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È appena stato denunciato un atto vandalico nei confronti dell’automobile del fratello Pietro. Nel frattempo il Vaticano ha fatto avere alcuni documenti alla Procura di Roma sulla scomparsa della quindicenne.
Sono state tagliate con una lama le quattro gomme dell’auto del fratello di Emanuela Orlandi, la ragazza scomparsa nel 1983. Quanto è accaduto è stato denunciato da Pietro Orlandi, da sempre impegnato per far emergere la verità sulla scomparsa della sorella. Si pensa che il gesto vandalico sia un’intimidazione, legata all’incessante attività portata avanti da decenni da Pietro Orlandi.
A che punto siamo con la ricerca della verità?
Il Vaticano ha quest’anno aperto un indagine interna e pochi giorni fa il promotore di giustizia Vaticano, Alessandro Diddi, ha parlato di carte inedite e piste da approfondire. Pertanto i documenti sono stati trasmessi alla Procura di Roma che ha parallelamente aperto un’inchiesta. Nel frattempo, è stato approvata all’unanimità da parte della commissione Affari Costituzionali del Senato l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, già approvata dalla Camera, ora passata in aula del Senato per l’approvazione definitiva.
Parole di soddisfazione sono arrivate da Laura Sgrò, avvocata della famiglia Orlandi, che ha dichiarato all’Ansa: “Siamo molto contenti per quanto accaduto oggi in Senato. La ricerca della verità e della giustizia appartiene a tutti gli uomini di buona volontà e oggi il Senato ha dato prova di volere chiarezza e trasparenza sulla vicenda di Emanuela. Adesso che si vada subito in aula”. Grazie alla tenacia della famiglia Orlandi e di una parte dell’informazione, i riflettori sulla vicenda, nonostante siano passati tanti, sono ancora ben accesi sulla vicenda e ci auguriamo che le indagini in corso e la commissione parlamentare possano essere decisive per arrivare alla verità.
Papa Francesco ha espresso vicinanza alla famiglia Orlandi
Il 22 giugno 1983, l’allora quindicenne cittadina vaticana Emanuela Orlandi scomparve nel nulla, mentre rientrava a casa dopo una lezione di musica.
Il 25 giugno 2023, centinaia di persone si sono radunate in un sit-in a Roma a Largo Giovanni XXIII, organizzato da Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, che in tutti questi anni non si è mai arreso e ha continuato a cercare di arrivare alla verità sulla sorte della sorella. Nella stessa giornata, Papa Francesco ha espresso vicinanza alla famiglia Orlandi per la scomparsa di Emanuela, durante l’Angelus domenicale. Il tabù è finalmente caduto, un segnale positivo e un passo in avanti per arrivare alla verità, questo è stato sostanzialmente il commento di Pietro Orlandi alle parole del papa.
Uno dei più grandi misteri italiani, quarant’anni di piste più o meno valide, presunti coinvolgimenti col terrorismo internazionale, con la criminalità organizzata dell’epoca e, soprattutto, con il Vaticano e una famiglia che ancora non riesce a sapere nulla su Emanuela, né se sia in vita o meno. Ma andiamo per ordine.
La scomparsa
Nel 1983 Emanuela abitava in Vaticano con i genitori e quattro tra fratelli e sorelle: Natalina, Pietro, Federica e Maria Cristina.
Il 22 giugno 1983, Emanuela si recò alla lezione di musica in Piazza Sant’Apollinare. Doveva terminare alle ore 19, ma uscì dieci minuti prima, telefonò a casa e disse alla sorella Federica che un uomo le aveva proposto un lavoro di volantinaggio per Avon Cosmetics, da svolgersi durante una sfilata di moda che si sarebbe tenuta pochi giorni dopo. La sorella le sconsigliò di accettare la proposta e le disse di tornare a casa per parlarne con i genitori. Dopo la telefonata, Emanuela aspettò l’uscita delle altre compagne dal corso di canto e, insieme a due di esse, Raffaella Monzi e Maria Grazia Casini, raggiunse la fermata dell’autobus. Secondo le due amiche, Emanuela parlò brevemente della proposta di lavoro ricevuta e disse che avrebbe chiesto prima il permesso ai genitori e che avrebbe comunque fatto attenzione. Intorno alle 19,30, prima Maria Grazia e poi Raffaella salirono su due differenti autobus, mentre, a detta di Raffaella, Emanuela non salì sull’autobus poiché troppo affollato, dicendo che avrebbe atteso quello successivo. Da quel momento si persero le tracce della ragazza.
Secondo un’altra versione, Emanuela confidò a Raffaella Monzi, che avrebbe aspettato l’uomo che le aveva proposto il lavoro e la stessa Raffaella dichiarò di aver accompagnato Emanuela alla fermata dell’autobus, congedandola alle 19,30. Raffaella raccontò che andando via con l’autobus, vide Emanuela parlare con una ragazza dai capelli ricci che non fu mai identificata.
In seguito, fu accertato che la Avon non era coinvolta nel fatto e che nello stesso periodo altre ragazze erano state adescate da un uomo con il pretesto di quell’offerta di lavoro.
Ipotesi terrorismo internazionale
Dopo una serie di telefonate dei sedicenti “Pierluigi” e “Mario” che non portarono a niente di concreto, il 5 luglio giunse una chiamata alla sala stampa vaticana, un uomo con forte accento anglosassone (soprannominato dai giornali “l’americano”) dichiarò di tenere in ostaggio Emanuela, chiese l’attivazione di una linea diretta telefonica col Vaticano e tirò in ballo Mehmet Ali Ağca, l’uomo che pochi anni prima aveva attentato alla vita del Papa, chiedendo l’intervento dello stesso affinché Ali Ağca venisse liberato. Lo stesso giorno, poco più tardi, lo stesso uomo telefonò a casa Orlandi e fece ascoltare ai genitori un nastro con registrata la voce di una ragazza, presumibilmente Emanuela, forse estrapolata da un dialogo più ampio. L’8 luglio dello stesso anno, un uomo con accento mediorientale telefonò ad una compagna di conservatorio di Emanuela, dicendo che la ragazza era con loro e avevano 20 giorni di tempo per effettuare lo scambio con Ali Ağca.
Lo stesso, interrogato dalle autorità si dichiarò estraneo alla vicenda e pronto a collaborare e dare supporto in tutti i modi. La linea telefonica fu installata il 18 luglio, continuarono ad arrivare telefonate da “l’americano”. Il 4 agosto, arrivò alla sede dell’Ansa di Milano un comunicato con un ultimatum e un rinnovo della richiesta di liberazione di Ali Ağca, il messaggio era firmato dal gruppo: Il Fronte Liberazione Turco Anticristiano “Turkesh”. Fino al 1985 continuarono ad arrivare telefonate da parte de “l’americano” e comunicati del gruppo Turkesh, in uno dei quali dichiararono di aver rapito anche Mirella Gregori, altra ragazza romana scomparsa poco prima di Emanuela, ma nonostante conoscessero dettagli sulla vita di Emanuela, non si arrivò mai ad avere prove per aprire una pista concreta.
Ali Ağca, in questi anni ha sempre sostenuto, anche se con varie contraddizioni, che Emanuela fosse stata rapita a causa di un complotto interno al Vaticano per chiedere la sua liberazione, che fosse ancora viva e che, se il Vaticano volesse, Emanuela potrebbe essere liberata immediatamente.
La banda della Magliana e il coinvolgimento del Vaticano
È spuntata prepotentemente anche una pista riguardante la banda della Magliana, attiva in quegli anni in territorio romano. Grazie ad una telefonata anonima arrivata alla redazione del programma “Chi l’ha visto?” nel 2005, si scoprì che nella basilica di Sant’Apollinare era sepolto il boss della banda Enrico De Pedis, colui che chiamò la redazione considerava il fatto collegato alla scomparsa di Emanuela Orlandi e parlava di un favore reso da De Pedis al cardinal Poletti. Nel 2006 entrò nella vicenda Sabrina Minardi, che in quegli anni ebbe una relazione con il boss della banda, che raccontò in un’intervista che il De Pedis avrebbe rapito la Orlandi e che lei stessa avrebbe avuto un ruolo nella vicenda. La Minardi dichiara che il sequestro era stato effettuato per ordine del Monsignor Paul Marcinkus che all’epoca era presidente dell’Istituto per le opere di religione (IOR). Molte dichiarazioni della Mainardi, seppur compatibili con altri elementi, come la BMW verde con a bordo Emanuela Orlandi (vettura dove, stando al racconto di due poliziotti, fu vista salire Emanuela all’epoca del rapimento), nel corso del tempo divennero colme di contraddizioni e imprecise, pertanto la Procura della Repubblica arrivò a dichiararla una testimone inattendibile. Nel corso degli anni altri esponenti della banda della Magliana, come Antonio Mancini e Danilo Abbruciati hanno lasciato dichiarazioni sul coinvolgimento della banda nel sequestro.
Il giudice Rosario Priore, ipotizzò che il sequestro fu effettuato dalla banda della Magliana per chiedere al Vaticano la restituzione di una ingente somma di denaro ed alcune dichiarazioni di esponenti della banda sembrano confermare la vicenda.
La trattativa Vaticano-Procura
Nel 2012, si tenne una trattativa segreta tra due rappresentanti del vaticano, Domenico Giani (allora comandante della Gendarmeria Vaticana) e un altro funzionario e l’allora Procuratore aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo. I due emissari chiesero la rimozione della tomba di De Pedis da Sant’Apollinare, motivo di imbarazzo per il Vaticano e in cambio Capaldo avrebbe avuto un fascicolo contenenti nomi che potevano avere informazioni sul caso Orlandi, ma specificando che non si sarebbe potuto andare oltre. Capaldo chiese la restituzione di Emanuela alla famiglia oltre al fascicolo, i due emissari accettarono a patto che venisse fornita una versione pubblica dell’accaduto che non coinvolgesse il Vaticano. A seguito di questa trattativa, non ci fu nulla di concreto, pertanto la magistratura per il momento non fece rimuovere la tomba di De Pedis e Capaldo dichiarò pubblicamente che il Vaticano era a conoscenza di quanto accaduto ad Emanuela.
Capaldo fu subito rimosso dall’incarico e sostituito da Giuseppe Pignatone che smentì Capaldo, gli tolse la gestione del caso Orlandi e ordinò l’apertura e il trasferimento della tomba di De Pedis.
L’archiviazione delle indagini
Nell’ottobre del 2015, su richesta della Procura, il Gip archivierà le inchieste sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori avviata nel 2006 grazie alle dichiarazioni di Sabrina Minardi, che vedeva sei indagati per concorso in omicidio e sequestro di persona: monsignor Pietro Vergari, ex rettore della Basilica di Sant’Apollinare, Sergio Virtù, autista di De Pedis, Angelo Cassani ,Gianfranco Cerboni, Sabrina Minardi e Marco Fassoni Accetti, quest’ultimo autoaccusatosi del sequestro.
La pista della pedofilia
Negli anni 2000, il giornalista Pino Nicotri sostenne che una fonte del Vaticano gli avrebbe riferito una rivelazione circa il decesso della ragazza, forse accidentale, in seguito a un “incontro conviviale”, nella residenza di un alto prelato o comunque di una persona vicina agli ambienti vaticani, e che il suo cadavere sarebbe poi stato occultato. Tutte le successive rivendicazioni e implicazioni legate al terrorismo internazionale e poi del crimine organizzato non sarebbero state altro che depistaggi organizzati dai veri responsabili.
Nel 2012 il noto esorcista Padre Gabriele Amorth dichiarò che, secondo lui, Emanuela sarebbe stata coinvolta in un giro di festini a sfondo sessuale con conseguente omicidio e occultamento di cadavere. Sostanzialmente la stessa ipotesi, sarebbe stata più tardi ventilata dal collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara. Nel 2016, emerse una dichiarazione di una delle migliori amiche di Emanuela Orlandi secondo cui Emanuela, prima della sua scomparsa, le avrebbe confessato di aver ricevuto pesanti avances da parte di una persona vicina al Papa.
Nella fine del 2022 è stato pubblicato un audio del 2009 di un esponente della banda della Magliana il quale riferisce che la stessa banda avrebbe rapito Emanuela Orlandi su richiesta del Vaticano per nascondere uno scandalo sessuale.
Il rapporto “Emanuela Orlandi” e la pista inglese
Con lo scandalo Watileaks del 2012 , Paolo Gabriele (maggiordomo di papa Benedetto XVI) trafugò importanti documenti segreti appartenenti al Vaticano e disse a Pietro Orlandi di aver visto un dossier intitolato “Rapporto Emanuela Orlandi” sulla scrivania del segretario del papa, ma di non essere riuscito a fotocopiarlo.
Nel 2017, il giornalista Emiliano Fittipaldi, è entrato in possesso di un documento datato 1998, che attesterebbe le spese sostenute Dal Vaticano tra il 1983 e il 1997 per gestire la vicenda Emanuela Orlandi, che lascerebbe intendere che Emanuela sarebbe stata a Londra e poi trasferita in Vaticano nel 1997, forse poiché deceduta. L’autenticità di questo documento è stata spesso messa in discussione perché presenta imprecisioni ed errori di scrittura, lo stesso Fittipaldi ha sostenuto che potrebbe trattarsi di un falso, ma basato su elementi reali e potrebbe essere stato fatto trafugare per lanciare un avvertimento in un contesto di ricatti tra fazioni vaticane.
Altre piste, segnalazioni e personaggi attendibili si sono succedute fino ad arrivare ad oggi, da ricordare il ruolo di Marco Fassoni Accetti che nel 2013 segnalò al programma “Chi l’ha visto?” la presenza di un oggetto, relativo alla vicenda, nei magazzini cinematografici De Laurentiis a Roma. Nei magazzini venne trovato un flauto che venne identificato dai familiari come appartenente ad Emanuela (anche se non è stato possibile rinvenire tracce di saliva). Accetti dichiarò di aver partecipato al rapimento di Emanuela e di aver avuto anche un ruolo nella scomparsa di Mirella Gregori. Le dichiarazioni di Accetti vennero nel tempo messe in discussione e venne considerato un mitomane e un testimone quindi non affidabile, nonostante alcune sue affermazioni abbiano trovato riscontro.