Biden si ritira
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Il Presidente americano Joe Biden, nel discorso alla Nazione pronunciato alcuni giorni fa, ha motivato la scelta di ritirarsi dalla corsa elettorale, come una “difesa della democrazia” piuttosto che dettata dai suoi presunti problemi di salute. Tuttavia nel Paese si fa sempre più esteso il fronte di chi vorrebbe un suo ritiro anche dall’attuale carica, poiché ritenuto inadeguato. Non era mai accaduto che un presidente rinunciasse al potere volontariamente, a pochissimo tempo da una seconda ricandidatura ormai certa. Biden alla fine ha dovuto cedere alle pressioni sempre più insistenti del suo partito e ha deliberato la scelta nell’interesse della nazione.
Nell’accorato commiato ha anche ufficializzato l’endorsement a Kamala Harris, la sua vice, “definendola esperta, tosta e capace” sottolineando l’esigenza di affidare l’America a figure più inclusive. La candidata nasce da madre indiana e padre giamaicano.La sua investitura ha procurato un nuovo slancio alla campagna democratica e un ritrovato entusiasmo anche nel paese, almeno in quella parte di elettorato che era già rassegnata alla vittoria di Donald Trump.
I donatori hanno ricominciato a finanziare e in appena 48 ore, la raccolta fondi ha già aggiunto 100 milioni di dollari al “bottino” di 96 milioni ereditato da Biden, mentre 58000 volontari in una sola notte hanno intasato i centralini del partito rispondendo alla chiamata di reclutamento. Kamala Harris aveva già ottenuto il suo momento di gloria quando nel 2020 era stata scelta come vicepresidente degli Stati Uniti, seppure in questi quattro anni sia rimasta decisamente nell’ombra. Nel suo profilo ufficiale ha inserito una frase attribuita alla madre “Kamala, potresti essere la prima a fare molte cose, ma assicurati di non essere l’ultima”.
Queste parole racchiudono il senso del suo lavoro, le sfide affrontate i traguardi raggiunti, e la responsabilità, in quanto donna, di dover dimostrare a un elettorato che talvolta non lascia scampo di essere in grado di rappresentare le minoranze, coloro che vengono discriminati per orientamento religioso o sessuale. Nata a Oakland, in California, da due genitori riconosciuti come attivisti racconta che la spiritualità per lei ha avuto un ruolo importante. Cresciuta nell’induismo ereditato dalle radici materne successivamente si è spostata verso il cristianesimo, fattole scoprire da una vicina di casa che la portava in chiesa. Attualmente si definisce una battista, seppure sia sposata con un ebreo: l’avvocato Douglas Emhoff.
Combattiva e determinata, laurea di giurisprudenza in tasca, attraverso il suo ruolo di procuratrice distrettuale di San Francisco prima e quello di procuratrice generale in California poi, ha sostenuto il diritto all’aborto e le battaglie della comunità LGBTQ+ oltre a battersi contro le compagnie petrolifere. Tuttavia nella sua brillante carriera resta un’ombra, il suo malcelato disinteresse a perseguire gli autori di abusi sessuali all’interno della Chiesa cattolica californiana. Seppure Harris rappresenti la migliore opzione per i democratici chissà se questa vicenda oscura peserà sulla sua elezione o sarà stata definitivamente dimenticata?