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In caso di attacco russo, funzionerebbe uno scudo protettivo?
di Paolo Trapani
Può ampliarsi il conflitto in corso in Ucraina? È immaginabile che i Paesi Nato e dell’Unione Europea vengano coinvolti direttamente negli scontri armati? Lo scenario per adesso resta improbabile, ma certo non è impossibile. Se malauguratamente si dovesse verificare, lo scontro avrebbe esiti feroci e risvolti devastanti per il mondo, oltre ovviamente che per il vecchio continente.
Dopo aver analizzato le potenti e micidiali armi in possesso della Federazione Russa, vediamo di quali mezzi difensivi e di quali uomini sul campo dispongono le nazioni aderenti all’alleanza atlantica e alla comunità europea.
Lo scudo protettivo
Mentre gli Usa dispongono di uno scudo difensivo con più sistemi integrati, che possono intercettare missili a corta, media e lunga gittata (eventualmente armati anche con testate nucleari), in Europa vari sistemi sono ancora in corso di realizzazione e hanno un livello inferiore di capacità difensiva.
In particolare, nel vecchio continente, sotto l’egida della Nato vi è l’EPAA (acronimo di European Phased Adaptive Approach) che tecnicamente non è paragonabile alla struttura statunitense che riesce a coordinare tre livelli difensivi: quello navale (chiamato Aegis = scudo in latino), quello che può intercettate testate provenienti dallo spazio (Ground-Based Midcourse Defense – BMD) e il THAAD (Terminal High Altitude Area Defense), che è capace di intercettare missili a corto e medio raggio. Tutte queste complesse strutture si integrano tra loro grazie ai satelliti e ai radar ultra-avanzati che permettono di implementare una estesa e capillare difesa del territorio americano.
Come può difendersi l’Europa?
Le forze, i sistemi e le attrezzature di difesa europea e dei Paesi Nato ruotano fondamentalmente intorno a quattro Stati. Il principale centro di comando è a Ramstein in Germania. In Turchia invece vi è un importante radar BMD, mentre la Romania ospita a Deveselu un Aegis Ashore (sistema in grado di intercettare e colpire eventuali missili nemici). In Polonia infine è in fase di realizzazione un altro Aegis Ashore.
A queste strutture si aggiungono alcune unità navali con base in Spagna, che pure hanno sistemi anti-missile, e altri analoghi sistemi presenti sui cacciatorpedinieri americani dislocati nelle acque del vecchio continente.
Il problema principale, però, è che il complesso meccanismo di difesa europeo non è ad oggi completo: secondo esperti ed analisti, soprattutto in caso di attacco simultaneo da più basi nemiche (ad esempio se fosse lanciato un gran numero di missili tutti insieme e da diversi punti) difficilmente si riuscirebbe a intercettare tutto. Dunque, parrebbe indubbia una parziale vulnerabilità dei Paesi europei.
Le forze Nato sul campo
Nell’eventualità si dovesse ampliare il fronte del conflitto ucraino, soldati Nato subito operativi potrebbero essere circa 5mila e provenienti da oltre 20 nazioni. Tutti naturalmente rispondono ad una centrale unica di coordinamento. Un ruolo fondamentale in tal senso lo svolge l’Allied Joint Force Command di stanza a Lago Patria, vicino Napoli.
Altre truppe, circa 40mila soldati, rientrano poi nel gruppo denominato Nato Response Force. Qui sono presenti forze di terra, aria e mare e almeno 5mila uomini possono essere operativi in 3 giorni.
Rispetto a quanto sta accadendo negli ultimi giorni, nello scontro Russia-Ucraina, tra i Paesi più esposti ci sono quelli dell’ex Urss, in particolare Estonia, Lettonia, Lituania. In Estonia sono presenti circa mille uomini sotto comando britannico. In Lettonia i soldati sono circa 1.500. Infine in Lituania si arriva a 1.200 militari.
Altri punti di difesa europei molto importanti si trovano in Polonia e Romania che hanno, rispettivamente, un gruppo tattico a guida Usa con circa mille effettivi e una forza terrestre multinazionale di 4mila uomini.
I soldati americani in Europa
Alle forze Nato cui aderiscono miltari dei Paesi europei, si aggiungono le truppe Usa che sono presenti nel vecchio continente con più di 70mila uomini. Queste truppe sono così distribuite: un 50% circa in Germania, un 15% in Italia, un 10% in Inghilterra, un 5% in Spagna. A loro vanno poi aggiunti quasi 5mila soldati che sono schierati a rotazione nei vari Paesi aderenti all’alleanza politico-militare.
Da giorni la Nato ha chiarito la propria posizione rispetto allo scontro in corso in Ucraina, spiegando in particolare l’impossibilità a sancire e pattugliare una No Fly Zone (Zona di non sorvolo aereo) così come richiesto dal leader ucraino Zalensky. Una scelta del genere sancirebbe di fatto l’entrata attiva nel conflitto dei Paesi Nato. Un fatto questo da scongiurare per evitare una ulteriore escalation che significherebbe la guerra totale e globale.