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Dal 1945 al 1974 rimase con altri uomini nella giungla per attaccare il nemico
Nell’epoca dove la guerra è una costante quotidiana e l’escalation nucleare sembra spesso a portata di mano, ripercorrere la storia di Hiroo Onoda dovrebbe far riflettere tutti.
Il tenente giapponese Hiroo Onoda, morto nel 2014 a 91 anni, divenne famoso nel mondo negli anni ’70 del Novecento. Precisamente nel 1974. Onoda fu recuperato nella giungla dell’isola di Lubang, dopo che per 29 anni aveva continuato a combattere la guerra ufficialmente terminata nel 1945.
29 anni a combattere, sebbene la guerra fosse finita
Onoda era uno dei soldati dell’esercito imperiale giapponese che combatteva nel sud-est asiatico e fu mandato a difendere le isole Filippine. La sua avventura ebbe inizio nel maggio del 1945: il generale americano Douglas MacArthur aveva mantenuto la sua promessa, era tornato nelle Filippine e le aveva liberate dai giapponesi. L’esercito del Sol Levante perse decine di migliaia di uomini in quella campagna, perché preferirono la morte alla resa. Anche quando fu chiaro che la battaglia fosse persa, il tenente Onoda ricevette l’ordine di continuare a combattere, conducendo azioni di guerriglia. Così si nascose nella giungla dell’isola di Lubang ed eseguì scrupolosamente gli ordini. Andò avanti per 29 anni, fino appunto al 1974.
Il racconto di Onoda
Anni dopo il suo recupero, nel 2010, Onoda spiegò che «Ogni soldato giapponese era pronto a morire, ma io ero un ufficiale dell’intelligence, e l’ultimo ordine che ricevetti fu di condurre imboscate e azioni di guerriglia». Dopo quell’ultimo messaggio, Onoda e tre suoi soldati furono tagliati fuori da ogni comunicazione e rimasero soli nella giungla. Le cose proseguirono ben oltre il 15 agosto del 1945, data in cui, ai giapponesi fu annunciata la resa definitiva dell’impero del Sol Levante. In particolare, l’imperatore Hirohito annunciò l’impossibilità di continuare la lotta, ordinando al suo esercito di «sopportare l’insopportabile»: la resa. Una voce sconosciuta arrivò anche nell’atollo di Lubang ma Onoda e i suoi uomini non la capirono o non ci vollero credere.
In quattro a combattere con azioni di guerriglia
Per questi motivi, Onoda e i suoi tre soldati continuarono ad eseguire l’ultimo ordine certo ricevuto a maggio ’45. Attaccarono villaggi, case e contadini. La storia dei giapponesi isolati e irriducibili, che rifiutavano la fine della Seconda guerra mondiale o non ne erano a conoscenza, cominciò ad emergere gradualmente, diventando negli anni leggenda assoluta. Ce n’erano alcune decine in diverse zone del Pacifico, fino all’isola di Guam. Furono lanciati perfino volantini nella giungla per spiegare che era tutto finito. Ed Onoda ne trovò più d’uno: «Ma c’erano degli errori, pensai che fosse un trucco degli americani», spiegò dopo.
La cattura di uno dei soldati
Passarono giorni, mesi ed anni. Uno degli uomini di Onoda fu catturato nel 1950. Altri due morirono in combattimento, l’ultimo nel 1972. Il tenente Onoda, intanto, attaccava e uccideva: 30 filippini caddero nelle sue imboscate in quei 29 anni di “guerra solitaria”. Nel 1964, in occasione delle Olimpiadi svoltesi a Tokyo, il Giappone aveva firmato trattati di pacificazione e nuove relazioni che con tutti gli Stati coinvolti nel conflitto. Dunque non restava che porre fine alla guerra “personale” del tenente Onoda. Il comando delle nuove Forze di Difesa capì che solo un uomo poteva dare il contrordine all’ultimo dei giapponesi: quell’uomo era il suo comandante del 1945, il superiore che gli aveva detto di resistere. E così l’ufficiale fu mandato a recuperarlo. Era il marzo del 1974. Dalla giungla filippina saltò fuori un uomo di cinquant’anni che indossava lo stesso berretto del 1945, oltre ad una giubba logora.
La resa e l’onore delle armi
Onoda apparve smarrito, ma fiero e così andò fino a Manila per consegnare personalmente la sua spada al presidente delle Filippine. Salutò la bandiera e si arrese. Il governo filippino gli garantì il perdono, nonostante Onoda si fosse lasciato dietro una scia di morti. In Giappone fu accolto da eroe. Emigrò poi in Brasile, aprì una fattoria per poi rientrare a casa e tenere corsi di sopravvivenza. È morto in pace nel 2014, trent’anni dopo il suo ritrovamento nella giungla. Dopo di lui, l’ultimo combattente a uscire dalla giungla fu il soldato semplice Teruo Nakamura, trovato in un’altra isola dell’Indonesia nel dicembre sempre del 1974.