata dal governo statunitense in base all’”Alien Enemies Act” del 1798, una legge raramente utilizzata che consente la detenzione e l’espulsione di cittadini di  Paesi considerati pericolosi.

Un giudice federale ha però temporaneamente bloccato i voli e messo in discussione la legalità dei metodi sottolineando la mancanza di prove concrete contro molti dei deportati. Il governo venezuelano ha altresì contestato l’etichettatura di “criminali”, assegnata agli espulsi.

Mentre gli Stati Uniti e, ora, anche il Canada si trincerano, il costo di questa scelta potrebbe essere elevato. Un’atmosfera di crescente ostilità nei confronti dei visitatori potrebbe disincentivare il turismo e gli investimenti internazionali, danneggiando per sempre la reputazione di Stati che per decenni sono stati sinonimo di accoglienza e apertura.