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24 Luglio 2023In arrivo la Zona Economica Speciale unica
Sul tavolo la proposta di creare una Zona Economica Speciale (Zes) unica per tutte le Regioni del Meridione e la possibilità di rendere strutturale il Piano di Decontribuzione in scadenza nel 2023
Accolta la proposta del Governo italiano da Bruxelles, al culmine di un vertice fra il Ministro per Affare Europei Raffaele Fitto e la Commissaria per la Concorrenza Margareth Vestager.
Una Zona Economica Speciale unica
Sul tavolo la proposta di creare una Zona Economica Speciale (Zes) unica per tutte le Regioni del Meridione d’Italia e la possibilità, per le stesse aree, di rendere strutturale il Piano di Decontribuzione, che è in scadenza per il 2023.
Sul secondo punto la trattativa è ancora in corso.
Incassato il via libera, invece, per il capitolo Zes, con l’obbiettivo di “superare le attuali otto zone economiche speciali già previste e istituite per rafforzare il sistema e sostenere la crescita e la competitività del Mezzogiorno” come si legge in una nota del Ministero.
Le Zes italiane
Come accennato, attualmente le Zes italiane sono otto e si estendono nei territori di Abruzzo, Calabria, Campania, Sicilia Orientale, Sicilia Occidentale, Ionica Puglia-Basilicata e Adriatica Puglia-Molise.
Il meccanismo delle Zes esiste da decenni, addirittura risale 1959 in Irlanda, ma più recentemente l’Unione Europea ne ha definito le caratteristiche nel 2013.
La Polonia, ad esempio, ne trasse immediatamente grande beneficio e l’Italia non volle lasciarsi sfuggire l’occasione, istituendole di fatto con il decreto legge 91/2017, cui hanno fatto seguito nuovi aggiustamenti, prima nel 2018 e poi nel 2021.
La definizione di Zes
La definizione che il testo normativo originale fa delle Zes è di “una zona geograficamente delimitata e chiaramente identificata in cui le aziende già operative e quelle che si insedieranno possono beneficiare di speciali condizioni, in relazione alla natura incrementale degli investimenti e delle attività di sviluppo di impresa”. Fra i criteri principali è che nella zona in questione insista almeno un’area portuale.
I benefici e i vantaggi cui possono beneficiare gli insediamenti industriali che sorgono fra i confini delle Zes possono essere schematizzati in un credito d’imposta fino a 100 milioni per investimento, misura estesa anche all’acquisto di terreni e immobili, la riduzione del 50 per cento delle imposte sul reddito d’impresa, il regime di zona franca nelle aree portuali.
Previsti anche tempi ridotti per le pratiche amministrative e per le autorizzazioni tecniche, purché gli investimenti non siano delocalizzati prima dei sette anni dopo dal momento in cui si sono ricevuti gli aiuti.
Per partire, tuttavia, queste aree a legislazione agevolata ci hanno messo un po’ e si è dovuto attendere il 2022, quando il Governo Draghi le ha ripescate dalla ragnatela di cavilli e intoppi in cui si erano incagliate un po’ tutte le otto zone.
Nello specifico, una misura ad hoc inserita nel Piano nazionale di ripresa e resilienza ha messo a disposizione 630 milioni per dotare queste aree delle infrastrutture necessarie per attrarre nuovi capitali e creare collegamenti efficienti tra le reti di trasporto nazionale e quella europea e, accanto a questi, ulteriori 1,2 miliardi per il rafforzamento dei principali porti del Mezzogiorno.
Sempre durante il Governo Draghi, con il lavoro del Ministro Mara Carfagna, è stato reso operativo uno sportello unico online per ogni Zes, a cui le imprese possono fare domanda per ottenere autorizzazioni a nuovi investimenti.
La governance delle Zone Economiche Speciali si compone di un comitato di Indirizzo, presieduto da un Commissario straordinario indicato dal Governo.
Con le novità introdotte dall’intervento Draghi-Carfagna, al Commissario vengono riconosciuti poteri autorizzativi, affidandogli funzioni di stazione appaltante, emettere ordinanze e godere di una struttura tecnica autonoma a quelle regionali.
Una svolta radicale se si considera che inizialmente questi aveva soltanto un ruolo di facilitatore, non potendo incidere su scelte strategiche e di programmazione economica.
In questi anni di loro gestazione, ciascuna area ha proceduto in maniera autonoma, ciascuna con una sua organizzazione e con tempi diversi.
Anche il target industriale è risultato diversificato, sebbene con il Comune denominatore dell’alta tecnologia, come sottolinea lo Svimez secondo cui le imprese nel settore tech operative nel Mezzogiorno d’Italia sono quasi cinquantatré mila.
Lo stesso report, inoltre, fa notare come ogni Regione abbia una propria specificità.
Campania e Puglia si distinguono nella fabbricazione di mezzi per il trasporto ferroviario e aereo. La Sicilia nella fabbricazione di computer e prodotti elettronici, l’Abruzzo nella fabbricazione di autoveicoli,
Nonostante i presupposti e gli auspici, tuttavia, le otto Zes non hanno ancora consegnato risultati entusiasmanti.
Adesso, con il via libera della Commissione Europea alla proposta italiana, dovrebbe nascere una unica Zes che comprenderà l’Abruzzo, la Campania, la Puglia, la Basilicata, il Molise, la Calabria, la Sicilia e la Sardegna.
“Sul piano operativo, verrà estesa a tutto il Mezzogiorno l’autorizzazione unica per l’avvio delle attività produttive e la riduzione di un terzo dei termini di conclusione dei procedimenti,” Fanno sapere fonti del Governo. Rispetto alla situazione attuale, inoltre, gli strumenti avranno “un orizzonte temporale più esteso.”
Le Zes si unificano e si allargano, ma l’obiettivo rimane lo stesso: attrarre investitori.
Per farlo, probabilmente, servirà un sforzo in più tuttavia, come individuare preliminarmente le priorità industriali dei singoli territori e costruire filiere integrate in grado di generare valore aggiunto, a cascata.
Non si sono fatti attendere i commenti del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha salutato favorevolmente il disco verde arrivato da Bruxelles.
«Lo sviluppo dell’economia del Mezzogiorno è una priorità del nostro Governo. Siamo però convinti che questo obiettivo debba essere raggiunto abbandonando la logica assistenziale che non funziona, ma dando opportunità di lavoro e crescita e rendendo queste aree del Paese competitive e attrattive per investimenti ed imprese. La Zes unica va esattamente in questa direzione e costituisce un cambio di passo per l’economia del Sud».