La bella di giorno, la periferia cosmopolita spiata dalle fessure
22 Dicembre 2020Presepe 2020, dispenser per l’igienizzante e Maradona
27 Dicembre 2020I nuovi poveri
Povertà, nuovi poveri, dignità sono termini che siamo obbligati a usare per convenzione per parlare un linguaggio comune, ma dovrebbero essere soprattutto condizioni di sofferenza latenti in tutti noi, perché basta un attimo, una malattia, la perdita del lavoro, un abbandono. E si scende. E si scende più velocemente se diventano da asporto anche i due bocconi di pasto caldo che ora bisogna consumare nel distanziamento che rende anche più soli. Quelli che erano lavoratori precari e in nero ingrossano le file fuori dalle mense.
di Camilla di Collalto
La lunga fila per un pasto caldo che ancora stupisce
C’è voluto un video di 52 secondi, diventato virale sui social, per rendere visibile ciò che da tanto tempo dicono le associazioni che si prendono cura quotidianamente degli ultimi. La povertà cresce da anni in modo esponenziale e l’emergenza Covid-19 ha dato un’ulteriore spallata a chi tirava avanti nella “zona grigia” al limite della sussistenza. E’ il video della fila interminabile davanti alla sede della onlus Pane Quotidiano in Viale Toscana, a Milano, centinaia di persone in attesa di ritirare un pasto caldo e uno dei 4000 panettoni donati da un imprenditore alla onlus che da oltre 120 anni assicura ogni giorno gratuitamente cibo alle fasce più povere della popolazione. Un esercito che avanza silenziosamente sul marciapiede ripreso con lo smartphone da una cittadina, Lidia Bianchi, che ha poi postato il video su twitter, condiviso da centinaia di persone, tra dolore e indignazione, come se quelle “immagini” raccontassero una storia completamente nuova. Lo è solo in parte perché la povertà è da anni in costante aumento.
Il Rapporto Caritas 2020 “Gli anticorpi della solidarietà”
Una realtà fotografata dall’ultimo Rapporto Caritas 2020 intitolato “Gli anticorpi della solidarietà” presentato il 17 ottobre, Giornata mondiale della povertà. I nuovi poveri che nel 2020 si sono presentati per la prima volta ai centri di ascolto diocesani sono passati dal 31% al 45%, Sono in aumento gli italiani, le donne, le persone in età lavorativa compresi i giovani e le famiglie con minori. Una fotografia che si sovrappone a quella a tinte fosche dell’Italia pre-pandemia che ha affrontato l’emergenza già con un numero di poveri assoluti più che raddoppiato rispetto al 2007.
Il Rapporto Caritas 2020 su povertà e esclusione sociale in pdf http://s2ew.caritasitaliana.it/materiali/Rapporto_Caritas_2020/Report_CaritasITA_2020.pdf
La solidarietà non si è mai fermata: l’esperienza delle Cucine Popolari
Lavori precari spazzati via dalla pandemia, tessuto sociale sfilacciato, persone che si trovano all’improvviso a far fatica a mettere a tavola un pasto. L’emergenza sanitaria ha fatto esplodere da subito l’emergenza sociale, ripete chi è in prima linea al fianco delle persone in difficoltà. Come Roberto Morgantini, l’ideatore delle Cucine Popolari di Bologna che hanno raddoppiato i pasti. “Nelle tre Cucine Popolari della città, Battiferro, Italicus e Saffi siamo passati da 250 a 500 pasti al giorno” afferma Morgantini sottolineando il rischio che l’onda lunga della pandemia li faccia aumentare ulteriormente. Nelle mense sociali dell’associazione CiviBo i pasti preparati nelle tre cucine sono distribuiti solo da asporto nel rispetto delle misure anti-Covid. “Una modalità che ha cancellato quella condivisione e la possibilità di un dialogo prolungato a tavola che era il senso profondo del nostro progetto, non solo un pasto caldo, ma accogliere e far sentire meno solo chi è in difficoltà. Dall’inizio dell’emergenza sono arrivate persone che avevano un lavoro in nero, che non avevano un contratto o non lo hanno mai avuto, lavoratori precari. Le persone che arrivano per la prima volta hanno un po’ di timore ad entrare in un luogo dove non sono mai state. Nonostante questo i volontari riescono non farli sentire estranei, né “colpevoli” di niente perché la povertà non può essere considerata una vergogna”
Le Cucine Popolari non hanno finanziamenti pubblici, vivono di donazioni e dei fondi raccolti con incontri pubblici e cene, una socialità che si è dovuta fermare per la pandemia. Non si è fermata invece la solidarietà anche nei confronti delle mense, come sottolinea Morgantini “C’è una grande sensibilità da parte della popolazione e della città stessa. Sono molte le persone che vogliono aiutarci sia materialmente con delle donazioni, sia con la voglia di fare i volontari alle Cucine Popolari, le richieste sono aumentate”