I due volti della Crittografia: tra tutela della privacy e sicurezza pubblica
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di Marco Moretti
Vi ricordate Immuni? Che fine ha fatto l’app per il contact tracing lanciata con grande enfasi a giugno del 2020? Doveva essere uno dei perni della “fase 2” per evitare un secondo lockdown. Invece Immuni è stata da tempo abbandonata, un emblematico fallimento del sistema di tracciamento dei contatti e prevenzione della diffusione del virus. Persino il nome ormai è uscito dall’attenzione mediatica, rimosso per manifesta inutilità dal glossario delle armi contro il Covid. Da dicembre l’applicazione è bloccata poco sopra i 10 milioni di download. Quando fu lanciata si disse che per funzionare doveva essere installata almeno dal 60% della popolazione. Le scelte stesse del governo per rispondere all’emergenza sanitaria sono andate nella direzione di alternare chiusure e aperture in tutta la penisola. Quasi ad arrendersi al fatto che il virus non può convivere con uno stile di vita normale. Ma non è detta ancora l’ultima parola.
In attesa che il piano vaccinale decolli definitivamente, proprio in questi giorni si sta cercando di costruire un nuovo sistema di controllo, che rafforzi quello esistente e miri a interrompere la catena dei contagi e portarci fuori dal sistema di aperture e chiusure continue, con un intervento mirato di tracciamento (diverso dal “contact tracing” utilizzato fin qui, si parla infatti di “network testing”), tamponi, e trattamento.
Il nuovo metodo di tracciamento, volto ad intercettare e circoscrivere la diffusione del virus, è partito alla fine del mese di marzo in Emilia-Romagna, in particolare nel territorio di Ferrara. Il progetto vede la stretta collaborazione tra l’Azienda sanitaria ferrarese e il professor Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova. Crisanti, nel presentare l’innovativo progetto, non manca di lanciare qualche stoccata al governo per l’inefficienza dell’attuale sistema di contact tracing (che ha un’efficienza, nel migliore dei casi, del 30-40%). “Abbiamo perso mesi preziosi, con una formula di tracciamento che non funziona, e non avendo la capacità di fare tutti i tamponi che servono. Ma adesso proprio da Ferrara parte questa riscossa: la città diventerà un modello per la Regione e, sono convinto, per il resto d’Italia. Il segreto per contrastare la diffusione del Covid è la tempestività, e noi non ce l’abbiamo”.
Questo metodo ha bisogno di una collaborazione a diversi livelli, sia delle UsCa sia dell’azienda sanitaria per aumentare la capacità di fare tamponi. Ci deve essere un nuovo paradigma per identificare le persone da testare.
“Dobbiamo intercettare le catene di trasmissione del virus”, ha spiegato il prof. Crisanti, “e testare tutte le persone che fanno parte delle interazioni della persona malata/infetta”. In quella rete, ha aggiunto il virologo, c’è sicuramente chi ha contagiato la persona malata/infetta e chi a sua volta è stato contagiato. “Intercettando questa catena e questi tre elementi si riesce – ha proseguito Crisanti – a circoscrivere il contagio che, applicando questo metodo sistematicamente, si spegne. Allo stesso tempo una volta che il contagio è diminuito, dovremmo avere la capacità per mantenerlo basso”.
Un metodo che comporterà un significativo impegno da parte dell’Azienda Usl di Ferrara che nel definire la macchina complessa su cui il progetto si muoverà deve anche garantire la capacità di triplicare il numero di tamponi molecolari giornalieri. Tradotto in numeri, si pensa di garantirne, grazie alla collaborazione tra Ausl, Toscana Life Sciences di Siena e Università di Padova, almeno mille tamponi in più ogni giorno. Un sistema che si muoverà attraverso dei codici assegnanti alle persone che risultano positive in un determinato giorno, questo codice potrà essere trasmesso alla rete delle sue relazioni quotidiane, dai colleghi di lavoro sino agli amici e familiari. Tutti questi, in base al codice, potranno presentarsi al tampone che verrà effettuato dalle Usca.
Una volta assegnati codici e individuata la rete si procederà con l’isolamento dei contagiati e le misure sanitarie o mediche, nei casi necessari. Il vantaggio sarà quello di rendere più stringente e mirata l’individuazione della catena di trasmissione del virus, e via via spegnerne la diffusione
“Il progetto che proponiamo è rivoluzionario – conclude il professor Crisanti -: Il nostro approccio è completamente diverso: quando le UsCa vanno sul posto faranno il tampone alla persona infetta e a tutte le persone in casa, poi lasceranno un codice uguale per tutte le persone che si infettano quel giorno; questo serve per stabilire il giorno in cui la persona viene messa sotto osservazione dell’USL”.
Presentando il codice ricevuto infatti non sarà possibile risalire alla persona con cui si è entrati in contatto, elemento non banale per quanto riguarda il tema della privacy, ma l’unica informazione che verrà fornita riguarderà il giorno di riferimento. “Il giorno ci serve per calcolare l’Rt, cioè per calcolare come si modifica la trasmissione nel tempo nell’area di interesse”.
Se questo modello pilota funziona sarà possibile portarlo come esempio al governo per metterlo a sistema ed esportarlo in tutto il resto della penisola. Inoltre quando saremo vaccinati e la curva dei contagi sarà scesa, potremmo mantenere sotto controllo la trasmissione del virus per evitare che torni a circolare.