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Il sipario sul suo percorso terreno è calato con quella eleganza e quel garbo che lo hanno sempre accompagnato, dentro i campi di calcio e fuori da essi. Gigi Riva si è congedato poche ore fa da questa vita terrena con quella compostezza che non l’ha mai abbandonato e che lo ha reso un grande uomo prima ancora che un grande campione.
Sì, perché Riva è stato qualcosa di ben più importante di un fuoriclasse unico dello sport italiano e di una leggenda capace di entusiasmare persino i meno avvezzi al gioco del calcio: ha rappresentato davvero la bandiera di un popolo come quello sardo che affiora le proprie radici nella genuinità, nella dedizione verso il duro lavoro e in quel senso di accoglienza che non conosce distanze e barriere. Nella storia dello sport sono stati tanti i campioni, i fuoriclasse capaci di dare vita a vere e proprie imprese grazie alla propria abilità tecnica e a un talento unico. Ma sono state poche le personalità in grado di essere punti di riferimento insostituibili sul campo e al di fuori di esso. Riva rientra in questa categoria, grazie a quel suo modo di fare pacato, a quel suo sguardo e a quel suo sorriso velati di una malinconia dolce che chiunque ha avuto il privilegio di fare la sua conoscenza non poteva non notare.
I numeri
Se è vero che i numeri vogliono la loro parte, il centravanti classe 1944 nato in quel di Leggiuno ha pochissimi rivali: 156 goal totali, di cui 35 in 42 partite con la maglia della Nazionale, diventando così il miglior marcatore azzurro di sempre. Una media da fare girare la testa a tutti o quasi. Perché nonostante quanto realizzato, Riva non si è mai abbandonato alla gioia selvaggia, preservando la sua semplicità e quella umiltà che gli hanno permesso di affrontare con maturità e saggezza i momenti felici così come le sconfitte brucianti.
Lo scudetto del suo Cagliari
Velocità notevole, scatto possente, prestanza nel gioco aereo, un sinistro imperioso: queste sono solo alcune delle sue caratteristiche tecniche unite a un estro fuori dal comune che ha condotto il suo “Cagliari”, la squadra in cui ha militato a partire dalla stagione 1963-1964 dopo essere stato in precedenza nel Legnano, a vincere quell’unico – sino a oggi – scudetto nella sua storia nel 1969-1970 avendo la meglio sulle cosiddette big del calcio italiano che avrebbero firmato carte false per avere nelle proprie file un vero e proprio mito della storia del calcio nostrano. Ma l’amore va al di là del denaro e Riva non si è mai fatto ingannare dalle offerte da capogiro delle squadre rivali, rimanendo fedele ai colori di una squadra che per lui ha rappresentato qualcosa di rara profondità. Una profondità testimoniata dalla scelta di colui che è passato alla storia come ‘’Rombo di tuono’’, una volta terminata la propria carriera, di rimanere in una Cagliari che è stata una madre dolce e affettuosa in cui rifugiarsi.
Gesti indimenticabili
In tanti hanno parlato di lui, in tanti hanno cercato di descriverlo, ma Riva è sempre stato al di là delle etichette. Forse è per questo che ha lasciato un segno così profondo nella gente, forse è per questo che il 22 gennaio del 2024 non sarà ricordata solo come la data della sua morte, ma come il giorno in cui fermarsi un attimo e ritagliarsi un poco di quiete per riavvolgere il filo dei ricordi e sorridere nonostante il dolore. E se di ricordi si parla, sono molteplici quelli che legano le persone a Riva: c’è chi lo ha conosciuto proprio quando, ormai sessantuno anni fa, approdò nel capoluogo sardo contribuendo alla promozione del Cagliari dalla serie B alla serie A, c’è chi era poco più di un bambino e ha sognato di diventare come lui dopo averlo visto trionfare ai campionati europei del 1968 al termine della ripetizione della finale contro la Jugoslavia, dove Riva aprì le marcature. Così come chi rimase incantato, nel 1970, dalla coriacea semifinale dei campionati del Mondo contro la Germania Ovest del ‘’Kaiser’’ Franz Beckenbauer – venuto a mancare il 7 gennaio di quest’anno – disputata davanti ad oltre centomila persone che assistettero alla vittoria degli azzurri in un gremito Stadio Azteca di Città del Messico, occasione anche quella dove Riva non mancò di lasciare la propria firma con una rete.
Momenti felici, gol destinati a tramutarsi in opere d’arte, come la funambolica rovesciata contro il Vicenza nel gennaio del 1970 oppure il gol di testa nella partita terminata in parità contro la Juventus, sempre nel campionato dello storico scudetto, a danno del bravo portiere bianconero Roberto Anzolin che nulla poté contro un Riva in grande spolvero. Già, momenti felici, ma anche istanti di grande sofferenza, come la rottura del perone con la maglia azzurra a causa di un intervento brutale – il 31 ottobre del 1970 – del difensore austriaco Norbert Hof e lo strappo muscolare nel febbraio del 1976 che ne decretò la fine della carriera, dopo un contrasto con il giocatore del Milan, Aldo Bet. Ma nonostante ciò, Riva non si è mai lasciato andare a commenti sopra le righe oppure a uscite fuori luogo, a sfoghi carichi di acrimonia. No, niente di ciò rientrava nel suo carattere. È sempre stato un uomo mite, da tantissimi giudicato particolarmente schivo ma, alla fine dei conti, semplicemente consapevole del valore e dell’importanza della riservatezza. Una riservatezza che ha rappresentato il suo marchio di fabbrica insieme alla gentilezza. Quella gentilezza che traspariva nel momento in cui, mentre passeggiava per le vie di Cagliari in cui ha scelto di mettere radici e di trascorrere la propria vita, rispondeva con un sorriso al saluto di chi lo incrociava nel proprio cammino oppure quando non negava una foto o un autografo a chi aveva la fortuna di incontrarlo casualmente. I giorni passeranno, così come gli anni ma gli attimi continueranno a essere ricordati come diceva il celebre scrittore Cesare Pavese. Attimi che hanno visto genitori e figli, nonni e nipoti, fratelli e sorelle, amici e appassionati di ogni età, riuniti nel glorioso Stadio Amsicora e allo Stadio Sant’Elia, oppure attorno a un tavolo nelle proprie case davanti al televisore, così come alla radio per seguire passo dopo passo la carriera di un grande uomo quale Gigi Riva è. Proprio così, è: perché ciò che ha realizzato non conosce fine, non può essere relegato al passato e non potrà mai cadere nel dimenticatoio. Così come la sua umiltà e il suo legame verso una terra struggente e fiera come la Sardegna, di cui sarà sempre uno dei simboli più autentici e significativi. Un simbolo che si nutre di amore, di stima e di rispetto ma, soprattutto, un uomo in grado di essere una leggenda senza mai dimenticarsi del valore della normalità, rimanendo se stesso. Sempre e comunque.