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Napoli, luglio 1983, due bambine scompaiono nel nulla nel popoloso e periferico quartiere di Ponticelli. Passano poche ore ed alcune persone fanno una macabra scoperta. I cadaveri di Barbara Sellini e Nunzia Munizzi, due bambine di 7 e 10 anni, vengono ritrovati in un alveo: le due bambine sono state uccise dopo essere state violentate, torturate e bruciate.
Quella del 1983 è una brutta estate per la cronaca in Italia, segnata già da due casi importanti: la scomparsa di Emanuela Orlandi e l’arresto di Enzo Tortora (link approfondimento https://www.laredazione.net/10-100-1000-enzo-tortora-il-dramma-italiano-degli-errori-giudiziari/). E così, con quanto avvenuto a Ponticelli, i torridi mesi di luglio e agosto passano alla storia per una bruttissima storia, grave e senza precedenti.
Italia sconvolta
Tutto il Paese è sconvolto per quanto avvenuto a Napoli e l’onda emotiva dell’opinione pubblica viene in parte placata due mesi dopo il massacro delle bambine: a settembre ’83 le indagini conducono all’arresto di Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca e Luigi Schiavo. I tre giovani hanno la faccia pulita e non sembrano i mostri che invece le indagini hanno individuato. Anche perché il medico legale che aveva effettuato l’autopsia aveva parlato di sadismo ad opera di un solo soggetto. Non sarà questo l’unico significativo elemento di contraddizione nella vicenda che porta al fermo dei tre ragazzi.
In ogni caso, i tre arrestati dai carabinieri verranno poi condannati all’ergastolo, con sentenza definitiva, dopo aver esperito tutti i gradi di giudizio.
La loro condanna, se da un lato “sazia” la sete di giustizia degli italiani, dall’altra parte mette in risalto più di un’ombra. Il famoso concetto di colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio non è assolutamente raggiunto e soddisfatto.
Ergastolo frutto di una sola testimonianza
L’ergastolo dei tre giovani è frutto, in sostanza, di una sola testimonianza, fatta da un ragazzo coetaneo e amico degli imputati. Nelle sue varie deposizioni si contraddice più volte ed ad un certo punto, ricostruendo i fatti, ritratta perfino la deposizione. Tutto ciò salvo poi tornare ad accusare i tre amici imputati.
È così che Ciro, Giuseppe e Luigi si vedono condannati al carcere a vita e scontano quasi 30 anni di prigione. Da circa 10 anni sono liberi e si sono rifatti una vita, ma continuano a professare la propria innocenza e chiedono giustizia.
Ad oggi, sebbene abbiano chiesto tre volte la revisione del processo, non si è mai arrivati a qualcosa di concreto.
Errore giudiziario? Sarebbe il più grave della storia italiana
Del loro caso, che evidenzia tutti i segni di un possibile errore giudiziario, e se fosse accertato sarebbe il più grave e clamoroso della storia d’Italia, si stanno occupando da diverse settimane “Le Iene” su Italia 1. Domenica scorsa, nello speciale Inside, in circa tre ore Giulio Golia ha ricostruito i fatti (https://www.iene.mediaset.it/video/massacro-di-ponticelli-mostri-o-innocenti-le-iene-presentano-inside_1229880.shtml). La trasmissione ha sortito un forte effetto mediatico ed emotivo, quasi paragonabile a quanto avvenne negli anni ’80 dopo il massacro di Barbara e Nunzia. Nelle scorse ore “Le Iene” hanno consegnato al Premier, Giorgia Meloni, una copia della trasmissione. Il Presidente del consiglio ha risposto mostrandosi disposta ad interessarsi del caso.
Sul web intanto è stata promossa una petizione per chiedere la revisione del processo. La petizione conta già diverse migliaia di sottoscrittori.
Questo il link: https://www.change.org/p/chiediamo-la-revisione-del-processo-per-l-omicidio-delle-bambine-di-ponticelli