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Ecco le conseguenze della responsabilità penale medica sul sistema sanitario e sociale, anche alla luce della seconda ondata di covid
di Valter Giovannini, Magistrato ex Procuratore Aggiunto di Bologna
Sono 26 anni che faccio il Pubblico Ministero a Bologna (su 36 anni in totale) e mi è capitato, innumerevoli volte, di svolgere indagini sul personale sanitario dopo esposti e denunce per ipotesi di colpa medica.
Da molto tempo ho maturato una convinzione: nella stragrande maggioranza i procedimenti penali sono inutili perché si concludono con archiviazioni o proscioglimenti. I costi economici e personali sono però altissimi. I medici cercano di prevenire le possibili accuse di negligenza attraverso la cosiddetta “medicina difensiva”: prescrivono cioè il maggior numero di esami possibile, anche se non indispensabili, per evitare futuri rimproveri in sede giudiziaria. I costi a carico del servizio pubblico sanitario sono immensi. Anche chi denuncia paga prezzi elevati, rappresentati dalla falsa aspettativa di vedere processato il medico che in cuor suo ha già condannato. Se poi il processo si conclude con un’assoluzione, al convincimento di un caso di malasanità, consegue l’ulteriore convincimento di essere stato vittima di un caso di malagiustizia. Ovviamente non é così perché, considerando l’esorbitante numero di denunce nei confronti del personale sanitario, é abbastanza raro che emerga con chiarezza una conclamata negligenza, imprudenza o imperizia.
Anni fa a Bologna si tennero un paio di incontri pubblici sulla responsabilità penale medica. Esposi, con assoluta libertà e massima convinzione, il mio pensiero, legittimato dalla circostanza che all’epoca, come Procuratore della Repubblica Aggiunto, coordinavo il gruppo che si occupava proprio di questo tema.
Dissi che il sistema non poteva più reggere e si doveva trovare il coraggio di fare come accaduto in Francia dove, anni addietro, hanno avuto la forza di depenalizzare le “colpe mediche” penali riservando alla sede civile eventuali aspetti risarcitori o indennitari.
La scorsa primavera con grande e, penso sincero, affetto, fummo in tantissimi alle ore 12 di un certo giorno ad uscire sul balcone o davanti al portone di casa per battere le mani al personale sanitario della nostra città e di tutto il Paese. Il coinvolgimento emotivo era forte, circolavano immagini di medici ed infermieri col volto disfatto, gli occhi cerchiati dalle impronte delle mascherine indossate per giorni e notti intere. Ci piaceva chiamarli eroi. Per il mestiere che faccio pensai subito che non pochi di coloro che quel giorno in tutta Italia glorificavamo, di lì a qualche mese, avrebbero subito denunce o esposti per come avevano affrontato lo tsunami Covid 19. Purtroppo fui facile profeta. Accadde esattamente questo e sui giornali si aprì anche un dibattito su questa gran massa di denunce.
Ora stiamo affrontando la seconda ondata di questo maledetto virus e fatalmente ci sarà anche la seconda ondata di denunce. Stavolta forse però non si aprirà alcun dibattito. Le persone si abituano facilmente e l’indignazione spesso è cosa assai effimera e forse anche un po’ ipocrita.
I medici, i cui caduti sul campo sono, a metà Dicembre 2020, oltre 230, hanno ripreso a lavorare in silenzio e con i ritmi simili a quelli della scorsa primavera. Stavolta, però per favore, niente applausi, stiamo zitti, non chiamiamoli eroi. Rispettiamoli rimanendo silenti.
In conclusione ritengo che, se il sistema lo consente, non si può biasimare nessuno se intraprende la via giudiziaria è compito però di una politica forte ed autorevole affrontare il problema quando esso é ormai fuori controllo. Nel corso della prima emergenza Covid ci furono proposte di legge tese a sollevare da responsabilità penali i sanitari, formulate sia dai partiti di governo che da quelli di opposizione. Per svariate ragioni non si raggiunse un accordo e le modifiche di legge non sono mai state riproposte.
Forse non è chiaro quali ansie, preoccupazioni, costi materiali ed umani comporti ricevere un avviso di apertura di un procedimento penale. Mi chiedo: è proprio impossibile trovare un accordo per restituire a tutto il personale sanitario, quanto meno in questo periodo e per i futuri mesi difficili che ci attendono, una giusta e sacrosanta serenità della quale peraltro beneficerebbero tutti coloro che si rivolgeranno alle strutture mediche?
Bologna, che in passato in tante occasioni è stata considerata, a torto o a ragione poco importa, una città laboratorio di idee ed iniziative, non potrebbe essere il luogo giusto dal quale far partire serie e condivise iniziative in tal senso?