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La protesta degli agricoltori porta a far naufragare l’accordo con il Mercosur, il mercato sudamericano. Vediamo i retroscena.
A più di qualcuno, negli ultimi giorni, vedendo le immagini in televisione o sui social, sarà tornata in mente quella strofa di successo che qualche anno fa cantava Fabio Rovazzi: «Col trattore in tangenziale, andiamo a comandare!».
Dalle “tangenziali” e dai centri abitati della Germania, come avevamo raccontato all’inizio dell’anno, la rivolta dei trattori è dilagata nel resto dell’Europa.
Il culmine è stato raggiunto a Bruxelles, in concomitanza del Consiglio Europeo dell’1 febbraio, quando alcune centinaia di agricoltori hanno assediato la capitale belga, fra roghi, petardi, lanci di uova e, per non farsi mancare niente, anche l’abbattimento di una statua davanti l’Europarlamento.
Anche in Italia la tensione è altissima. Durante un blocco stradale, a Catanzaro, un uomo di 56 anni è deceduto per un malore all’interno della sua auto, accanto a sua figlia.
I motivi della protesta degli agricoltori
Le ragioni della protesta hanno sia radici comuni che locali, alimentando una rabbia diffusa che tuona contro le istituzioni di Bruxelles e i suoi paletti. Tutti contro la Pac, la politica agricola comune, che impone quote di prodotto e riduce i contributi.
Le regole di Bruxelles, animate dal Green Deal, sono il bersaglio di chi protesta.
Il taglio dei sussidi sul gasolio agricolo, la messa a riposo dei terreni per salvaguardare la biodiversità a fronte di sostegni finanziari, la riconversione al biologico, i limiti all’uso dei pesticidi, la frattura con le associazioni di categoria, la rivendicazione di maggiori tutele dagli eventi atmosferici sono alcune delle patate bollenti in mano ai Governi nazionali e alla Commissione Europea.
Il rischio che la rivolta assuma anche connotati ideologici è concreto e testimoniato dal fatto che fra le ragioni del malcontento ci siano finite anche la farina di insetti, la carne sintetica (che ancora non esiste) e gli ogm, con le inevitabili ricadute sulle attività di ricerca scientifica e progresso della conoscenza.
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Contestata la corsia preferenziale per grano, polli, uova e zucchero dell’Ucraina
Anche la corsia preferenziale predisposta per il grano, i polli, le uova e lo zucchero provenienti dall’Ucraina, è una misura contestata dagli agricoltori scesi nelle strade e nelle piazze. Il sostegno “incrollabile” alla resistenza di Kiev nulla può, insomma, di fronte alla rivolta dei trattori. Quando un giorno (mi auguro il prima possibile) l’Ucraina entrerà nell’Unione Europea, ne riparleremo di nuovo.
Ma c’è un altro fronte della protesta, su cui alla fine, Ursula Von der Leyen ha dovuto cedere, anch’esso funzionale all’agenda geopolitica della Commissione. Un fronte molto caro al Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron ed ai suoi cittadini, al punto da citarlo nella sua conferenza stampa a margine del Consiglio Europeo dell’1 febbraio. E non un caso che, mentre negli altri Paesi, le proteste non accennano a placarsi, in Francia i trattori hanno lasciato le città per tornare nelle campagne.
E proprio a questo fronte, poco approfondito nelle cronache quotidiane e dai risvolti tra l’altro significativi per gli equilibri di potere fra Commissione Europea e Stati membri, dedichiamo un breve focus in questo articolo.
Addio accordo tra l’Europa e il Mercosur
Dopo due decenni di negoziati, finalizzati in una intesa raggiunta nel 2019 e, ormai alle trattative finali, prima della firma definitiva sui trattati, Ursula Von Der Leyen ha dovuto archiviare l’Accordo Strategico di associazione Ue-Mercosur.
L’acronimo Mercosur sta per Mercado Comun del Sur e indica l’organizzazione internazionale, istituita nel 1991 fra Argentina Brasile, Paraguay e Uruguay. Nei successivi anni, vi hanno aderito, con differenti status, nell’ordine Cile, Bolivia, Perù, Colombia, Ecuador e Venezuela. Alla base del Mercosur ci sono l’integrazione delle economie e dei mercati degli aderenti, oltre alla produzione di normative omogenee in diverse materie collegate allo sviluppo.
Perché il no all’accordo con il Mercosur
L’Accordo sul tavolo delle trattative avrebbe creato un’area di libero scambio con un bacino d’utenza di 800 milioni di persone, attraverso un reciproco abbattimento dei dazi e un incremento dei flussi di import/export lungo entrambe le direttrici.
A prodotti chiave della manifattura europea dei settori automotive, farmaceutico e chimico sarebbe stato garantito un mercato privilegiato nel Sudamerica.
In direzione contraria, l’Europa avrebbe agevolato le importazioni, da quell’area del mondo, di materie prime fondamentali per la transizione ecologica (su tutti il litio), oltre a quelle di prodotti provenienti dall’agricoltura e dagli allevamenti.
Poche settimane fa, 23 associazioni di categoria in rappresentanza del mondo industriale europeo avevano indirizzato una nota congiunta a Bruxelles, per chiedere che i negoziati si concludessero rapidamente.
Ma, le prospettive di un maggiore afflusso di carne e zucchero dal Sudamerica, hanno avuto il sapore di una minaccia per gli agricoltori europei, cogliendo l’occasione per denunciare, gli altri accordi di libero scambio ancora in corso, come quelli con il Canada e con la Nuova Zelanda.
Nei fatti, lo stallo sulla conclusione dell’Accordo fra Unione Europea e Mercosur, non nasce in questi giorni, ma trova le sue radici in criticità sollevate e affrontate già da diverso tempo.
Il timore che l’aumento degli scambi potesse contribuire alla già diffusa pratica nell’America Latina della deforestazione per creare nuovi terreni coltivabili, aveva portato il Parlamento di Strasburgo ad approvare un apposito regolamento, immediatamente osteggiato dal Brasile di Lula. Anche le clausole ambientali introdotte dall’Unione Europea, come il Meccanismo di adeguamento della Co2, con lo scopo di bilanciare la competitività fra i Paesi dei due blocchi, sono state prontamente respinte dai vertici del Mercosur.
Per venire incontro alle esigenze espresse dalla Commissione Europea che le filiere di produzione fossero sostenibili, l’ultima proposta avanzata dai Paesi sudamericani è stata quella di un contributo di 12,5 miliardi di euro da destinare ai produttori Mercosur per riconvertirsi e rispettare i requisiti di importazione auspicati.
Per farla semplice: avremmo dovuto pagarli due volte.
E così, sebbene il Commissario Dombroviskis già avesse pronti i biglietti aerei per il Brasile, dove avrebbe chiuso l’accordo, pochi giorni fa, dichiarando che al momento «le condizioni non sono soddisfatte», un portavoce dell’esecutivo Ue ha allontanato a tempo indeterminato la firma sui trattati.
Francia 1 – Germania 0
Un punto segnato a favore dei trattori e di Emmanuel Macron che, con i Giochi Olimpici alle porte, tutto vuole tranne che disordini sociali per le strade.
Anche se, ad onor del vero, da diverso tempo sfavorevole, il Presidente francese è su questo tema dalla parte opposta del cancelliere tedesco Olaf Scholz, invece uno dei più convinti sostenitori del trattato di libero scambio con il Sudamerica.
Appena Lula è tornato al potere in Brasile, Scholz è stato il primo leader a recarsi personalmente in America Latina, per riannodare il filo delle discussioni interrotto dal protezionismo di Bolsonaro e per promettere un investimento di 200 milioni di euro per la tutela dell’Amazzonia.
La presenza di aziende tedesche in Brasile è massiccia e da Berlino, non si sono fatti sfuggire l’occasione per ricordarlo al Presidente brasiliano.
Macron, negli ultimi anni, invece, aveva la sua sponda nel Governo argentino di Alberto Fernandez, anche esso contrario.
Tutto è cambiato, come ogni cosa del resto è cambiata in Argentina, con l’elezione di Javier Milei. A metà dicembre una delegazione del Parlamento Europeo è stata accolta a Buenos Aires ed ha potuto constatare il totale cambio di prospettiva dell’amministrazione argentina, in merito all’Accordo.
Stretta in una morsa fra le due principali potenze europee, Ursula Von der Leyen è forse la vera sconfitta di questa storia.
Ha dovuto rinnegare il fondamento filosofico della Unione Europea, ovvero il libero scambio, anche come mezzo per proiettare la potenza comunitaria nel mondo.
E, proprio in quest’ultimo senso, l’Accordo con il Mercosur sarebbe stato uno strumento per sottrarre l’influenza della Cina su quell’area.
La Cina è il mercato sudamericano
La penetrazione di Pechino nel teatro sudamericano è cresciuta costantemente, da inizio millennio, attraverso una rete di interessi industriali e agricoli, che oggi le permette di essere il principale partner commerciale di Brasile, Cile, Perù e Uruguay e almeno secondo per altri Paesi dell’area. A legare ulteriormente la Cina e l’America Latina nell’ideologia e nella costruzione di scenari economici e politici è il protagonismo storico del Brasile nel sodalizio dei Brics, a cui avrebbe dovuto aderire, a partire dal 2024 anche l’Argentina.
Naturalmente, prima dell’avvento di Javier Milei.
Siccome non vogliamo che le ultime parole di questo articolo siano “Javier Milei” per evitare facili strumentalizzazioni, concludiamo con la riflessione, molto meno nobile, che Ursula Von der Leyen, alla vigilia delle elezioni europee, ha preferito voltare le spalle alla sua Germania, per cedere al pressing di Macron, il cui appoggio sarà decisivo per la conferma alla guida della Commissione, soprattutto perché per quel ruolo, poche settimane fa, lo stesso Macron aveva fatto il nome di Mario Draghi.
(Le ultime parole dell’articolo sono state: Mario Draghi)