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Il Mes, questo sconosciuto


Il cosiddetto Fondo Salva-Stati: come nasce, come è strutturato e come funziona.

Lo avevamo preannunciato la scorsa settimana ed eccoci qui. Tuffiamoci fra gli spigoli di quello che abbiamo ribattezzato “la bestia nera dei sovranisti”.

Il famigerato Mes torna alla ribalta del dibattito pubblico periodicamente, ormai da un po’ di anni. Scorrendo i social, può capitare addirittura di imbattersi in commenti di amici che mai avremmo immaginato padroneggiare competenze tecniche di macroeconomia, intenti a sentenziare nei loro commenti o nei loro post giudizi inappellabili proprio sul Mes. Se invece tu, che stai leggendo, non ti senti proprio ferrato sull’argomento, non ti allarmare, in realtà quegli amici di cui sopra, molto probabilmente, non padroneggiano competenze tecniche di macroeconomia, ma scrivono e parlano per partito preso.

L’argomento è molto complesso e, scherzi a parte, sono poche le persone in grado di definirsi ferrati a riguardo. Proveremo, in questo articolo, a fare chiarezza, nel modo più semplice possibile, fissando alcuni concetti base, utili quanto meno a comprendere di cosa si sta parlando, per non lasciarsi trascinare dalla marea della propaganda.

Quando nasce il Mes

Il Mes, cioè Meccanismo europeo di stabilità o anche “Fondo salva-Stati”, fu ideato sulla scia degli interventi durante la crisi del debito sovrano del 2010.

La sua finalità principale è di concedere assistenza finanziaria ai Paesi membri in difficoltà a finanziarsi. In cambio, prevede un programma di correzioni macroeconomiche, disegnate su misura per ciascuno Stato. Ad oggi, vi hanno avuto accesso Irlanda, Portogallo, Cipro, Spagna e Grecia. Le origini del Mes risalgono al Maggio 2010, quando l’Ecofin (Consiglio di Economia e Finanza dell’Unione Europea) diede il via libera a due meccanismi temporanei di assistenza per gli Stati membri in condizioni finanziarie critiche. Ci riferiamo al Meccanismo Europeo di Stabilizzazione finanziaria e al Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria.

Temporanei, perché furono pensati per restare in vigore per tre anni e con una dotazione massima di 500 miliardi di euro. Tuttavia, ad Ottobre dello stesso anno, iniziò a concretizzarsi l’idea di mettere in campo uno strumento unico e permanente, in grado di gestire le future crisi economiche.

Qual è il meccanismo del Mes

È attraverso questo sentiero che si arriva al 2 Febbraio 2012, quando i rappresentanti degli Stati dell’Eurozona appongono le proprie firme sul trattato che istituisce il Mes. Un capitale sottoscritto di 704,8 miliardi, con una capacità di prestito di 500 miliardi. L’Italia, terzo socio dopo Germania e Francia, contribuisce con il 17%, versando poco più di 14 miliardi.

La struttura è retta da un Consiglio dei Governatori, composto dai Ministri delle Finanze dell’area dell’euro e delibera con il principio dell’unanimità.È durante il Governo Monti, che “la bestia nera” viene approvata in Italia. Alla Camera passa con 325 voti favorevoli, 53 contrari, 36 astenuti e 214 assenti. L’unico gruppo a votare contro è la Lega. Curiosità: dall’interno del Pdl, uno dei due voti contro la linea del partito (che votò a favore) è di Guido Crosetto, mentre Giorgia Meloni, sempre nelle file del Pdl, era fra gli assenti.  

Il Mes e le banche

Le divisioni e le incertezze che hanno aleggiato intorno al Mes, nel corso degli anni, fra gli Stati membri, hanno fatto avviare le discussioni su una sua riforma. Il fondo-Salva Stati avrebbe dovuto acquisire nuove funzioni, su tutte quella di “backstop” rispetto al Fondo di risoluzione unico, ovvero un fondo finanziato dalle banche degli Stati dell’Eurozona, finalizzato a risolvere le crisi bancarie. In altre parole da strumento di assistenza agli Stati, il Mes entra in gioco anche nelle crisi bancarie, passaggio centrale per completare l’Unione bancaria. Motivo per cui, i più ostili, gli hanno affibbiato l’etichetta di “fondo salva-banche.” Altri contenuti collaterali della riforma sono un intervento ulteriore sulle condizioni per l’assistenza finanziaria e sulle differenze tra le linee a condizionalità rafforzata o semplice. Si stabilisce, inoltre, che il Mes possa fungere da mediatore tra Stati e investitori privati, nei casi di ristrutturazione del debito pubblico.

Il Mes, cosa decide l’Italia?

Dopo il rinvio di dicembre 2019, a marzo 2020 sarebbe dovuta ripartire la discussione sulla riforma, stoppata dall’emergenza pandemica. Immediatamente dopo il dilagarsi del Covid19, il Mes è stato messo in campo anche con una linea di credito per 240 miliardi, per finanziare i costi legati alla sanità. La dotazione finanziaria disponibile per l’Italia sarebbe stata di 36 miliardi. Tuttavia, questa linea di credito, non attivata da nessun membro, è scaduta definitivamente il 31 Dicembre 2022. Si è dovuto attendere, pertanto, il 2021 con la riforma del Trattato del Mes del 2021, votata in Consiglio a Bruxelles. Nel dicembre 2022, la Germania ha dato l’ok alla ratifica della riforma, isolando l’Italia, unico a non averla ancora approvata.

Senza unanimità, la riforma del Mes non potrà essere concretizzata. Il Governo italiano è al bivio: ratificare e smentire anni e anni di contrarietà o rinunciare e mettere in discussione la credibilità internazionale del nostro Paese. Delle fibrillazioni e dei retroscena politici, abbiamo avuto modo di discutere ampiamente nell’articolo della scorsa settimana.