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In Irpinia, il caso-beffa del digital divide: è prevista la fibra ottica con centinaia di attacchi nella zona interdetta alla frequentazione umana, abbandonata dopo il terremoto
Montecalvo Irpino (AV) – Quando si dice che al danno si unisce la beffa. Siamo nel cuore dell’Appennino italiano a cavallo tra il nord della Campania e il nord della Puglia. Quelle che l’economista Manlio Rossi Doria definiva le Terre dell’Osso. Quei luoghi, attraversati dalla Storia in epoche antiche, ma relegati a ruoli marginali nell’economia e nella società del ‘900. Luoghi, non impervi, ma complicati.
Terre dell’Osso, quali sono le infrastrutture
Qui, per oltre 20 anni, cittadini e nuovi imprenditori digitali hanno aspettato che arrivassero le infrastrutture. Nonostante le difficoltà dovute al divario tecnologico con altre aree d’Italia, è presente un vivace settore spontaneo legato al commercio online in diversi settori. “Stiamo valutando l’ipotesi di portare in azienda i nostri servers per il commercio elettronico – ci spiega un giovane imprenditore – ma abbiamo scoperto che i lavori di creazione della rete basata su fibra ottica si fermano a 150 metri da noi”. Così la tanto sospirata infrastruttura è a portata di mano, ma non è utilizzabile.
Il “Trappeto”, la fibra ottica nell’area abbandonata
La vicenda assume il carattere comico, se non tragico, quando guardando il pianoper la infrastrutturazione si scopre una cosa che ha dell’incredibile. Il piccolo paesino nel 1960 fu colpito da un terremoto che determinò lo spostamento di una parte dell’abitato da una zona impervia in aree più pianeggianti. Così “il Trappeto”, una zona caratterizzata da abitazioni ipogee miste a muratura fu progressivamente abbandonato fino a divenire un’area pericolante. E qui la prima scoperta. Secondo i piani di infrastrutturazione di Infratel, tramite Open Fiber, nella zona, oggi interdetta alla frequentazione umana, è prevista la stesura della fibra ottica con centinaia di attacchi. Intanto il paesino, tra le mille difficoltà che può affrontare un comune semimontano, negli anni ha avviato uno sviluppo urbanistico in altre aree.
E qui la seconda sorpresa. Le zone con maggiore densità abitativa, caratterizzate da abitazioni condominiali, sono state tutte, sistematicamente, escluse dal piano di copertura della fibra ottica. Insomma la fibra c’è ma di fatto non serve quasi nessuno.
Una situazione che irrita più persone. “Ho provato a far richiesta di allaccio della fibra – ci dice un cittadino – ma non è possibile perché la mia abitazione non è servita, ho contattato Open Fiber e mi hanno detto che potrebbe essere inserita in un progetto di espasione della rete”. E qui la terza sorpresa. Non è chiaro a chi spetti l’onere di programmare, ed in che tempi, l’espansione tecnologica, intanto il tempo passa e nel resto del mondo si va avanti. “Noi siamo disposti anche a pagare una quota di contributo per stendere le fibre ottiche necessarie per raggiungere le nostre utenze – continua l’imprenditore -, il problema è che non è possibile rivolgersi a qualcuno”.
Insomma lo Stato investe risorse per superare il digital divide, ma queste si disperdono in mille rivoli che sulla carta hanno infrastrutturato ma nella realtà sono inservibili. Quanto questo modo di fare potrà portare ad un reale progresso di aree che, fino ad ora, sono state escluse dalle dinamiche economiche contemporanee? Oggi c’è la possibilità di reintegrarle in processi legati alla smaterializzazione del lavoro ed alla nuova residenzialità, grazie ad un patrimonio urbanistico sottoutilizzato, divenendo potenzialmente attrattori di nuovi abitanti che possono risollevarne le sorti economiche e sociali, ma in che modo? Sprecando denaro pubblico e rallentando lo sviluppo?