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di Paolo Trapani
Nati per aiutare gli altri a trovare lavoro, stanno perdendo il loro. Una storia tutta italiana quella dei navigator, la figura professionale nata a completamento della misura di sostegno contro la povertà, il reddito di cittadinanza.
Contratto scaduto
Tra qualche giorno (30 aprile) sono tecnicamente senza lavoro, visto che il loro contratto è in scadenza. In totale si tratta di 1.884 navigator che erano stati assunti per trovare un lavoro proprio ai percettori del reddito di cittadinanza. Adesso sono loro che rischiano di restare a casa.
La loro figura professionale, prevista dalla legge istitutiva del reddito, era nata tre anni fa, nel 2019, e doveva fungere da supporto all’operato dei centri per l’impiego, gli uffici pubblici chiamati al delicato lavoro di far incrociare domanda e offerta occupazionale.
Da giorni i navigator protestano a Roma chiedendo al governo di intervenire, ma per il momento non c’è alcuna certezza sul loro futuro.
Navigator e polemiche politiche
La figura dei navigator da tempo è al centro di polemiche, soprattutto il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, nel 2019, all’atto del loro inserimento in servizio, si oppose fortemente a questo ruolo e questa funzione.
Le regioni come è noto svolgono un ruolo importante sul fronte della formazione professionale e, con il superamento delle province, sono state chiamata ad assorbire uffici e personale del centro per l’impiego. Dunque anche il futuro dei navigator, che è tutto da scrivere, passa dalle scelte politiche e amministrative dei governi locali.
Tutti giovani e laureati
Ad assumere formalmente i navigator, nel 2019, fu l’agenzia ministeriale Anpal servizi: i 1884 nuovi operatori furono inquadrati con un contratto di collaborazione che, tra retribuzione tabellare e rimborsi forfettari, si aggira sui 30mila euro lordi annui. Quasi tutti i navigator sono giovani, hanno un’età media di 35 anni, sono tutti laureati. Per entrare in servizio hanno partecipato a una pubblica selezione. Inizialmente erano 2.980 ma poi sono scesi a poco meno di 1.900: in molti si sono candidati ai bandi delle regioni per i posti a tempo indeterminato presso gli stessi Centri per l’impiego.
Nei mesi scorsi hanno già ricevuto diverse proroghe di servizio, a conferma che la loro figura già oggetto di ripetute polemiche politiche vive di continuo precariato, rappresentando ormai un vero paradosso tutto italiano.
Anziché aiutare i percettori del reddito di cittadinanza a ritrovare un’occupazione, si trovano loro stessi a chiedere certezze sul proprio futuro professionale. E magari a breve saranno costretti a loro volta ad accedere proprio al sostegno del reddito.