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Il Medio Oriente e la grande crisi dell’acqua
di Paolo Trapani
Una crisi ambientale, destinata a deflagrare nel prossimo ventennio, può determinare non pochi problemi in Medio Oriente.
Si tratta di un problema, poco approfondito e poco affrontato, che riguarda il Mar Morto, il lago più salato del mondo: qui è in corso un grave processo di prosciugamento.
Il Mar Morto si sta ritirando di circa un metro all’anno ed in mezzo secolo la sua superficie è passata da 950 a 600 km quadrati circa. È un fenomeno enorme che desta allarme nella comunità scientifica e, in parte, a livello politico.
Se non si interviene a breve e se non lo si fa in maniera importante, i calcoli più aggiornati prevedono il pressoché totale prosciugamento del Mare entro il 2050.
Geograficamente questo grande lago salato è “incastrato” tra Israele, Giordania e Palestina e il suo processo di prosciugamento ha una causa di carattere generale dovuta alla natura che però, negli ultimi anni, ha subito l’azione significativa dell’uomo che ha impresso una accelerazione al fenomeno.
In particolare, a creare il problema sono le enormi quantità di acqua annualmente pompate dal fiume Giordano che è l’unica fonte di approvvigionamento idrico del Mar Morto.
Il pompaggio intensivo del Giordano è scatenato da due elementi: il primo è la popolazione della regione, cresciuta a dismisura (4 volte più grande rispetto alla metà del secolo scorso, oggi nell’area vivono 20 milioni di persone); la seconda causa sono gli interventi delle aziende che operano in settori come quello chimico e agricolo e prelevano dal fiume acqua in enormi quantità.
Nel mar Morto, dal Giordano, un tempo si riversavano circa 300 miliardi di galloni d’acqua, mentre oggi ne arrivano a malapena 25 miliardi. Il mar Morto è così chiamato perché nella sua acqua non sopravvivono forme di vita, ma solo microbi, e ha una elevatissima concretazione di sale.
È collocato a 400 metri circa sotto il livello del mare e la sua superficie rappresenta di fatto il punto più depresso della Terra. Il sottile equilibrio climatico e naturale del suo ecosistema dura da secoli, ma negli ultimi anni si è stravolto bruscamente: d’estate le temperature elevate fanno evaporare l’acqua mentre, come detto, il prelievo intensivo di acqua dal fiume Giordano non permette un’adeguata compensazione.
Inoltre, il progressivo ritiro d’acqua dal Mar Morto, a partire dagli anni Ottanta del Novecento, ha innescato un ulteriore processo chiamato “Sinkholes”, ovvero la nascita delle doline, veri e propri crateri. Sono fenomeni carsici che insistono sulle rive del Mar Morto. In appena 40 anni si sono formate circa 6mila doline: le rive del lago sempre più asciutte vedono sciogliersi gli strati sotterranei di sale e questi, sciogliendosi a loro volta, generano crateri.
Uno dei pochi progetti studiati per tentare il possibile salvataggio del Mar Morto prevede di scavare un tunnel di quasi 180 km per approvvigionare di 200 milioni di metri cubi all’anno il Mar Morto con l’acqua proveniente dal Mar Rosso. Il costo di quest’opera ciclopica ammonta a circa 20 miliardi di dollari. Dunque non facile da attuare. In alternativa non resterebbe che ridurre i prelievi dal Giordano così da aiutare il lago a riavere acqua. Il tempo per decidere cosa fare non è molto, visti gli scenari ipotizzati che prevedono la fine del Mar Morto da qui a 30 anni.