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In Michigan, entra nel vivo la corsa per le presidenziali 2024, mentre è in corso uno sciopero durissimo contro i colossi dell’automobile. La Transizione Ecologica e il cambiamento climatico saranno al centro del dibattito.
A poco più di un anno dal gong, entra ufficialmente nel vivo la corsa verso le elezioni presidenziali americane del Novembre 2024.
Biden e Trump, si parte dal Michigan
I due candidati designati, Joe Biden e Donald Trump, si sono sfidati subito in uno dei ring che sarà fra i più determinanti nella contesa elettorale, il Michigan, parte integrante di quella vasta area del Midwest, in passato cuore pulsante dell’industria pesante americana, negli ultimi decenni corrosa dallo spopolamento e dal degrado urbano dovuti alle crisi dei settori produttivi tradizionali.
Non è un caso se quell’area venga definita rust belt, ossia la cintura della ruggine e non è neanche un caso se il Michigan sia uno degli Stati “viola”, uno di quelli cioè considerati sempre in bilico, che né i Repubblicani né i Democratici possono sentirsi sicuri di avere dalla loro parte.
Lo sciopero a Detroit
A Detroit, la città simbolo dello Stato, imperversa dal 15 settembre uno sciopero indetto dal Sindacato United Auto Workers (Uaw), contro i colossi automobilistici General Motors, Stellantis e Ford, a seguito della scadenza del contratto di lavoro.
A fronte dei trend positivi di crescita del settore nel post-pandemia, il sindacato chiede per gli operai un aumento salariale del 36% spalmato in due bienni, oltre a nuove condizioni pensionistiche e di welfare.
Tuttavia, le aziende hanno risposto con una proposta di adeguamento pari a circa la metà della richiesta e così la mobilitazione, inizialmente circoscritta a tre stabilimenti, in pochi giorni ne ha coinvolti trentotto, in almeno venti Stati diversi della federazione a stelle e strisce.
Uno scenario difficile, ma ideale da cavalcare per i due anziani, ma vispi contendenti lo studio ovale della Casa Bianca durante il prossimo quadriennio.
Biden a Detroit
Il Presidente in carica, Joe Biden, martedì 26 settembre, si è presentato ad un picchetto degli operai dell’auto a Detroit, in versione barricadiero, indossando un berrettino con il logo del sindacato Uaw e parlando alla folla attraverso un megafono.
La prima volta in assoluto che un inquilino della Casa Bianca ha preso parte ad una mobilitazione sociale. «Dopo la crisi, le aziende automobilistiche hanno ripreso a guadagnare, è giusto che condividano i profitti con voi», ha detto dopo l’abbraccio con il leader del sindacato Shawn Fein, aggiungendo poi: «Avete salvato l’industria automobilistica. Avete fatto molti sacrifici. Le aziende erano in difficoltà. Ora stanno andando incredibilmente bene e, sapete, dovreste farlo anche voi».
Donald Trump, dal canto suo, ha preso il viaggio di Biden in Michigan come un vero e proprio dispetto nei suoi confronti, in quanto lui aveva annunciato ben prima la sua visita a Detroit, fissata per il giorno successivo, mercoledì 27 settembre, e ha accusato il Presidente di volerlo imitare, bollando la sua iniziativa come «niente più di una misera opportunità fotografica».
Trump a Detroit
E così, nel capannone della Drake Enterprises, dinanzi una platea abbastanza selezionata, il tycoon ha affrontato la questione dal proprio punto di vista.
Con parole perentorie, ha affermato che l’esperienza di Detroit va al di là delle legittime richieste salariali degli operai perché, in ogni caso, «entro due anni perderete il posto di lavoro». Nel mirino, ovviamente, la transizione ecologica e il cambio di rotta verso l’elettrico, che provocherà una «apocalisse» nel settore componentistico, oltre a «favorire la Cina». Le accuse a Biden sono state esplicite, quanto esplicita e acuta è stata la volontà di metterlo in difficoltà, ponendolo nella contraddizione di dover scegliere fra il consenso della classe operaia e quello degli ambientalisti.
Per Trump, la soluzione è solo una: «Produzione americana, fatta con le mani sapienti americane e con le forniture americane».
L’ex Presidente, per essere a Detroit, ha disertato volentieri il dibattito fra i candidati alle primarie del Partito Repubblicano, al punto che fra i suoi sfidanti c’è chi, come Chris Christie, gli ha affibbiato il nomignolo di “Donald Duck”, con un chiaro riferimento al poco coraggioso Paperino. Trump, forte dei sondaggi che lo danno in ampio vantaggio, ha preferito il comizio fra i lavoratori dell’industria dell’auto in sciopero, prendendo di mira quello che ritiene il suo unico e più pericoloso rivale, ovvero Joe Biden.
Soltanto un assaggio della campagna elettorale che verrà, in cui inevitabilmente, la Transizione Ecologica e il cambiamento climatico saranno uno dei piatti forti del dibattito, negli Stati Uniti, come in Europa.