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17 Novembre 2022I mondiali in Qatar, tra calcio e geopolitica
A giorni il fischio d’inizio: per la prima volta si gioca in Medio Oriente
In fondo è solo un gioco. Sono soltanto 22 uomini che corrono dietro una palla. Quante volte abbiamo sentito queste frasi riferite al calcio ? È veramente così o piuttosto il football è molto, molto di più? A ben guardare, sopratutto i mondiali, sono la prova di come questo sport rappresenti, oltre che una bellissima competizione agonistica, anche un fenomeno sociale e soprattutto geopolitico.
Se è vero che in tutto il mondo il calcio esprime il diffuso sentimento di identità e appartenenza dei popoli, proprio il confronto planetario tra le selezioni dei vari Stati rimanda ad una dialettica ben più profonda del semplice match sul campo: è piuttosto una “battaglia” per affermare un primato nazionale su tutti gli altri Paesi.
Dove si giocò il primo mondiale
Il primo campionato del mondo di calcio risale al 1930, ad ospitarlo fu l’Uruguay. Dall’Europa appena quattro nazionali riuscirono a parteciparvi, con i propri calciatori costretti a sobbarcarsi lunghi e tortuosi viaggi in nave per arrivare in Sudamerica. Leggenda vuole che l’Uruguay fece non poche pressioni per essere la sede del mondiale, allo scopo di far combaciare l’evento con il centenario della propria costituzione. Il nesso stretto tra pallone e politica da allora non ha mai smesso di essere tale. Anzi è sempre più cresciuto nel tempo.
Il duopolio Europa/Sudamerica
Anche le due successive edizioni, 1934 (in Italia) e 1938 (in Francia), furono molto limitate e videro protagoniste sopratutto le nazionali europee. A causa del secondo conflitto mondiale il campionato iridato di football subì una battuta d’arresto per riprendere diversi anni dopo la fine della guerra. L’edizione del 1950 è passata alla storia per lo psicodramma nazionale brasiliano. Giocando in casa, la nazionale carioca era certa della vittoria ma rimase beffata dall”Uruguay. Leggenda vuole che nel Paese si registrarono migliaia di suicidi a causa della inattesa debacle sportiva.
Dal 1954 al 1974 i mondiali sono stati contrassegnati dal duopolio Europa/Sudamerica. Di fatto, in questo lasso temporale, non si sono visti Paesi africani e del cosiddetto Terzo mondo protagonisti della competizione.
Il fenomeno commerciale e televisivo
Successivamente, dagli anni ’70 fino al termine del millennio (mondiali del 1998), il campionato di calcio si è affermato come nuovo e grande fenomeno commerciale mondiale che, spinto dalla diffusione della televisione, ha aperto la strada alla nuova frontiera del grande binomio sport/economia: la globalizzazione. Dall’edizione del 2002 giocata in Korea, fino ad oggi con il football che si ritrova in Qatar, il calcio è un evento sportivo enorme, paragonabile solo alle Olimpiadi, capace di muovere fiumi di quattrini e il cui peso specifico, tra economia diretta e indotta, è ormai incalcolabile.
Anni ’80, la clamorosa rinuncia della Colombia
Tra tutte le edizioni dei mondiali di calcio finora disputate, quella del 1986 rappresenta uno dei casi più clamorosi. Inizialmente, il Paese che doveva ospitare la competizione era la Colombia, ma il suo Presidente, Belisario Betancur Cuartas, dovette annunciare l’impossibilità di ospitare l’evento. Questo a causa della difficile fase di instabilità politica interna che la Colombia si trovò a vivere in un periodo storico contrassegnato dallo scontro feroce tra governo e cartelli del narcotraffico. La location del mondiale venne così spostata in Messico.
22 giugno 86: i goal più geopolitici della storia del football
Proprio qui il 22 giugno 1986, appena quattro anni dopo la guerra delle Falkland (Malvinas per gli argentini), in un memorabile match Argentina-Inghilterra, Diego Armando Maradona segnò contro gli inglesi i due goal più geopolitici della storia del calcio: in 4 minuti (51° e 55°) realizzò una doppietta di rara bellezza per genialità ed estro: prima con una rete di mano, poi con una incredibile serpentina con cui semino’ gli avversari, el Pibe de oro mandò al tappeto l’undici anglosassone.
Nel conflitto delle Falkland (Malvinas), che si era svolto dal 2 aprile al 14 giugno 1982, erano morti più di seicento argentini, mentre 1.068 erano rimasti feriti e 11mila fatti prigionieri. Oggi, nel Paese sudamericano, tra le centinaia di murales realizzati dopo la scomparsa di Maradona (novembre 2020), ve ne sono alcuni particolarmente affascinanti in cui il calciatore è raffigurato al fianco dei soldati.
Prima dell’ingresso in campo in Messico contro gli inglesi, il capitano della Selecciòn così esortò i compagni di squadra: “Vamos, vamos (forza, forza)…che questi figli di puttana hanno ucciso i nostri vicini, i nostri bambini, i nostri genitori alle Malvinas“. Un reduce argentino di quel sanguinoso conflitto, in un video realizzato di recente dalla Fifa, ha spiegato: “Quella partita è stata come una pomata curativa su una piaga aperta”.
Qatar 2022
Tra pochi giorni ci sarà il fischio di inizio in Qatar. È un Paese grande come la regione Abruzzo, circondato dal golfo arabico e confinante con l’Arabia Saudita. Ha meno di due milioni di abitanti ed è una monarchia assoluta: l’emiro è il capo del governo, che nomina i membri della shura, una sorta di Consiglio dei ministri. Nel Paese non esistono partiti politici e non si svolgono elezioni. La giustizia è amministrata secondo la legge islamica: l’omosessualità è reato, le donne non possono circolare col capo scoperto. La fortuna del Paese sono i suoi enormi giacimenti di petrolio e gas naturale. La sfortuna è la terribile aridità dei terreni che costringe il Paese ad importare ogni cosa.
Calcio veicolo turistico?
La scelta della Fifa di far disputare per la prima volta i mondiali di calcio in Medio Oriente è dovuto alla volontà del governo del football di allargare l’influenza e la diffusione del calcio professionistico verso una regione che pullula di sportivi e appassionati ma scarseggia di eventi di livello. I mondiali dovrebbero fornire al Medio Oriente la chance di riabilitare la propria immagine sulla scena globale. L’economia del Qatar è florida, ma tutti gli Stati della regione potrebbero godere di un incremento nel turismo se il grande evento sportivo dovesse rappresentare un successo di organizzazione e sicurezza.
Stadi, morti e polemiche
Il Qatar, nella storia del calcio, è il Paese più piccolo di sempre a ospitare la fase finale dei mondiali. In totale sono otto gli stadi che ospitano le partite, di cui sette costruiti ex novo. Meno del 20% della popolazione qatariota è fatta di indigeni, mentre il resto sono lavoratori provenienti da India, Bangladesh, Sri Lanka e Nepal. In questi anni si è discusso molto sulle condizioni di lavoro degli operai impiegati per costruire gli impianti. Le maestranze avrebbero subito turni massacranti, pochi diritti e stipendi non idonei. Inoltre, stando a una inchiesta del The Guardian, dal 2011 al 2020 sarebbero oltre 6.500 gli operai morti in Qatar per i lavori inerenti al mondiale di calcio. Accuse queste che sono state respinte dalle autorità locali, che hanno parlato di cause naturali dei decessi visto che i lavoratori stranieri nel Paese sono più di un milione.